Al momento, l’uccisione di Qassem Soleimani ha convinto gli iracheni a chiedere agli americani di sloggiare dall’Iraq, realizzando la fantasia politica delle Guardie rivoluzionarie iraniane e dell’Isis, ma ha anche persuaso gli Ayatollah a stracciare il trattato sul nucleare che a Trump non piaceva perché tra quindici anni Teheran avrebbero potuto ricominciare ad arricchire l’uranio: e così adesso, grazie a Trump, gli ayatollah potranno ricominciare subito ad arricchire l’uranio. Geniale, no?
Prima del drone su Soleimani, gli iracheni erano alleati instabili dell’America, invasi non solo da soldati e burocrati ma anche da miliardi e miliardi di dollari con cui Washington tiene in piedi lo Stato iracheno, ma adesso la Casa Bianca ha dato mandato di studiare sanzioni economiche contro Baghdad più pesanti di quelle imposte al nemico iraniano. Altro grande risultato.
Intanto il Pentagono ha inviato una lettera in Iraq, specificando che ritirerà presto le truppe, ma poi il Pentagono ha detto che la lettera era soltanto una bozza e che no, per il momento, non ritirerà le truppe. Del resto, che cosa può andare storto con un Commander-in-tweet alla guida dell’apparato militare-industriale degli Stati Uniti?
Chi in queste ore descrive l’uccisione di Soleimani come una geniale mossa geopolitica da parte di Trump racconta una bugia a meno di non giudicare geniale aver puntato su un numero secco mentre sulla roulette la pallina sta ancora girando. Ieri abbiamo raccontato come Trump sia arrivato a decidere di eliminare Soleimani, oggi è il caso di conoscere l’uomo con cui il presidente si è consultato prima della decisione ovvero il suo Consigliere per la sicurezza nazionale.
Si chiama Robert O’Brien, è un avvocato d’affari di Los Angeles di 53 anni, mormone, amico del Segretario di Stato Mike Pompeo, nominato alla fine di settembre dopo l’ennesima fuga a gambe levate dell’ultimo dei cosiddetti «adulti nella stanza» che per qualche tempo hanno provato a contenere le mattane di Trump.
O’Brien non ha nessuna esperienza di sicurezza nazionale e anche i suoi amici sostengono che stia imparando il mestiere proprio mentre sta facendo il suo lavoro. In passato è stato nello staff di Bolton, quando questi era ambasciatore all’Onu, mentre di recente ha gestito per contro di Trump la liberazione di alcuni ostaggi americani e la liberazione di un rapper arrestato in Svezia. A Trump però O’Brien piace tantissimo, intanto perché si veste bene e non è di brutta presenza, ma soprattutto perché non lo contraddice mai.
O’Brien era accanto a Trump quando il presidente ha dato l’ordine di uccidere Soleimani dalla sua residenza in Florida, nonostante fino a poche ore prima l’avvocato si trovasse in California con la famiglia. Trump ha mandato un aereo federale a prenderlo a casa, non ritenendo necessario usare la stessa cortesia con il Segretario di Stato Mike Pompeo e con il capo dello staff a interim Mick Mulvaney, preferendo con loro restare in contatto da remoto. Gli altri membri del governo e il team comunicazione non sono stati nemmeno avvertiti.
Un ritratto di Bloomberg News dipinge Robert O’Brien come una persona calma, leale e fermamente decisa a realizzare i capricci di politica estera di Trump: l’uomo di fiducia che Trump ha sempre cercato e non ha mai trovato.
Il battesimo di O’Brien è stato a ottobre, quando ha avallato lo scellerato ritiro delle truppe americane dai territori curdi della Siria che i suoi predecessori si erano sempre rifiutati di portare avanti. Ora la bella mossa su Soleimani e le minacce agli alleati iracheni. La prossima pare sarà quella di accelerare l’uscita di Nicolas Maduro dal Venezuela, un altro bel tipino, perché in effetti meglio non fermarsi a un’unica tensione internazionale, anzi a due perché nel frattempo l’altro grande progetto con Kim Jong-un è andato a carte quarantotto, quando se ne può aprire contemporaneamente un’altra e gettare a mare la regola aurea della politica estera di Washington secondo cui non si apre più di una crisi nucleare nello stesso momento.
In tutto questo, al Consiglio di Sicurezza Nazionale da ieri non c’è più l’esperto di Iran, Richard Goldberg, tra l’altro uno noto per le sue posizioni aggressive contro l’Iran. Goldberg era stato scelto da Bolton. Se ne è andato per “ragioni personali”, avvalorando la tesi che Trump prima o poi elimina chiunque abbia una conoscenza approfondita delle possibili conseguenze delle sue azioni.