L’epidemia di coronavirus comincia ad avvantaggiare alcune imprese e svantaggiarne altre, come accade spesso in situazioni eccezionali. La scorsa settimana Wall Street ha chiuso con uno dei risultati peggiori degli ultimi nove anni a causa del timore che il virus possa essere un nuovo “cigno nero” e provocare una recessione globale, mentre in Italia, secondo lo studio “Impact of the Coronavirus on the Italian non-financial corporates” di Cerved Rating Agency, un’azienda su dieci è a rischio fallimento nel caso in cui l’emergenza non si arresti entro l’anno. A farne maggiormente le spese sono tre settori chiave: il manifatturiero tessile, i trasporti e il turismo.
Non tutti però sono coinvolti. Un settore in particolare non è stato intaccato dall’epidemia in corso e, anzi, ha tratto dei benefici dalla paura delle persone, che passano molto più tempo a casa: i servizi in streaming. Nell’ultima settimana, Netflix ha registrato una crescita dello 0,8 per cento delle proprie azioni, da febbraio a inizio marzo, invece, il titolo è salito di quasi il 6 per cento, con un picco del +12,5 per cento al 18 febbraio. Sulla stessa scia, come spiega il report di Axios “The emerging coronavirus economy”, ci sono anche realtà di cui i consumatori avranno bisogno man mano che l’epidemia registrerà un’eventuale espansione. La Borsa, su questo punto, è stata fin troppo chiara: sono 7 su 500 le società quotate negli Stati Uniti che hanno guadagnato valore la scorsa settimana, tra cui Clorox, produttore di disinfettanti, e Gilead Sciences e Regeneron, che stanno lavorando ai trattamenti contro il coronavirus. Protagoniste quasi scontate, a cui si aggiungono però anche le società tecnologiche specializzate nella comunicazione da remoto, nella videoconferenza e nel file hosting, come Zoom, Teledoc e Dropbox.
L’analista Dan Salmon ha spiegato come la bolla finanziaria dei servizi digital è dovuta «al fatto che i consumatori restano a casa a causa delle preoccupazioni sul coronavirus, e questo si riflette in una notevole performance dei prezzi delle azioni». Storia analoga anche per il versante dell’e-commerce, grazie a un numero sempre maggiore di individui che sceglie di comprare online piuttosto che al negozio fisico.
E così, mentre le principali compagnie di crociera, le grandi compagnie aeree e le catene alberghiere subiscono una flessione tanto rapida questo netta dei ricavi, i prodotti di largo consumo venduti online sono aumentati dell’81 per cento, circa 30 punti percentuali in più rispetto alla settimana precedente. L’analisi firmata Nielsen, inoltre, notifica in ascesa anche le vendite della Grande Distribuzione Organizzata che, nella settimana compresa tra lunedì 24 febbraio e domenica 1 marzo, hanno fatto registrare un’impennata del 12,2 per cento.
Nel carnet dei beneficiari compaiono anche i produttori dei cosiddetti cibi da dispensa, le aziende di salviette e disinfettante e ovviamente quelli di mascherine mediche. Per questi player più vicini al settore farmaceutico e biotech, però, la crescita di ricavi non sarà infinita: i prodotti da “psicosi”, come gel e mascherine, verranno infatti sostituiti da misure di prevenzione, come del resto sta già accadendo.
Misure che prevedono, per l’appunto, anche rimanere chiusi in casa ed evitare luoghi affollati. Il tutto implicitamente collegato alla durata e all’espansione che svilupperà il virus che farà da volano per i servizi via internet come Netlifix, Amazon o Disneyplus. La Walt Disney, dopo le pesanti conseguenze legate alla chiusura temporanea di molti parchi a tema, potrebbe puntare sul lancio della sua piattaforma di contenuti in streaming, in programma in Italia per il 24 marzo, al quale si potrebbe sovrapporre la chiusura delle scuole (al momento fino al 15 marzo, ma non può essere escluso che le misure vengano prorogate) con relativo incremento della platea dei giovanissimi. Il che, tutto sommato, è un risultato niente male, visti i tempi.