Il nuovo libro di Matteo Renzi che uscirà a breve, probabilmente a fine mese, ha per titolo La mossa del cavallo in cui si narreranno le gesta agostane successive alla mossa asinesca del Papeete con l’inaudita apertura agli odiati grillini. Mossa del cavallo a suo modo geniale che riletta con i suoi occhi di oggi semina un po’ di ansia in fondo al cuore. Ho fatto bene a mettere su quest’ambaradan per trovarmi dopo quattro mesi solo contro tutti? Chissà se nelle ultime ore non abbia aggiunto un capitoletto nuovo, su un’altra mossa del cavallo: la rottura del quadro politico, la fine del Conte bis. Come l’ho fatto nascere, lo faccio morire. Vedremo. In ogni caso, è ottimo marketing. Già, perché tutto sembra indicare che Renzi ci abbia non diciamo ripensato ma almeno rimuginato su. Considerato il dilemma sulla prescrizione, sopportata la lentezza di Conte, annotato il dato del calo della produzione industriale (che bissa quello negativo del Pil), l’ex premier ha deciso di alzare la voce. Fra lui e i suoi il volume è assordante, sui social, sui giornali, in tv. Piovono pietre, anzi minacce. Fino a che punto? Fino alla crisi?
Giura, Renzi, che non voterà mai la prescrizione versione lodo Conte, in alcun modo – «non arretro di un centimetro, si vede che non mi conoscono», e nessun escamotage istituzionale lo piegherà, nemmeno la fiducia. Perché, mentre Pd, Cinque Stelle e LeU preparano il famoso emendamento al Milleproroghe – che ha discrete possibilità di essere considerato inammissibile – Roberto Giachetti lascia trapelare un’altra mossa, una mozione di sfiducia individuale contro Alfonso Bonafede, che in Senato potrebbe anche avere i numeri ma fatalmente determinerebbe anch’essa la caduta del governo, e per questo al Nazareno la liquidano come una “giachettata”. Detta in italiano: un’arma spuntata. Insomma, è una partita di bluff e di controbluff.
Probabilmente Renzi non si aspettava che nell’ultimo vertice di maggioranza, quello in cui a un certo punto Maria Elena Boschi si alzò, prese elegantemente il cappotto e lasciò la stanza, gli altri tre partiti della coalizione facessero quadrato sul lodo Conte. Che insomma lui venisse mollato, isolato, trattato come un cespuglio qualunque. Non è uno che tolleri umiliazioni. E quando succede va all’attacco a testa bassa. È vero che al momento tutto è nelle sue mani, ma con quali conseguenze però? A questo punto non si può escludere nulla, nemmeno quello che fin qui più o meno tutti hanno escluso, cioè che Renzi voglia la crisi e poi si vede, l’importante è rompere l’asse Pd-M5s e di rimbalzo provare a sostituire Giuseppe Conte. Calcolo pericolosissimo, perché il Pd fa capire che non ha nessuna intenzione di dar vita a un nuovo governo, non solo, se Renzi sfascia tutto con il Nazareno ha chiuso. Esclusa la possibilità di un clamoroso ribaltone – ma più che di ribaltone si dovrebbe parlare di triplo salto mortale – mediante un accordo di governo con la destra, resterebbe la strada delle elezioni. Magari si va convincendo che per uscire dall’angolo cui lo relegano i sondaggi sarebbe meglio andare a petto nudo davanti al corpo elettorale pur sfidando la logica della normale politica. Ma forse tutto questo è troppo romantico, per uno come Renzi. Di certo lui la vuole vincere questa partita. E non è impossbile che alla fine della baraonda si decida di rinviare tutto. Per ora continua a tenere tutti sulla corda, che è una cosa che molto gli piace.