Sono 70mila gli americani che muoiono ogni anno di overdose, 88mila sono le vittime dell’alcol, 47mila i suicidi. Ogni due settimane muiono più americani per queste tre cause che in 18 anni di guerra in Afghanistan ed Iraq.
Un americano su sette vive sotto la soglia di povertà, l’indice di suicidi è il più alto degli ultimi trent’anni. Gli oppioidi e le altre droghe uccidono mensilmente più delle armi da fuoco o degli incidenti automobilistici. Ogni sette minuti c’è un decesso per overdose. Un bambino su otto vive in una famiglia in cui i genitori fanno uso di droghe. Sono i dati contenuti nel volume Tightrope, Americans Reaching for Hope di Nicholas Kristof e Sheryl WuDunn (sua moglie). Nicholas Kristoff: star del giornalismo americano. Due volte vincitore del Pulitzer Prize e, secondo The Washington Post, il giornalista che ha riscritto il giornalismo d’opinione. Dopo aver narrato di fenomeni socio culturali globali, dalla violazione dei diritti umani in Cina, alla guerra del Darfur, al conflitto Israelo Palestinese, alle vicende libiche, Nicholas Kristof insieme a Sheryl WuDunn [ex giornalista del New York Times] torna nel villagio ove trascorse la sua infanzia, Yamhill una piccola cittadina dello Stato dell’Oregon tra Portland ed il Pacifico.
Qui la famiglia Kristof si divideva tra l’insegnamento universitario e l’allevamento di capre e la coltivavazione di ortaggi. Kristof era un ragazzo diligente e le sue performance scolastiche lo portarono ad Harvard, successivamente all’università di Oxford. Al New York Times dal 1984, ha ricoperto incarichi di inviato a Los Angeles, Tokyo, Pechino, Hong Kong. Anni lontano dalla sua Yamhill (Oregon). Vi ritorna per ritrovare i suoi compagni di classe. Quelli dello school bus numero 6. Trova, invece, una devastazione sociale. Un quarto di quei ragazzi sono morti: overdose, suicidio, qualcuno in un incidente automobilistico, altri colpiti da infarto causa obesità, altri sono finiti in galera. È una testimonianza dolorosa che Kristof e sua moglie WuDunn presentano.
Un resoconto drammatico di una America che soffre e rimane “left behind” – lasciata indietro. È la narrazione della crisi della working class americana. Un quadro, tragico, dell’altra America colta tra disperazione e speranza ma soprattutto un grande documento di giornalismo – sul campo – dei fallimenti di ogni politica governativa verso quest’altra America.
Interi villaggi e aree rurali lasciati decadere da una politica miope. Un futuro negato a tanti giovani, bambini, perché “non votano”. Ma anche una dura lezione, quasi un monito, al credo politico americano secondo il quale chi combatte con depressione, difficoltà finanziarie, droga o alcolismo, ha bisogno di una “dura lezione”.
Il cambio di narrativa, sullo stato degli ultimi, sulle loro [presunte] colpe divenne evidente con l’elezione di Ronald Reagan negli anni ’80– scrivono Kristof e WuDunn. Il risentimento popolare contro il governo iniziò a crescere mentre crollava la protezione sociale del sindacato. Il welfare – lo stato sociale – venne percepito come un aiuto ai pigri afroamericani, agli immigrati ed una minaccia alla cultura americana ed al lavoro.
Tightrope presenta un quadro con qualche speranza all’orizzonte. Le policies dei governi locali stano mutando, man mano che la crisi degli oppioidi si sposta verso la middle class bianca. Un network di volontari ed associazioni si stanno occupando del problema. Kristof e WuDunn presentano il case study di Diane Reynolds, cresciuta tra violenze ed abusi. A quindici anni sposa un uomo più anziano dal quale subisce abusi e violenze. Divorzia. Si risposa. Viene ordinata pastore e decide di occuparsi di chi ha subito abusi e violenze. Di coloro che soffrono. Crea una not for profit Providing Hope. Oggi impiega 37 persone ed assiste 7800 persone nella Contea di Yamhill.
Drammatico, l’incontro, dopo anni, tra Kristof e Mary Mayor sua compagna di classe. Mary Mayor, gran lavoratrice, energica, dopo la scuola superiore si ritrova nel vortice dei senza lavoro: disperazione e droga. Trascorre sette anni in strada, senza tetto. Salvata da un tentativo di suicidio. Sua sorella e due suoi parenti suicidi. Un gruppo religioso la accoglie e la salva. Ora lavora e vende nidi per volatili. Quando Kristoff le chiede se ha interesse per la politica, la risposta è netta: «Chi prenderebbe una strada differente per aggiustare l’America?». Per poi aggiungere: «sino al 2016 non avevo mai votato. Quando è successo, ho votato per Donald Trump». Il presidente la cui amminsitrazione, per inciso, ha indebolito la legge sanitaria promulgata da Obama, ha tagliato fondi per i disabili e l’asssitenza sociale alle famiglie a basso reddito.
«Lui – Trump – crede nel popolo americano. Mi sento benissimo a dichiararmi americana ancora una volta». È la speranza di chi non vuole arrendersi. È anche un duro documento per la classe politica americana, nell’anno elettorale. È il grido di un’America – rurale – tagliata fuori dalla crescita economica delle sue città e dalla continua crescita di Wall Street. È l’America first che malgrado roboanti proclami continua a essere trascurata. Nicholas Kristof e Sheryl WuDunn le hanno dato voce, volti e visibilità.