Ursula von der Leyen ha abbattuto le carte e ha proposto un Recovery Fund “plus”: 500 miliardi in sovvenzioni – come hanno chiesto Macron e Merkel – e 250 miliardi in prestiti a lunga scadenza. Per l’Italia, principale paese beneficiario, farebbero 172 miliardi. Uniti ai 20 del programma Sure contro la disoccupazione, ai 36 del Meccanismo europeo di stabilità e ad altre dotazioni, fanno in totale circa 250 miliardi da spendere nei prossimi tre anni a fronte di rimborsi e contributi europei a nostro carico per un importo molto inferiore.
Se aggiungiamo a questo l’azione della Banca centrale europea per l’acquisto di titoli di Stato e altri prodotti finanziari italiani si ha un’idea dello sforzo in corso per evitare il tracollo della nostra economia, che trascinerebbe con sé quello dell’intero mercato unico.
La proposta della Commissione, presentata al Parlamento europeo, e accolta favorevolmente dalla “maggioranza Ursula” (formata da cristianodemocratici, socialisti, liberali e verdi europei, ndr), dovrà ancora naturalmente passare le forche caudine del Consiglio europeo ed essere negoziata pezzo a pezzo con i paesi “tirchi”, ma ha il merito di aggiungere un altro tassello all’idea che l’Unione europea è pronta a una risposta risoluta e solidale alla crisi, passando dalla strada del suo bilancio, prevedendo per questo, in definitiva, un’emissione di eurobond pur di salvare il progetto europeo nel suo insieme. Non è poco.
Accanto alle minacce dei paesi tirchi, che Angela Merkel ha annunciato di voler gestire in prima persona quando la Germania, il 1 luglio prossimo, assumerà la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, occorrerà farsi carico anche degli strali – sempre più flebili a dire il vero – dei sovranisti nostrani e d’oltralpe.
A parte i soliti noti che continuano a vederci lo sterco del diavolo, sono in effetti sempre più inaudibili i commenti degli antieuropeisti “senza se e senza ma” che, a destra come a sinistra – vedi l’ineffabile Yanis Varoufakis, vanno a cercare il pelo nell’uovo alla vera e propria rivoluzione copernicana rappresentata dalla proposta von der Leyen.
Difficile, infatti, opporre al bazooka europeo il pugno di militari e agenti segreti inviatoci da Putin o le mascherine cinesi. Difficile continuare nella retorica benaltrista quando si è di fronte a un arsenale di misure inimmaginabile solo tre mesi fa, non solo a livello economico, ma soprattutto a quello istituzionale.
Difficile non vedervi riflessa l’intuizione di Jean Monnet secondo cui «gli uomini non accettano il cambiamento che nella necessità e non vedono la necessità che nella crisi».
Di fronte dunque ai rischi concreti che corre la nostra economia, ecco uno spartiacque a partire dal quale sarà difficile ripetere a macchinetta il mantra sovranista. Nessuno si salva da solo e la salvezza collettiva è necessaria per il bene di tutti. A Berlino e dintorni lo hanno capito molto bene.
Certo, una tale manna di risorse non ci sarà regalata come se fossimo alla Befana. Sarà assortita alla condivisione di un piano di riforme volto alla transizione ecologica e alla digitalizzazione. C’è da averne paura? Preferiamo fare da soli, magari istituendo altre task forces?
E su questo piano che si giocherà la partita dei prossimi anni, E non vi sono “piani B” all’orizzonte.