A Cutrufiano, in provincia di Lecce, Giulio Apollonio si prende cura di quelle galline ovaiole considerate ormai improduttive per gli allevamenti intensivi. Invece di mandarle al macello, le fa razzolare libere nel suo terreno. Ne è nata l’azienda Uovo Perfetto, che ha messo sul mercato uova di altissima qualità. Chef del calibro di Isabella Potì e Paolo Brunelli se ne sono innamorati. Ogni uovo, al dettaglio, ha un prezzo che si aggira o supera l’euro. Questo prodotto è solo uno dei tanti luxury food che impreziosiscono le gastronomie nel mondo, ora chiuse e in fase di epocale restyling.
Longino & Cardenal, leader nel commercio dei “cibi rari e preziosi”, è tra quei grandi distributori legati ai ristoranti stellati, che hanno cambiato rotta, iniziando a guardare all’e-commerce per il consumatore privato. I numeri del 2019 erano stati stellari: 33,7 milioni di euro di ricavi, +5,2% rispetto al 2018. Questo grazie alla nuova sede di Dubai e di Hong Kong. Poi è entrato in scena il coronavirus. La risposta alla crisi è stata l’apertura ai consumatori, prima con un passaparola fra i clienti su Whatsapp, poi con un gruppo su Facebook, infine con la piattaforma di e-commerce. I risultati? Incoraggianti.
A fiutare il trend in Italia è Excellence, che da quattro giorni ha lanciato “Mangiamo Italiano”. La piattaforma multicanale che coniuga editoria e grandi eventi dedicati all’eccellenza enogastronomica, ha creato un’attività di vendita di prodotti alimentari di lusso in un punto vendita fisico (che aprirà a breve a Roma) e in modalità delivery. «Abbiamo fatto una selezione di aziende che consideriamo l’ossatura del sistema economico e gastronomico italiano, una combinazione di cultura, storia e territorio», spiega Pietro Ciccotti, editore di Excellence. Il lavoro da fare passa dai professionisti del cibo, chiamati a contribuire alla diffusione di una nuova cultura gastronomica. «Siamo in un momento di passaggio. Dobbiamo riscrivere il futuro, che sarà molto complicato. Il passato non tornerà e non avremo più punti di riferimento. Con questo progetto vogliamo darne di nuovi al consumatore finale».
Ma chi compra il famoso uovo a un euro? In base alle stime fatte attraverso gli eventi di Excellence, secondo Ciccotti ci sono tre tipi di consumatori di luxury food. I professionisti (operatori HoReCa), gli addetti ai lavori (dai giornalisti ai food influencer), gli appassionati. Ci sarà una selezione naturale tra i ristoratori: sarà la competenza – anche nella selezione degli ingredienti – a fare la differenza. Chi rimarrà, continuerà a comprare. Gli addetti ai lavori saranno chiamati a dimostrare di valere una cena offerta, e non solo in termini di visibilità proposta. A loro saranno destinati omaggi selezionati. Conterà l’impatto concreto che sarà possibile portare sul fatturato del ristorante o dell’azienda.
E poi ci sono gli appassionati, persone con capacità di spesa medio-alta, che acquistano il riso Acquerello o il Parmigiano Reggiano Vacche Rosse anche per provare l’ebrezza di preparare un piatto a casa con gli stessi ingredienti usati dagli stellati. «Nel momento di contrazione di spesa saranno un po’ più attenti al proprio portafogli, ma sono convinto che in futuro continueranno a comprare. Il lusso non è soltanto uno yacht o un aereo privato. È anche la possibilità di consumare un prodotto enogastronomico che garantisca sostenibilità, tracciabilità, sicurezza, insieme alla qualità di materia prima e dei metodi di produzione», sottolinea Ciccotti. Il segmento del luxury food sarà alimentato da forme di acquisto consapevole e più esclusivo, dove si porterà a casa solo il meglio del meglio del made in Italy, garantito dai professionisti del settore.
Per entrare nel gotha dei cibi di lusso, secondo Ciccotti ci vogliono tre ingredienti: qualità assoluta, storytelling e marketing. «Le aziende si muovono per far conoscere i prodotti a chi li valorizza, i cuochi. Sono loro i primi a fare selezione e non rischierebbero mai di usare qualcosa di non all’altezza della propria reputazione. Poi c’è chi ha la qualità ma non sa raccontarsi, perdendo l’occasione di farsi notare». Il prezzo dei luxury food lo fanno la prima parte della filiera (infrastrutture, costo del personale, materie prime, ammortamento macchinari), insieme con spedizione, vetrina e sistema di selezione e garanzia offerta da chi vende i prodotti.
Le timide notizie di riaperture, come quelle cinesi, dicono che nella ristorazione vincerà chi “non ha mai lasciato soli i clienti”. Ma secondo Ciccotti nel segmento del lusso vincerà l’atteggiamento contrario. Vedere lo chef stellato che cucina con la barba lunga, cozza con l’immagine più professionale e rigorosa di una casacca bianca con il nome ricamato sopra. «È come se sul mondo della ristorazione fosse stata gettata una bomba», sottolinea Ciccotti. Bisognerà ripartire dall’inizio, dalla materia prima e dall’intelligenza. «Vincerà chi offrirà il menu, il prezzo e l’offerta gastronomica adatta al momento. È il momento della con-azione: conoscenza più azione. Chi vuole, dovrà conoscere per poi mettersi in moto». E noi, saremo ancora disposti a pagare un euro per un uovo? Forse, nell’attesa di poter tornare a pagare una vera cena stellata, senza precarietà e precauzioni di plexiglas, conviene “accontentarci” di questo piccolo, sferico lusso.