Il coding, ossia la programmazione informatica, può divenire una chiave di volta di un nuovo percorso di apprendimento: si può definire infatti come una nuova lingua che permette agli studenti di dialogare con il computer per assegnargli compiti o comandi in modo semplice e, giocando a programmare, di imparare a usare la logica, a risolvere i problemi, a sviluppare il pensiero computazionale. È l’edutainment, crasi di due concetti (educational: educazione/formazione e entertainment: intrattenimento) che le scuole, nella loro generalità, tendono ancora a pensare come antagonisti e che invece, in questo, ma anche in altri casi, possono entrare con pari dignità nell’esperienza di apprendimento e renderla attraente e significativa.
Il coding può comunque essere introdotto nei percorsi formativi per acquisire competenze trasversali, valorizzare le capacità del singolo, potenziare memoria, concentrazione e attenzione, contribuendo ad ampliare il bagaglio tecnico e culturale. Questo strumento didattico, ne è convinto Paolo Cesana direttore della Fondazione Luigi Clerici di Milano, permette agli studenti di lavorare in modo autonomo, trasformare l’apprendimento in una scoperta continua, cercare per tentativi nuove soluzioni a fronte di errori, favorendo lo sviluppo dei processi logici e creativi. Il coding favorisce infatti lo sviluppo del pensiero computazionale inteso come l’insieme dei processi mentali coinvolti nella formulazione di un problema e della sua soluzione.
Ormai nella maggior parte del mondo si guarda al pensiero computazionale come alla quarta abilità di base, insieme a leggere, scrivere e calcolare.
Per adeguarci agli standard internazionali, il 12 marzo 2019, su mia proposta, la Camera dei Deputati ha approvato una mozione che invita il Governo ad adottare iniziative per introdurre entro il 2022 l’obbligatorietà dello studio del coding nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Altrettanto fondamentale sarebbe l’introduzione del coding a tutti i livelli di formazione e istruzione, come attività trasversale, poiché è trasversale la competenza che consente di sviluppare.
Esistono diversi strumenti attraverso i quali è possibile imparare a programmare con livelli di complessità differenti. Quello più utilizzato è Scratch, un ambiente di programmazione gratuito, con un linguaggio di tipo grafico, che consente di elaborare storie interattive, giochi, animazioni, arte e musica. Inoltre, permette di condividere i progetti con altri utenti del web. Questo ambiente permette ai giovani studenti di lavorare sulle skill cognitive poiché li ingaggia nella creazione di un personaggio che compie azioni in un ambiente fantastico da loro progettato (creatività), consente loro di programmare e nel contempo risolvere eventuali errori nella progettazione del blocco (problem solving), di considerare i possibili movimenti conseguenti a un comando (pensiero critico) e di scegliere quelli giusti per raggiungere un obiettivo e/o superare una sfida (decision making).
Un altro strumento utilizzato all’interno della didattica digitale nelle scuole della Fondazione Clerici sono le app che sviluppano creatività, collaborazione e capacità di problem solving, in un ambiente digitale immersivo e coinvolgente che sostiene l’attenzione e l’impegno degli studenti e permette di ottenere risultati d’apprendimento tangibili. Sono progettate in modo tale che gli studenti possano lavorare in team per risolvere problemi o vincere le sfide all’interno del gioco proposto, con l’aiuto di tutta la classe. L’impegno nelle squadre di lavoro collaborative e negli ambienti di apprendimento che promuovono la cooperazione in classe prepara gli studenti per il loro futuro. Come nella vita reale, non ci sono istruzioni passo-passo: per ottenere il risultato cercato bisogna provare, fallire e riprovare. Ogni app offre la possibilità di imparare a programmare a un livello base, attraverso un ambiente semplice e utilizzando un linguaggio di programmazione che dà la possibilità di verificare nell’immediato la correttezza delle informazioni immesse, modificarle e riprogrammare; così facendo, gli studenti lavorano sul problem solving, il decision making, il pensiero critico e creativo, e acquisiscono competenze di lavoro in autonomia e di metacognizione (capacità di riflettere sul proprio pensiero).
Un altro ausilio efficace per lo sviluppo del pensiero computazionale, rimanendo sempre nell’ambito degli strumenti didattici finalizzati ad accrescere competenze tecniche e trasversali, è la robotica educativa, che utilizza strumenti pensati appositamente per la didattica commisurati alle diverse fasce d’età. A livelli più avanzati si incontrano un robot open source (realizzato per essere assemblato e programmato facilmente) interattivo e flessibile, e il suo braccio robotico collaborativo, combinati con sensori a elevata sensibilità.
In sintesi: acquisire le competenze del futuro divertendosi permette ai Centennials di crescere con una «marcia in più».
da: La scuola dei Centennials, di Valentina Aprea, Egea 2020