L’agenda 2023 di Conte non decolla affatto. Anzi, ogni giorno, puntuale, va a schiantarsi su uno dei mille scontri interni alla maggioranza. Fra tavoli tematici di ogni tipo, si discute e ridiscute ma la quadra non si trova. E in lista d’attesa, tra i continui rinvii, resta l’agenda economica, con riforme centrali come pensioni, Irpef, reddito di cittadinanza. Tutte ancora in alto mare. Ma con la crescita in frenata, la strada è tutta in salita. Anche perché entro il 10 aprile bisognerà presentare il Documento di economia e finanza, in cui si dovrà rinnovare l’impegno di bloccare gli aumenti di Iva e accise per il 2021. Come una maggioranza così divisa riuscirà in una impresa così ardua, è un mistero.
L’ultimo scoglio, in ordine temporale, si chiama decreto Milleproroghe. La fiducia chiesta alla Camera dovrebbe essere scontata, poi la prova del fuoco sarà al Senato, dove la maggioranza è più debole. Il testo del provvedimento, diventato un caso nell’iter di conversione in legge per esser lievitato dagli iniziali 166 commi ai 434 finali, deve essere approvato entro fine mese. Considerando che a Palazzo Madama non è stato discusso, bloccato alla Camera dalle tensioni interne ai giallorossi, è prevedibile un nuovo ricorso del governo alla questione di fiducia. Per un testo che, nel frattempo, è diventato una sorta di manovra bis. Un campo di prova per la tenuta del governo, con emendamenti incrociati che hanno riacceso diatribe di ogni tipo. Due su tutte: prescrizione e revoca delle concessioni ad Autostrade.
Ma la fiducia facile alla Camera non basterà a calmare le acque. A sorpresa, è rientrato in discussione il famoso lodo Annibali, già bocciato in commissione, che sospende per un anno la legge Bonafede sulla prescrizione. Grazie a un nuovo asse tra Italia Viva ed Enrico Costa di Forza Italia, il testo torna in aula come ordine del giorno al decreto Milleproroghe. L’apposizione della fiducia esclude il voto sugli emendamenti, ma non sugli ordini del giorno: questo il cavillo. La questione giustizia, insomma, è tutt’altro che chiusa. Peraltro la proposta di legge Costa, che chiede a sua volta di tornare alla prescrizione pre riforma Bonafede, nello stesso giorno dovrà essere votato in commissione Giustizia, dove era stato rispedito a fine gennaio dalla maggioranza in crisi. E anche stavolta Italia Viva sarà a favore. Dalla Camera al Senato, è sempre la giustizia a tenere banco, con lo scontro tra LeU e Italia Viva nel decreto sulle intercettazioni. Con il renziano Davide Faraone scatenato per un pomeriggio contro Piero Grasso di Leu.
Trovare la quadra sarà impresa ardua persino per un premier come Giuseppe Conte adattabile a tutte le stagioni, soprattutto con le previsioni di crescita al ribasso. Anche perché, al di là della giustizia che agita gli animi, nell’elenco delle cose da fare del governo restano temi economici divisivi.
Il tavolo pensioni, con l’eventuale superamento di quota 100, si è appena aperto al ministero del Lavoro, dopo che gli incontri con i sindacati non hanno portato a nessuna proposta da parte del governo, fermo nella fase di solo «ascolto» senza formulare una ricetta su possibili nuove forme di uscita flessibile. La maggioranza a oggi è divisa tra chi vorrebbe cancellare subito quota 100, Italia Viva, e chi vorrebbe trovare una soluzione entro l’anno, il Pd.
Neanche sulla nuova Irpef, che dovrebbe essere presentata ad aprile, esiste ancora un accordo sul metodo di rimodellamento, anche perché bisognerà capire su quali coperture poter contare. E sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia grillino, già si sono creati gli schieramenti: Italia Viva che ha annunciato nelle prossime settimane la presentazione di «proposte di trasformazione della misura», mentre il Pd che si limita a chiedere il miglioramento della fase 2, quella delle politiche attive del lavoro.
Il partito di Matteo Renzi, però, è pronto a risvegliare l’agenda e le fibrillazioni nel governo, con un calendario fitto. Il 20 febbraio sarà lanciato il famoso “piano shock” sulle infrastrutture; il 27 ci sarà un evento sulla “Giustizia giusta”; e il 2 marzo andranno in scena gli “Stati generali dell’economia”, da cui partirà la battaglia al reddito di cittadinanza. Senza dimenticare che sono ancora tutti lì, impantanati in lunghe trattative, il nodo Autostrade, ma pure il destino di due patate bollenti come Ilva e Alitalia.
E alla lista dell’agenda economica, fa sempre da sfondo la tesissima partita delle nomine. Pd e Cinque Stelle inizialmente avrebbero estromesso Italia Viva dalla discussione, scatenando l’ira dei renziani pronti a dare battaglia. I nomi da fare sono circa 400 nelle società a partecipazione pubblica, tra Eni, Enel, Poste e Leonardo. Ma il gioco non sarà semplice. Anche perché la nomina dei componenti dell’Agcom e Garante della Privacy, che avrebbe dovuto tenersi il 18 febbraio, è slittata nuovamente al 27 febbraio. Il motivo, inutile dirlo: manca l’accordo nella maggioranza. E tutto resta fermo.