NextGenerationEuCosa deve fare l’Italia per non perdere i 172 miliardi di aiuti europei, se arriveranno

Il governo dovrà inviare una proposta alla Commissione a ottobre (al massimo aprile 2021) indicando in quali settori farà investimenti e riforme. Sanità, lavoro, automotive, acciaio e turismo le priorità italiane. Bruxelles chiede riforme per velocizzare la giustizia e la burocrazia. Ma senza il via libera del Consiglio europeo i fondi non ci saranno

Afp

Partiamo da una certezza: il piano di 750 miliardi proposto dalla Commissione europea non è ancora stato approvato. Quindi i 172 miliardi previsti per l’Italia (81,807 miliardi in sovvenzioni e 90,938 miliardi tramite prestiti) potrebbero essere molti meno. O non essere. 

Tutto dipende da cosa decideranno i 27 leader al prossimo Consiglio europeo del 19 giugno e come procederanno le trattative. Ma se la proposta dovesse passare, comunque l’Italia avrà la cifra più alta tra tutti gli Stati membri a causa dell’impatto del coronavirus sulla sua economia.. 

Il commissario europeo Paolo Gentiloni ha spiegato giovedì cosa dovranno fare tecnicamente i Paesi per accedere alla parte più corposa del piano: il Recovery and Resilience facility. Il solito inglesismo per indicare la “scatola” che contiene 560 miliardi di aiuti, di cui 310 miliardi a fondo perduto. 

Per avere la sua quota di fondi l’Italia dovrà presentare alla Commissione entro aprile 2021 un piano nazionale per la ripresa, spiegando in modo chiaro quali riforme e investimenti pubblici intende fare per usare i finanziamenti europei, inserendo anche una tabella di marcia. 

Il governo potrà mandare il documento anche prima, il prossimo ottobre, in concomitanza con la legge di bilancio, questo «di sicuro ci aiuterebbe a fornire supporto più rapidamente», ha consigliato Gentiloni. 

Per questo il governo sta già lavorando al piano. Non sarà solo la presidenza del Consiglio a decidere, ma un lavoro di concerto con il ministero dell’Economia, dello Sviluppo economico e degli Affari europei, coinvolgendo anche le due task force guidate da Vittorio Colao e Domenico Arcuri. 

Le richieste saranno fatte per degli investimenti nei settori strategici e quelli più colpiti dalla crisi: mercato del lavoro, sanità, automotive, acciaio e turismo. I finanziamenti europei varranno anche per le misure già prese dal governo nei suoi decreti e leggi, ovviamente se lo indicherà nero su bianco nel piano. 

Ma quando arriveranno i soldi? «Data l’ovvia necessità di distribuire i fondi il più rapidamente possibile, la nostra proposta è che almeno il 60% delle sovvenzioni siano impegnate legalmente entro la fine del 2022. E i prestiti potranno al massimo essere richiesti entro il 2024», ha spiegato Gentiloni. 

Una volta approvato il piano Bruxelles verserà le varie tranche in base ai progressi fatti. «Se gli Stati non implementano gli obiettivi perdono i soldi di una rata», ha chiarito il vice presidente della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis. 

La Commissione dirà all’Italia come spendere i soldi? Non proprio. Il pagamento delle varie tranche sarà legato solo agli obiettivi che gli stessi Stati si sono auto imposti di rispettare. Non ci saranno controlli nel dettaglio, solo sui macro obiettivi. «Gli Stati membri si assumono la responsabilità della propria crescita», ha detto Gentiloni.

Bruxelles valuterà i piani presentati dagli Stati e deciderà di allocare i fondi solo se gli investimenti promessi rispetteranno due parametri. Il primo è legato alle due priorità della Commissione: la transizione verde e digitale. 

Tradotto saranno ben accetti gli investimenti per ridurre il divario tecnologico, per potenziare le infrastrutture digitali, la rete internet. Ma anche finanziamenti per aumentare l’uso di energia rinnovabile o almeno pulita ed efficiente, il trasporto pubblico sostenibile, la gestione delle acque reflue. 

L’altro requisito da rispettare per avere il via libera è che gli investimenti e riforme siano in linea con le raccomandazioni inserite nel “Semestre europeo” del 20 maggio. Parliamo del documento che la Commissione elabora ogni sei mesi, in cui spiega ai Paesi i settori dove deve intervenire per migliorare le sue criticità. 

Tasse, patrimoniali, prelievo forzoso nei conti? Non proprio. All’Italia la Commissione ha chiesto di velocizzare i tempi della giustizia, di ridurre la lentezza della burocrazia e di potenziare il sistema sanitario: migliorando le infrastrutture, assumendo più medici e infermieri, garantendo i medicinali necessari e fare una riforma per risolvere il problema del coordinamento tra governo e regioni. 

Non solo, Bruxelles chiede di rafforzare l’apprendimento e le competenze a distanza, comprese quelle digitali, di fornire ai lavoratori atipici italiani un’adeguata protezione sociale e di mitigare la crescente disoccupazione. Ma anche fornire liquidità alle piccole e medie imprese, evitare i pagamenti in ritardo. 

Riforme che in teoria l’Italia dovrebbe fare da decenni, con o senza coronavirus. Ora, il governo ha 172 miliardi di ragioni per farli al più presto. Sempre se il piano della Commissione non sarà stravolto dal negoziato dei leader europei.

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