«Non uscite di casa». Vladimir Putin è l’ultimo dei grandi leader internazionali ad aggiungersi alla quarantena globale, dopo aver visitato il giorno prima l’ospedale allestito appositamente per i malati di Covid-19 alla periferia di Mosca. Bardato in una tuta gialla di protezione totale, con tanto di respiratore, ha ispezionato le stanze scintillanti della nuova struttura e si è fatto spiegare dal giovane primario che l’epidemia in Russia rischia di seguire non lo scenario cinese, ma quello italiano. Cioè catastrofico. E così, dopo settimane in cui la propaganda russa ha provato a sminuire il pericolo del virus come “semplice influenza”, con misure di contenimento lente e parziali – nelle stesse ore in cui Putin si infilava la tuta gialla, il comune di Mosca introduceva un divieto fondamentale come quello di fumare i narghilè nei locali – al Cremlino ha prevalso la prudenza.
A Mosca sono morte le prime due vittime dell’epidemia, e il presidente è apparso in televisione per mandare tutti i russi in ferie pagate di una settimana, invitandoli a trascorrerle a casa. Ma è evidente che si tratta soltanto di un primo passo verso un lockdown più rigido e duraturo: il presidente ha comunicato con rammarico di aver rinviato a data da definirsi il referendum del 22 aprile sulla ratifica degli emendamenti costituzionali che gli permetterebbero di regnare per altri due mandati, fino al 2036, un appuntamento «al quale tenevo moltissimo», ha confessato.
Il leader russo sceglie così di mettere la sicurezza dei concittadini prima delle proprie esigenze di legittimazione, segno che la situazione rischia di essere molto più grave dei 653 contagiati dei numeri ufficiali. Fino a poche ore prima esponenti del governo continuavano a rassicurare che non ci sarebbe stato nessun lockdown sul modello europeo, che la situazione era sotto controllo e la minaccia veniva essenzialmente dall’Europa: gli unici costretti a una severa quarantena monitorata da telecamere di riconoscimento facciale, multe e pene detentive fino a 5 anni erano proprio i passeggeri scesi nelle ultime due settimane dagli aerei provenienti dall’estero.
Per tutti gli altri, Serghey Sobyanin, il sindaco di Mosca – la città con il maggior numero dei contagi – aveva finora introdotto graduali misure di quarantena volontaria, con incentivi economici per gli over-65 invitati che non usciranno di casa (il 67enne presidente è ovviamente esentato). È sintomatico che finora le autorità abbiano cercate di limitare il ricorso alla repressione, preferendo strumenti economici: per esempio, Sobyanin ha abolito i trasporti gratuiti per i pensionati e gli studenti per scoraggiare gli spostamenti.
Ora invece arriva la chiusura di ristoranti e parchi. Il Cremlino manda il segnale di invertire la rotta. Forse anche perché una gestione tardiva e inefficiente dell’emergenza sanitaria avrebbe danneggiato la già compromessa immagine del leader forte molto di più. I social sono allagati da denunce di medici di provincia sprovvisti di dispositivi di protezione e di malati che accusano la burocrazia di non venire curati né censiti se non come vittime di «polmonite extraospedaliera».
Valutare la diffusione reale del Covid-19 è difficile, anche perché le autorità hanno già silenziato per «fake news» diversi giornali e social che riportavano casi di contagi e morti non riportati dalle statistiche ufficiali. Impossibile quindi capire dove finisce il panico e inizia la censura, ma le numerose testimonianze con nome e cognome dei malati ricoverati nella struttura dedicata di Mosca non sono meno inquietanti: molti vengono tenuti all’oscuro dei risultati delle analisi e delle terapie cui vengono sottoposti, e spesso i pazienti con polmonite già conclamata condividono le stanze con soggetti potenzialmente sani richiusi in quarantena.
In questa situazione, il generoso invio di aiuti all’Italia ha provocato nei russi più rabbia che orgoglio. La missione «Dalla Russia con amore» ha visto diversi aerei militari russi atterrare all’aeroporto di Pratica di Mare, carichi di virologi militari e attrezzature mediche destinate a Bergamo e alle altre zone più colpite dall’epidemia. Un’operazione di immagine dai risolti inquietanti: i medici inviati sono alti gradi militari e non della protezione civile, e il loro accesso alle strutture militari di un Paese della Nato è una breccia clamorosa nei protocolli di sicurezza.
Jacopo Jacoboni ha pubblicato su La Stampa le indiscrezioni secondo le quali gli aiuti russi sarebbero pure prevalentemente inutili, sollevando ulteriori dubbi sulla vera natura della missione russa. Che, secondo alcune fonti russe, persegue anche uno scopo di spionaggio sanitario: i virologi militari, molti dei quali hanno seguito epidemie in Africa e Asia, vogliono cogliere l’occasione di studiare il coronavirus sui pazienti italiani, per avere l’esperienza necessaria a fronteggiarlo in Russia. La Russia ha mandato diverse volte aiuti a Paesi in emergenza, ma di solito passano dalla Protezione civile, un ministero potente e ben finanziato e attrezzato.
Stavolta invece sono dottori con le mostrine, alcuni dei quali impiegati anche in missioni in Siria. E ancora più inquietante è la rivelazione del leghista Paolo Grimoldi, che sul suo Facebook si vanta di avere il merito di averli invitati lui, attraverso l’intercessione presso la Duma di Ulrich Oehme, deputato tedesco dell’estrema destra di AfD.
In Russia intanto le mascherine sono sparite da almeno un mese, insieme a grano saraceno, pollame e conserve, spazzate via nei giorni scorsi da una popolazione che ricorda ancora bene le carenze alimentari del socialismo. Insieme alla settimana di ferie pagate Putin ha anche annunciato un cospicuo e articolato pacchetto di aiuti a famiglie e imprese per i prossimi sei mesi: vacanze fiscali (eccetto che per l’Iva), moratoria per i mutui e i procedimenti di bancarotta, sussidi una tantum per i bisognosi e i reduci di guerra e incentivi contributivi per i datori di lavoro.
Un provvedimento massiccio e dettagliato che fa capire come i sostenitori della quarantena si fossero preparati con un certo anticipo, in attesa che il Cremlino si rendesse conto che la decisione di rinviare il referendum era ormai inevitabile. Il suo esito ora dipenderà in buona parte dal modo in cui la Russia affronterà l’emergenza delle prossime settimane.