Il documento allarmante del Comitato tecnico scientifico, quello che avrebbe frenato la fase 2 ipotizzando il rischio di 151mila pazienti in terapia intensiva nel caso una ripartenza totale, sarebbe sbagliato. O quantomeno conterrebbe un grave errore di calcolo. Tant’è che, date le ipotesi considerate, si arriverebbe a conteggiare una popolazione di 260 e non di 60 milioni di cittadini come quella italiana. A dirlo è un’analisi fatta dalla holding Carisma presieduta da Giovanni Cagnoli, secondo cui in 45 dei 46 scenari esaminati dal Comitato le previsioni di picco della terapia intensiva sarebbero invece ben inferiori alla capacità nazionale di circa 9mila posti. E quindi molto lontane dai 151mila del risultato finale.
Il problema del documento, dicono, è di tipo statistico-matematico. Nel testo si ipotizza un tasso di letalità dei contagi (Ifr) pari allo 0,657%, arrivando poi a calcolare la probabilità per età che ogni infezione necessiti di terapia intensiva.
Pertanto, calcolando il numero di decessi ufficiali (8.311) in Lombardia al momento del picco della terapia intensiva, il 3 aprile, si arriva 1.385.000 contagiati. Ora, poiché i casi di terapia intensiva in Lombardia al momento del picco sono stati 1.381, si desume quindi che l’incidenza tra casi di terapia intensiva e infezione sarebbe mediamente dello 0,1%. Si presuppone quindi un’incidenza per fascia di età che, anche se stimata a zero fino a 60 anni di età, arriverebbe a circa 0,3% mediamente oltre i 60 anni di età.
Nel grafico presentato subito dopo però, quello da cui deriva lo stop alla ripartenza, questa incidenza oscilla tra 1% e 6% (mediamente 3,5%) con un errore di almeno dieci volte. Anche ipotizzando che il fabbisogno di letti terapia intensiva in Lombardia sia stato 2.000 e non 1.381 l’errore resta superiore a 6 volte.
Ecco che con lo scenario A, cioè quello di una totale apertura, nelle ipotesi del comitato tecnico scientifico si arriva a 151.231 casi di terapia intensiva l’8 giugno e oltre 440mila casi totali cumulati al 31 dicembre.
Applicando l’incidenza della terapia intensiva calcolata sulla Lombardia, si arriverebbe quindi a sostenere che esisterebbero in Italia 150 milioni di cittadini con età superiore ai 20 anni, perché come noto sotto questa età l’incidenza della terapia intensiva è trascurabile. Ci sarebbero insomma oltre 100 milioni di connazionali circa in più di quelli reali.
Calcolando poi il dato complessivo al 31 dicembre e stimando che le persone che sono state in terapia intensiva in Lombardia siano finora circa 3.500 in totale con una incidenza di 0,17% sul totale casi nella regione, si arriva a una stima di popolazione italiana di 260 milioni di abitanti. Anche in questo caso ci sarebbero 200 milioni di italiani ignoti. Qualcosa non torna. Nel modello sviluppato dal Comitato «apparentemente tutte gli scenari conseguenti sono coerenti con quello che dalla lettura attenta appare un errore di calcolo», scrivono da Carisma.
Conclusione: «Anche accettando quelli che appaiono errori di calcolo – scrivono – notiamo che il modello in 45 dei 46 scenari esaminati conclude che le previsioni di picco della terapia intensiva sono significativamente inferiori alla capacità nazionale (circa 9.000 posti)». Salvo poi raccomandare uno scenario di apertura molto lento, come quello comunicato dal governo il 26 aprile.