Sesso, virus e potereAddio a Linda Tripp, agli anni 90 e al secolo americano

L’amica di Monica Lewinsky che registrò le sue confidenze da stagista della Casa Bianca aveva un tumore al pancreas. Allora sconvolse Washington e non solo, ma oggi il mondo ha problemi ben più pressanti

William PHILPOTT / AFP

Per raccontare in forma di flashback questa storia, bisogna spostarsi a Middleburg, villaggio perfetto della ricca cintura suburbana di Washington, dalla parte della Virginia, dove stanno i soldi, il buon vivere e legioni di pensionati benestanti che si godono stagioni tranquille. A Middleburg, nella strada dei negozi, ce n’è uno curioso: si chiama The Christmas Sleigh”, ovvero la slitta di Natale, e vende decorazioni natalizie di alta qualità, mica le solite cinesate, oggetti scelti con cura nei laboratori tirolesi e in Alto Adige.

Il titolare è Dieter Rausch, architetto tedesco in pensione, trasferitosi negli Stati Uniti a fine carriera per coronare il sogno d’amore: rincontrare la fidanzatina di quand’era adolescente e farne la compagna della sua vecchiaia. Lei, passata a miglior vita l’altroieri all’età di 70 anni, era un personaggio tutt’altro che trascurabile della storia americana di fine Novecento, divenuta nota per qualcosa che sta ad anni-luce dalla cortese signora che confezionava elaborati pacchetti rossi contenenti statuette di pastori adoranti (per inciso: nei mesi diversi da dicembre, di che mai si occuperà un negozio così?). 

Figlia di una famiglia italiana del New Jersey, Linda Rosa Carotenuto diventa una celebrità al centro dell’uragano che travolge a fine anni Novanta il mondo politico americano: l’allestimento e la celebrazione della procedura di impeachment del presidente Bill Clinton, con l’accusa di aver mentito al popolo riguardo alle rivelazioni sulla relazione extraconiugale con Monica Lewinsky. 

La gola profonda di quella vicenda, la donna capace di armare il braccio del procuratore Ken Starr, al punto da trascinare impietosamente alla sbarra il presidente degli Stati Uniti, costringendolo, prima del perdono, a pronunciare un’umiliante pubblica ammenda, è una quarantenne dall’aria poco accattivante, che all’epoca rispondeva al nome di Linda Tripp, cognome assunto dall’uomo sposato nel 1971, Bruce Tripp, un ufficiale dell’esercito dal quale divorzierà nel 1990. 

Sarà la stessa Linda ad auto-descriversi come una tipica “military mom”, con due ragazzini da tirar su e un impiego che la sposta su e giù tra il Pentagono e la Casa Bianca, durante le amministrazioni di George H. W. Bush e di Bill Clinton. Nel 1994 Linda rientra definitivamente al Pentagono dove due anni dopo, a dispetto dei 24 anni di differenza, stringe amicizia con la giovane Monica Lewinsky, all’epoca stagista presso l’ufficio legale della Casa Bianca. 

Le due donne scoprono di avere tanto in comune e lei diventa una specie di zia, prodiga di consigli per la ragazza casinista che si fida di lei al punto d’averle confidato il segreto d’essere diventata, forse per caso, una delle “favorite” del presidente in carica. Proprio la relazione tra Monica e Bill è l’argomento ricorrente nelle torrenziali telefonate che la divorziata e l’amante clandestina si scambiano lungo il fatale 1997, una per per ingannare il tempo, l’altra per vincere le frustrazioni. 

Linda entra nell’intimità di quella ragazza che ha accesso nello Studio Ovale, dove l’attendono le bramosie del potente che lei ama e detesta al tempo stesso, nel pieno della più tipica, tempestosa, perigliosa infatuazione giovanile. Linda è sempre prodiga di consigli e nella vicenda presto deve intravedere un tornaconto personale: non c’è altra spiegazione al fatto che contatti Lucianne Goldberg, l’agente letterario alla quale già in passato s’è rivolta nel tentativo, poi naufragato, di scrivere un memoir di pettegolezzi sulla Casa Bianca. 

La Goldberg annusa l’affare e le dà il suggerimento-chiave: da quel momento deve registrare le telefonate con Monica e indurla a dire le cose più piccanti possibili sull’affaire col presidente. Il risultato sono 20 ore di registrazioni telefoniche (legali nel distretto di Columbia) che finiranno, in cambio d’una generica immunità, nelle mani del procuratore che dai tempi della torbida vicenda Whitewater sta col fiato sul collo dei Clinton. 

Lo scandalo che esplode è gigantesco, le rivelazioni boccaccesche sui rapporti Bill-Monica riempiono le cronache, la comparsa del famoso abitino blu macchiato di sperma presidenziale – che Monica voleva mandare in tintoria, finché Linda la convince a conservarlo nell’armadio – è un colpo di teatro degno delle commedie sexy con Edwige Fenech. E Linda Tripp, in una nazione sotto choc per aver perduto il condottiero con la mascella da attore, rivelatosi uno sporcaccione qualsiasi, si trasforma nella strega malefica. 

Non l’aiutano la goffaggine antipatica, il physique-du-rôle dell’invidiosa sovrappeso (si vendicherà, producendosi in una dieta prodigiosa) e l’appellarsi al bene della nazione per giustificare quella che, di fatto, era  una squallida macchinazione per far soldi sulla Cenerentola-Monica (“Odio Linda Tripp”, dirà la Lewinsky all’uscita della sua deposizione). Il cattivo karma resterà attaccato alla Tripp come una maledizione, e la coda della storia è prevedibile: una transazione economica all’indomani del licenziamento che l’Amministrazione Clinton le recapita nell’ultimo giorno di esercizio, e una tardiva intervista con Larry King in cui Linda motiva le spiate dichiarandosi improbabile paladina del “buon governo”.

Quindi la ricerca dell’oblio suburbano, dolorosamente punteggiato dalla caricatura che quel grassone di John Goodman le fa nelle scenette del “Saturday Night Live”. All’inizio del nuovo millennio, per vincere la solitudine, Linda rispolvera il vecchio spasimante Dieter, lo invita in Virginia, lo porta a passeggiare sul fiume Shenandoah, lo convince a restare al suo fianco e diventa Linda Rausch. 

Quando su Twitter è girata la notizia che stava esalando l’ultimo respiro, anche Monica ha parlato: «Il passato non conta nell’apprendere che Linda sta male. Spero si riprenda, dev’essere difficile per la sua famiglia». Se poi in quei giorni ormai lontani la Tripp volesse davvero salvare la vita all’inerme ragazza dagli orchi, o se invece avesse intravisto il canonico quarto d’ora di fama, resterà un mistero.

Un cancro al pancreas la liquida nel momento in cui la nazione è terrorizzata da un’altra malattia mortale, che cristallizza la differenza tra due secoli divisi. Insomma, nell’aria adesso circola un carnet di preoccupazioni popolari di altra portata, che può spingere a qualche riflessione su quale debba essere la dimensione autentica del ragionamento etico nell’America d’oggi. 

Se, come a fine Novecento, sia legittimo che tocchi vertici deliranti occupandosi degli inopportuni strofinamenti tra sesso e potere. O se, più seriamente, debba rivolgersi a tante questioni rimaste colpevolmente insolute tra la vita, la morte, e le poco equilibrate opportunità di tenersi lontani da quest’ultima. La solita America delle disuguaglianze. Che, del resto, ha sempre fatto meno audience delle cronache delle 9-volte-9 in cui Monica bussò a quella porta.

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