Niente conta come la TvIl servizio di Piazzapulita cambia la nostra percezione del coronavirus

Per la prima volta da quando l’epidemia è arrivata in Italia le telecamere mostrano un reparto di terapia intensiva, quello dell’ospedale Maggiore di Cremona, completamente rivoluzionato dall’arrivo dei pazienti affetti dal virus. E dà un volto ai numeri dei bollettini

Screenshot Piazzapulita

Finora il coronavirus era entrato nel nostro immaginario grazie al bollettino della Protezione Civile, alle infografiche pubblicate dai quotidiani, alle indecisioni del governo sulle misure da adottare, alle previsioni sull’impatto per l’economia. Statistiche, numeri, racconti dei disagi causati dall’assalto ai supermercati o dalla chiusura delle attività collettive. Ma mancavano i nomi, le storie e soprattutto le immagini dei malati, anche perché, dicevano alcuni medici, «il coronavirus è poco più di una semplice influenza». L’influenza ce l’abbiamo tutti, e quindi farla vedere non è una notizia, non rileva né per i media né per il pubblico. Il servizio di Alessio Lasta, andato in onda ieri sera durante Piazzapulita su La7, cambia la nostra percezione, probabilmente alterata dal blackout mediatico che ha subìto la zona rossa, dove i giornalisti, come tutti i cittadini, non possono entrare, e gli ospedali più colpiti dall’emergenza. Il video del servizio ha ricevuto più di 4 milioni di visite nelle prime 12 ore, a dimostrazione di quanta curiosità ci fosse: tutti ascoltavano racconti, nessuno aveva ancora visto nulla.

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Per la prima volta da quando l’epidemia è arrivata in Italia le telecamere mostrano un reparto di terapia intensiva, quello dell’ospedale Maggiore di Cremona in questo caso, completamente rivoluzionato dall’arrivo dei pazienti affetti da coronavirus, la frenesia del personale sanitario in affanno, le apparecchiature sofisticate che servono a tenere in vita chi non riesce a respirare da solo. Alcuni dei malati intubati nel reparto di terapia infettiva che vengono mostrati dal servizio non sembrano affatto ottantenni, ma persone molto più giovani. Le spiegazioni dei medici sul decorso della malattia per una percentuale non trascurabile (circa il 10%) non sono rassicuranti: da quando attacca i polmoni il virus diventa pericoloso in breve tempo e rende difficile respirare senza l’ausilio delle macchine. Non è semplice influenza, avevano ragione fin da subito virologi come Roberto Burioni e Ilaria Capua a chiedere misure drastiche al governo.

Massimo Galli, primario di infettivologia dell’ospedale Sacco di Milano, intervistato dal conduttore Corrado Formigli dopo il servizio, dice due frasi che abbiamo sentito molto nell’ultima settimana: «Il Coronavirus non è una banale influenza, le strutture sanitarie delle regioni più colpite sono al limite». Fin qui nulla di nuovo, le difficoltà degli ospedali in prima linea sono continuamente raccontate sui giornali, ma nuove sono le immagini che fanno vedere un reparto di terapia intensiva dove i posti sono praticamente finiti e i pazienti devono essere trasferiti in altri ospedali. L’emergenza si percepisce dalle parole di un’infermiera: «Arrivano persone di continuo, non c’è un posto libero».

La schizofrenica comunicazione del governo, che ha prima reagito in modo drastico mettendo 50mila persone in quarantena, poi ha provato a minimizzare i rischi per tutto il territorio nazionale, e infine si è arreso all’evidenza chiudendo le scuole, non aiuta. Ma le immagini ci fanno capire che la situazione è seria, e richiede grande cooperazione da parte di tutti noi nel rispettare le indicazioni di precauzione date dalla comunità scientifica.

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