Il direttore sportivo della Juventus Fabio Paratici, protagonista de “Il calciomercato che verrà”, una serie di interviste a direttori sportivi realizzate da Sky Sport, ha detto che nel calcio post coronavirus «bisognerà essere elastici e creativi».
Parole semplici e di buon auspicio, che racchiudono però un significato più profondo, fatto di calcoli, cifre e cambiamenti radicali. L’impatto economico del coronavirus, infatti, si farà sentire anche sul mondo del calcio e in particolare nel valore di trasferimento dei calciatori delle squadre europee.
Il Cies Football Observatory ha valutato, analizzando i primi cinque campionati in Europa e nel caso la stagione non venisse terminata, un calo medio del valore dei giocatori del 28 per cento. Il valore totale passerebbe quindi da 32,7 miliardi di euro a 23,4 miliardi.
Ad esempio, spiega il Cies, il valore stimato di Paul Pogba, centrocampista del Manchester United e campione del mondo con la Francia, scenderà da 65 a 35 milioni.
In termini assoluti, tra le società con un calo più accentuato del valore del parco giocatori c’è il Manchester City (-412 milioni), seguito dal Barcellona (-366 milioni) e dal Liverpool (-353 milioni). Al quarto posto il Real Madrid (-350) e al quinto il Psg (-302).
Sulla Serie A in termini assoluti la prima posizione spetta all’Inter (-276 milioni), il secondo posto è della Juve (-222 milioni a -28,4%) e il terzo del Napoli (-181 milioni a -29,8%). La top 5 si chiude con Roma (-147 milioni a -27,2%) e con il Milan (-144 milioni a -31,2%).
«L’economia calcistica internazionale subirà una grave correzione. Supponendo che i campionati nazionali non riprendano (come avviene attualmente in Francia), i ricavi del settore dovrebbero scendere di circa il 20-25%. D’altra parte, i costi diminuiranno solo leggermente (diciamo circa il 10%) e un numero molto elevato di club non ha margini finanziari. Il calcio è quindi un’industria in pericolo» spiega a Linkiesta Jean-Pascal Gayant, professore di economia all’Università di Le Mans.
Gayant riflette anche sugli effetti che la pandemia potrebbe provocare sulle “bolle” finanziarie che negli anni si sono andate a formare nei vari scenari calcistici, in particolare per quel che riguarda i trasferimenti degli atleti.
«I club finiranno i soldi al prossimo mercato. Ci saranno movimenti, ma a prezzi scontati. E l’intera catena di trasferimenti dei giocatori sarà influenzata fino alle divisioni inferiori. Ciò accentuerà le difficoltà dei paesi “esportatori di calcio”. Ad esempio, l’equilibrio finanziario del calcio francese si basa sul prodotto dei trasferimenti di giocatori: ogni anno il deficit operativo delle società (circa 800 milioni di euro) è compensato dal risultato delle operazioni di trasferimento (circa 700/800 milioni di euro). Se si aggiunge alla riduzione delle entrate (circa 440 milioni di euro per la stagione 2019/2020) la riduzione dei proventi dei trasferimenti dei giocatori, il bilancio per il calcio francese, e per molti altri, scenderà in rosso» continua l’economista.
I campionati come quello portoghese, belga, olandese e francese hanno optato per un modello economico basato sul player trading, che nella nostra Serie A è paragonabile a quello adottato dall’Atalanta o dall’Udinese. Società che hanno indirizzato i propri investimenti sui settori giovanili o su giocatori di prospettiva, in grado, dopo alcune stagioni di livello, di valere anche dieci volte tanto il loro prezzo iniziale. Lo scambio di Dejan Kulusevski è l’esempio principe: pagato meno di 100 mila euro dalla Dea è stato rivenduto alla Juventus per 44 milioni.
Riuscirà quindi un modello simile ad attutire lo choc che la pandemia provocherà sul calciomercato? «Al di là delle squadre con le spalle grosse, società come l’Atalanta, che ha un vivaio formidabile e ha interesse che il prezzo dei giocatori salga, risentirà del blocco delle valutazioni delle rose» specifica a Linkiesta l’economista Umberto Lago, professore all’università di Bologna e uno dei padri del Financial Fair-Play dell’Uefa.
«Anche la Juventus, tuttavia, che ha perso punti e valore in borsa in queste ultime settimane, subirà le conseguenze dei club di medio-piccolo livello. Ovvero un ridimensionamento a cascata che coinvolgerà sia i ricavi sia i costi di gestione».
Sono comunque molte le premesse che possono fare la differenza in questo momento: dalla decisione sui diritti Tv, alla riapertura o meno degli stadi nei prossimi campionati. Elementi fondamentali non solo per garantire lo spettacolo, ma anche per sostenere l’intero business.
«Un calcio senza tifo è sicuramente uno sport impoverito, e non solo in termini di spettacolo. Perché come il tifoso può pensare che una partita vista da casa non è la stessa cosa, anche gli sponsor stanno rivalutando l’entità delle loro sponsorizzazioni sulla base della meno attrattività del settore», suggerisce Lago.
Un settore che necessita anche di una regolamentazione diversa, come quella approvata a Nyon, durante un incontro dei segretari delle 55 federazioni calcistiche. Che prevede: la concessione di più tempo alle federazioni per completare le procedure relative alle licenze per club e paletti più larghi per il Fair Play Finanziario. Un passo avanti che lascia comunque molti dubbi, in particolare sul fronte delle plusvalenze come strumento per far quadrare i conti.
«Chi ha molti giocatori alla fine dei loro contratti sarà in grado di rinegoziare gli stipendi verso il basso o reclutare giovani giocatori a condizioni salariali più favorevoli. Per chi ha molti giocatori sotto contratto (soprattutto perché puntano sulle plusvalenze), le cose saranno più complicate» chiosa Gayant.
Anche perché, per quanto riguarda le plusvalenze made in Italy, «la Uefa ha già acceso i riflettori sul nostro caso, e a breve prenderà dei provvedimenti». I quali influiranno sulla flessibilità di indebitamento e di libertà fiscale delle società.
«Si tratta di capire le scommesse che decidono di fare i club. Società come l’Atalanta, la Spal o l’Udinese saranno costrette a contrarre i costi vista la scarsa possibilità di fare debito. Per le squadre medio-grandi, invece, la strategia si dividerà tra quelle che decidono di tenersi i campioni, scommettendo in una ripresa rapida (come l’Inter che deve decidere di tenere o meno Lautaro), e le squadre che dovranno vendere per sostenere i costi. Per capire chi avrà ragione, dovremmo attendere la prossima stagione: nel caso la pandemia dettasse ancora i tempi di ripresa, allora i club che non hanno venduto si troveranno in seri problemi con il Fair Play Finanziario, che sarà comunque più flessibile» conclude Lago.