Esercizi di libertàLeggete “Uffa” di Giampiero Mughini, e di corsa

Il libro raccoglie quasi tutte le puntate della rubrica che nel 2005 gli affidò Giuliano Ferrara. Un appuntamento giornaliero che dovrebbe diventare un calendario. E che risponde a una domanda: a che cosa servono i giornali?

Per Giampiero Mughini non c’è niente di più importante al mondo delle sfumature. Spero non abbia cambiato idea da quando l’ha scritto, nel 2005, nella sua Uffa, la rubrica che Giuliano Ferrara gli affidò, «in un afosissimo pomeriggio di luglio», dicendogli soltanto di scrivere ogni giorno «poche righe scottanti sull’uno o sull’altro argomento d’attualità». Immagino che lo pensi ancora, perché Mughini è un uomo di idee, e quelle cambiano, ma soprattutto è un uomo di convinzioni, e quelle o non cambiano o finiscono. Credevo che per lui non ci fosse niente di più importante dei libri, al mondo, ma in fondo sono sfumature anche i libri, che fanno il mondo, le cose, che li leggano tutti o che non li legga nessuno. So che per lui i libri sono intoccabili, e spero allora che non me ne vorrà se quest’ultimo suo, che raccoglie quasi tutte le puntate di Uffa, che durò un anno, un anno in cui «accadde di tutto», io vorrei che diventasse anche un calendario.

Un Pirelli, mica un Frate Indovino. Belle pagine marmorizzate da leggere e consultare e contemplare non per sapere che giorno sia, ma per pensare, attività massimamente erotica, e accorgersi che a fare formidabile un tempo non è quello che succede ma il modo in cui viene raccontato, le cose che illumina in chi lo scrive.

Certo, Mughini ha ragione quando dice che il 2005 fu un anno formidabile, ma ho ragione di credere che lo sarebbe stato anche il 2019, in una sua rubrica quotidiana su un quotidiano, e tant’è che Claudio Cerasa, direttore del Foglio, a ottobre dell’anno scorso gli ha proposto di riprendere Uffa, però solo una volta a settimana, al martedì, e lui ha accettato, e il risultato, per ora, scusate la presunzione, mi dà ragione.

Ti alzi, leggi un Uffa, uno soltanto, e poi cominci la giornata. Mica male. Gentile Marsilio, può provvedere? Se non può non importa, il libro va bene lo stesso, solo che tenerlo in lettura per un anno è impossibile, si finisce in un giorno perché un Uffa tira l’altro come le ciliegie, o le serie tv, o le canzoni di Lucio Battisti.

Che cosa si può scrivere di una ciliegia? Si mangia, una ciliegia. La rubrica Uffa, a leggerla nel libro che ne è stato tratto e non nel calendario che vorrei, così da usarlo come il prontuario che non per volontà del suo autore di fatto è, racconta sempre una cosa, controluce: quant’è difficile e duro l’esercizio della libertà per ragionare, scrivere, osservare, pensare, persino per desiderare. Soprattutto, questa raccolta di Uffa, è una lunga, articolata risposta a una domanda che il fatto che qualcuno se la ponga non capisco se mi piaccia o mi atterrisca, e cioè: a cosa servono/sono serviti i giornali? Delle 200 e passa pagine di risposte qui fornite, ne ho scelte alcune, adesso le elenco e le racconto, perché è la sola cosa che mi sento in grado di fare per un libro che a recensirlo o discuterlo non gli si può che fare uno sfavore, un torto, una ferita e sul quale la sola cosa onesta che dovrei scrivere è: leggetelo, e pure di corsa. Ma io mica sono onesta.

I giornali sono serviti a far scrivere a Mughini che ha letto L’età forte di Simone De Beauvoir a molti anni di distanza dalla sua uscita e dal suo successo e gli ha fatto un’impressione desolante. Qualche giorno dopo, sulle stesse pagine, Mughini ha scritto che «i destini e i libri non hanno mai un unico e solo senso» e ha riportato uno stralcio di Simone De Beauvoir che parla del dolore che prova per la morte di Albert Camus, «bellissimo. Degno di Albert Camus e della sua morte» – «Camus quale lo avevo amato sorgeva dalla notte, nello stesso momento ritrovato e dolorosamente perduto».

I giornali sono serviti a far scrivere a Mughini che «nella morale come nel coraggio non si danno lezioni. C’è che esistono uomini morali e uomini coraggiosi, e di solito sono quelli che non parlano mai di morale e di coraggio. Bogart non predicava il coraggio, era il coraggio».

I giornali sono serviti a far scrivere a Mughini che avrebbe voluto un bigliettino da visita, per sé e per tutti gli italiani per bene, con sopra scritto: «Nel 2005 ho incassato tot. Ho avuto un toto di spese di produzione del reddito. Ho pagato tot di varie tasse. M’è rimasto un reddito netto di tot con il quale ci ho fatto quel che c…. mi pare».

I giornali sono serviti a far scrivere a Giampiero Mughini, quando a Diego Cugia chiusero il programma radio: «Ce ne fossero di trasmissioni radiofoniche come le sue, al posto di quelle tante trasmissioni giovanilistiche in cui dei misirizzi senza arte né parte si ridono continuamente addosso durante un’ora in cui il loro italiano è ridotto a una ventina di parole, ivi compreso l’orrido attimino».

Come vedete, niente di tutto questo scade, tutto vale per ieri, per oggi, per domani. E così si sfata anche il mito dei giornali che, il giorno dopo, sono buoni soltanto per incartare il pesce.

Leggete Uffa, e di corsa.

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