«L’Europa deve agire più rapidamente» e se lo dice Charles Michel con ogni probabilità c’è da credergli. Per due ragioni, primo perché Michel è uno che di burocrazie farraginose e di bizantinismi se ne intende (è stato presidente del consiglio del Belgio, paese noto per la sua riluttanza ad avere un governo e per la paciosità con cui gestisce lunghi periodi di assenza di esecutivo); secondo perché è il Presidente del Consiglio europeo, il tavolo dei capi di governo dei 27 Paesi che si riunirà giovedì per decidere il da farsi in merito alla questione Recovery Found/Coronabond/Mes, e quindi è ragionevole credere che nelle sue parole si possa leggere una piccola anticipazione di quello che succederà il 23 aprile.
Nel corso dell’intervista pubblicata dal quotidiano spagnolo ElEconomista, Michel ha detto che l’Europa ha fatto male a non mostrare una lesta solidarietà ai Paesi come Italia e Spagna, colpiti con particolare violenza dal Covid-19. Il presidente del Consiglio europeo non si sbilancia né sui Coronabond, né sull’attivazione del Meccanismo europeo di stabilità, né tanto meno sul via libera da parte del Consiglio al Recovery Found, proposto dai francesi e caldeggiato dagli italiani. Non dice, Michel, cosa i 27 dovranno decidere. Ma indica una direzione: «La mia proposta si basa su quattro punti: il mercato unico, un’enorme strategia di investimento, la nostra ambizione esterna, con una forte attenzione per l’Africa, e la resilienza, imparando le lezioni di questa crisi».
Il presidente poi ha snocciolato a memoria quanto fatto sinora dall’Unione europea per fare fronte alla crisi. Il giornalista chiede «È abbastanza?», Michel risponde chiaro «No». Ergo, serve un’Europa unita e con le idee chiare e che abbia voglia di crescere. Di 27 paesi con le idee confuse e la tendenza all’involuzione, nessuno sa cosa farsene. «Nel mondo di oggi, anche prima del COVID-19, il modo di lavorare in Europa è troppo lento. In futuro, per adottare le nostre posizioni, dobbiamo reagire più rapidamente quando è necessario», spiega il presidente.
Quel che Michel dice senza dire, è che il modo di lavorare dell’Europa, pieno di procedure, passaggi, macchiavellismi e farraginosità, va bene quando si tratta di scrivere accordi commerciali in punta di fioretto, ma è meno efficace quando si tratta di affrontare una pandemia e una crisi economica violentissima. Anche se ricordiamo che sulla sanità l’Unione europea non ha sovranità e può solo coordinare l’azione degli Stati.
Quando Michel parla di unione europea non si riferisce solo agli europarlamentari o ai commissari, ma ai leader degli Stati nazionali. Anche loro fanno parte dell’Ue e anche loro contribuiscono alla lentezza che rendere l’Unione debole, poco attiva, prima ancora che poco reattiva. E in questo modo, le fa mostrare il fianco agli sciacalli della propaganda del sovranismo da social, che chiedono passi falsi da dare in pasto ai loro follower-elettori: l’immagine di un’Europa distante e incapace. Un lusso che oggi l’Unione Europea non può permettersi.
C’è in giro gente che sta male, che muore perfino, che perde il lavoro: a queste persone l’Unione, nelle parole di Michel ma anche nell’evidenza dei fatti, non può rispondere con procedure e veti incrociati. Ma con fatti: respiratori, mascherine, denari, politiche attive e concrete.
Lo sanno i sovranisti ma per fortuna ne è consapevole anche il presidente che racconta della sua «frustrazione per la risposta lenta nel fornire attrezzature mediche a paesi come l’Italia: questo ci è costato enormi effetti negativi. E me ne pento, l’UE dovrebbe mostrare “reale e concreta solidarietà” con l’Italia e la Spagna, i due paesi più colpiti dalla pandemia». Siamo d’accordo con lui. Saranno d’accordo con lui anche i 27 leader che al consiglio europeo di giovedì 23 decideranno la sopravvivenza dell’eurozona?