I servizi segreti russi stanno cercando di influenzare anche le primarie democratiche per favorire il senatore socialista Bernie Sanders. È stato lo stesso senatore del Vermont a svelare ieri di aver ricevuto un mese fa istruzioni dai vertici dell’intelligence americana sul tentativo manipolatorio russo a suo favore, il giorno dopo che si è saputo che gli stessi apparati di sicurezza hanno avvertito la Commissione Intelligence della Camera delle operazioni in corso di Mosca a favore di Donald Trump.
Le reazioni del presidente e dell’aspirante presidente non potevano essere più diverse: Trump ha sostituito il direttore dell’Intelligence con un suo fedelissimo senza alcuna esperienza nel settore, mentre Sanders ha definito Putin «un autocrate delinquente» e ha denunciato l’attacco di Mosca contro il processo democratico americano. Lo schema è lo stesso del 2016: i servizi del Cremlino hanno aiutato Trump e la candidata di estrema sinistra e danneggiato Hillary Clinton e allora come adesso Trump ha cercato di nascondere l’interferenza a suo favore. Sanders invece l’ha denunciata. Posto che Putin spera nella rielezione di Trump, il primo presidente americano dal Dopoguerra che ha lasciato carta bianca al Cremlino in Europa, in Asia e in Africa, resta da capire perché Mosca cerchi di far ottenere la nomination democratica a Sanders. Due ipotesi, subito rilanciate dal team di Mike Bloomberg: pensa che Sanders sia il candidato elettoralmente più facile per Trump oppure si augura un socialista alla Casa Bianca?