È passato poco più di una settimana da quanto il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha rifiutato le dimissioni del ministro dell’Interno, Süleyman Soylu. Quest’ultimo aveva annunciato di voler lasciare l’incarico in seguito alle critiche ricevute per la gestione del coprifuoco di 48 ore lanciato il weekend dell’11 e 12 aprile e implementato per limitare i contagi da COVID-19. L’episodio rappresenta soltanto l’ultimo di una serie di notizie legate alla gestione politica della crisi del COVID-19 da parte di Erdoğan.
Nel 17esimo episodio della serie podcast, War & Peace, a cura dell’International Crisis Group, la senior policy fellow dello European Council of Foreign Relations (ECFR), Aslı Aydıntaşbaş, discute con Olga Oliker e Hugh Pope gli utlimi sviluppi politici in Turchia.
Nel podcast, con riferimento alla gestione del COVID-19, Aydıntaşbaş afferma che la Turchia sta reagendo «meglio dell’Italia». «Le persone stanno seguendo alla lettera le inidicazioni del governo».
Secondo Oliker e Pope, il COVID-19 potrebbe rappresentare un’occasione per il governo turco per resettare il conflitto politico interno con l’opposizione e, soprattutto, la politica di gestione dei prigionieri politici. Ma, sebbene in parlamento sia in discussione una legge che, qualora approvata, concederebbe l’amnistia ad alcuni detenuti, «l’opposizione non crede che quest’ultima sia sufficiente», spiega ancora Aydıntaşbaş,
Inoltre, secondo l’esperta del ECFR, Erdoğan starebbe utilizzando la crisi per rafforzare una politica estera che, metaforicamente, potrebbe essere associata al tragitto di un «lupo solitario» che continua a non volersi legare troppo all’Occidente.