O Huawei o la Nato. O le reti 5G fornite da aziende cinesi o l’alleanza militare e d’intelligence con gli Stati Uniti. Dopo un anno e mezzo di abboccamenti e gentili richieste ai partner europei, durante la 56esima conferenza sulla sicurezza a Monaco di Baviera, gli Stati Uniti sono passati ai seri avvertimenti, se non addirittura alle minacce. E la notizia è che per la prima volta lo hanno fatto in modo bipartisan. Democratici e Repubblicani sono divisi su tutto, dall’impeachment all’economia, dalla sanità all’immigrazione, ma quando si parla di sicurezza nazionale tutti remano nella stessa direzione. Con una corposa delegazione, più numerosa del solito secondo gli addetti ai lavori visto che questo è un anno elettorale, i funzionari statunitensi hanno cercato di avvertire i 35 capi di stato,100 ministri degli esteri e della difesa, nonché leader di organizzazioni economiche e internazionali, riuniti nella tre giorni bavarese sul rischio strategico di appaltare alle aziende cinesi la costruzione di celle e antenne per la rete di quinta generazione.
Accettare il dominio cinese sul 5G sarebbe come «scegliere l’autocrazia al posto della democrazia. Questa è l’autostrada dell’informazione dei nostri giorni, perché dovremmo dare la licenza ai cinesi per dirigere il traffico? Non dovrebbe essere una cinesizzazione di questa autostrada dell’informazione ma una sua internazionalizzazione» ha detto la speaker della Camera Nancy Pelosi. «È un grande prezzo da pagare in termini di sicurezza nazionale, economia, valori e governance. Ed è per questo che c’è un supporto bipartisan su questa posizione. Non si tratta di un vantaggio economico, si tratta di un’urgenza di valori: autocrazia contro democrazia. Noi scegliamo la democrazia». La sua è una dichiarazione fondamentale perché conferma agli alleati che questa sarà la posizione degli Stati Uniti anche se i democratici riconquisteranno a novembre la Casa Bianca.
A rincarare la dose ci ha pensato il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Mark Esper: «La dipendenza dai fornitori cinesi di 5G potrebbe rendere i sistemi critici dei nostri partner vulnerabili a interruzioni, manipolazioni e spionaggio. Potrebbe anche mettere a repentaglio la nostra intelligence e capacità di condivisione della comunicazione e, per estensione, potrebbe compromettere la nostra alleanza».
Il riferimento poco velato è al Regno Unito che nonostante le pressioni di Washington ha coinvolto Huawei nella realizzazione delle nuove infrastrutture 5G nel Paese, anche se non supererà il 35% delle parti non strategiche. Una mossa che ha fatto infuriare Donald Trump. Addirittura secondo il Sydney Morning Herald, l’intelligence australiana che ha bannato Huawei dalle sue reti di comunicazione per problemi di sicurezza, avrebbe annullato una trasferta inglese prevista per il mese prossimo proprio a causa della decisione di Johnson. Anche la Francia ha già dichiarato di non voler escludere a priori Huawei dal 5G. Mentre in Germania la Cdu ha votato a favore di regole più severe sull’accesso dei venditori stranieri alle nuove reti mobili del paese, ma hanno tolto il divieto contro Huawei, anche seraccomandato dagli Stati Uniti,
Anche volendo, però l’Europa non ha un’alternativa concreta per sostituire facilmente un’azienda come Huawei che secondo le ultime proiezioni ha la possibilità di per poter controllare circa il 30% del mercato mondiale di reti di quinta generazione. I due principali competitor di Huawei nel Vecchio Continente sono la finlandese Nokia e la svedese Ericcson, ancora troppo piccole per poter impensierire da sole il gigante asiatico. Pochi giorni fa il procuratore generale Usa William Barr ha proposto l’idea di creare una cordata di aziende americane per acquistare quote azionare di Ericcson e Nokia per poter aumentare la loro fetta di mercato.
Un’altra proposta è arrivata a inizio febbraio, quando il consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow ha annunciato in un’intervista al Wall Street Journal un piano dell’amministrazione Trump per sviluppare l’infrastruttura 5G negli Stati Uniti, avvalendosi di aziende americane tra cui Dell, Microsoft e AT&T, ma coinvolgendo anche Nokia ed Ericcson. Il piano sarebbe quello di creare un software standard comune affidabile e compatibile in grado di gestire reti di quinta generazione su qualsiasi apparecchiatura 5G. Un modo per ridurre l’importanza dell’infrastruttura in sé, ovvero le celle e le antenne su cui Huawei è già molto avanti.
La strategia sembra qualcosa in più di una semplice idea come ha confermato sabato a Monaco lo stesso Esper: «Stiamo incoraggiando le aziende tecnologiche alleate e statunitensi a sviluppare soluzioni 5G alternative. Lo sviluppo delle nostre reti di quinta generazione sicure supererà qualsiasi guadagno percepito dalla collaborazione con fornitori cinesi fortemente sovvenzionati che rispondono alla leadership del partito». Nel frattempo anche se Washington chiede agli alleati europei di non appoggiarsi a Huawei, il Dipartimento del Commercio ha annunciato di voler prorogare per altri quattro mesi il bando presidenziale di Donald Trump contro l’azienda cinese, presentato a maggio dello scorso anno ma non è ancora entrato in vigore.