L’accordo tra Apple e Google dà l’idea di come cambierà la nostra normalità e mostra che in occidente il mercato ha capito prima dei governi che bisogna imitare le strategie antivirus delle democrazie orientali. Gli iPhone e gli smartphone Android integreranno un sistema di tracciamento digitale per allertare gli utenti che sono entrati in contatto con chi ha il Covid-19, raccomandargli di fare il test, isolarsi e prendere le precauzioni necessarie. Se funzionerà, il sistema potrà monitorare circa un terzo della popolazione mondiale.
Lo sviluppo avverrà in due fasi:
1) A metà maggio, le due aziende consentiranno agli iPhone e agli smartphone Android la possibilità di scambiare informazioni anonime attraverso delle app controllate dalle autorità sanitarie per esigenze di cura e assistenza.
L’installazione dell’app sarà su base volontaria, ma gli utenti saranno incentivati a installarla dalla possibilità di avere un canale di comunicazione diretto con le autorità sanitarie, che dovrebbe garantire, o almeno favorire, l’assistenza necessaria. Se un paziente positivo al test condividerà tale informazione con le autorità sanitarie mediante l’app, gli utenti che sono entrati in contatto con lui riceveranno un alert.
L’informazione sarà comunicata in modo rigorosamente anonimo, secondo il meccanismo spiegato bene da Matthew Panzarino su TechChrunch.
2) Nei mesi successivi, Apple e Google integreranno la tecnologia nei rispettivi sistemi operativi, così il contact tracing funzionerà senza bisogno di installare una app, aumentando probabilmente la copertura del sistema. Anche in questo caso gli utenti dovranno dare esplicitamente il proprio consenso.
È un sistema ideale? No, certo. Comporta la condivisione di informazioni sanitarie su miliardi di persone attraverso l’installazione di una app sui nostri smartphone. Apple e Google sottolineano che il sistema si può implementare nel pieno rispetto della privacy degli utenti, che il consenso è necessario e i dati non saranno mai raccolti e usati per altri fini. Inoltre, non sarà necessaria alcuna geolocalizzazione degli utenti, come spiegato su TechChrunch.
È chiaro che sarà necessario vigilare attentamente sulla trasparenza e l’implementazione di qualsiasi meccanismo di tracing. Inoltre, il tracciamento digitale non è di per sé l’arma definitiva contro il Covid-19. Ma solo una di diverse strategie complementari che aiuteranno a frenare l’epidemia, permettendoci di guadagnare il tempo necessario allo sviluppo di un vaccino, o almeno di una cura efficace.
Senza un aumento significativo della nostra capacità di testing e l’organizzazione di una rete capillare di assistenza sanitaria e sociale sul territorio, lontano dagli ospedali, il tracciamento digitale dei contatti dei contagiati perderà ogni efficacia.
Si tratta solo di un passo nella direzione giusta, non della soluzione. Nel mondo abbiamo 1,7 milioni di infetti accertati, e più di 100.000 vittime accertate. In Italia sono morte già 19.000 persone, ma le stime e l’aneddotica suggeriscono che il numero sia gravemente sottostimato.
In molti paesi, tra cui il nostro, l’unica strategia adottata finora è “chiudiamoci in casa e speriamo che passi”. Restare a casa è essenziale ma non possiamo farlo in eterno. Se non adottiamo strategie complementari al lockdown la fase due non inizierà mai, e rischieremo di uscire di casa troppo presto, quando sarà pericoloso come prima se non più di prima.
Lasciamo stare la diatriba tutta sovranista tra Conte e Salvini, e rivolgiamo la nostra attenzione alle strategie antivirus complementari al lockdown. Senza perdere di vista l’accertamento degli errori commessi in questi primi due mesi di emergenza, per evitare di ripeterli alle prossime ondate dell’epidemia.
Fabio Sabatini è Professore Associato di Politica Economica, Sapienza Università di Roma