Dopo un’iniziale illusione di diffusa solidarietà e fratellanza, dopo i “Tutto andrà bene se restiamo uniti” urlati dai balconi, gli italiani (solo alcuni, per fortuna) hanno provato a puntare di nuovo l’indice verso i migranti per riversare le frustrazioni di una reclusione forzata. Un tentativo maldestro di riprendere la nefasta abitudine di usare gli stranieri come capro espiatorio.
Ad alimentare le polemiche anche la dichiarazione di Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Ospite della trasmissione Agorà ha affermato che il numero di ricoverati di origine africana è molto basso, e che la scarsa diffusione del virus nel continente africano (per ora) possa essere riconducibile a una maggiore resistenza “etnica” al Covid-19, mentre europei ed asiatici potrebbero essere più vulnerabili. Un’ipotesi peregrina smentita immediatamente dal virologo Roberto Burioni, che con un post su Twitter ha invitato i più temerari a farsi un giro nella struttura in cui lavora, l’ospedale San Raffaele di Milano.
Polemiche a parte, resta da chiedersi quale sia effettivamente il monitoraggio dei contagi tra i migranti e gli stranieri in Italia. Abbiamo verificato e scoperto che in diversi centri d’accoglienza, in Italia, ci sono stati casi di contagio. E secondo le nostre fonti, non solo a Milano. E questo non ci rallegra, affatto.
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