Tutti gli scandali che hanno agitato la politica italiana nelle ultime settimane non esistono. Nel senso che dello scandalo non manca solo la ragione, ma pure l’oggetto.
I finanziamenti del Mes sono stati dipinti in modo vigorosamente trasversale (anche ben dentro le stanze del Nazareno) come il cavallo di Troia della Troika, per tenere fede a un vecchio e coltivato pregiudizio che la pandemia ha rinfocolato, quasi che fossero i cattivi tedeschi ad avere bisogno del Mes per “mangiarsi” l’Italia, e non l’Italia ad avere bisogno del Mes per non essere mangiata dagli amici di Di Maio, con i buoni uffici del Dibba dei tre mondi (Sudamerica, Parioli e Asia, da Teheran a Pechino), che preconizza il dominio cinese, di cui ha iniziato a scrivere il nuovo libretto rosso.
Tra poche settimane, il Parlamento si appresta a discutere – chissà che discussione – se accettare o meno i finanziamenti del Mes oppure andare sui mercati, per pagare come minimo 6 miliardi di interessi in più nei prossimi dieci anni.
Ecco un altro scandalo. Le vagonate di boss scarcerati dai giudici di sorveglianza per il covid-19 – che scandalo – erano tre vecchi mafiosi al 41-bis e qualche centinaio di detenuti dell’alta sicurezza, metà dei quali non condannati definitivamente.
Nel frattempo, dall’inizio dell’emergenza pandemica a oggi, la popolazione detenuta è calata da oltre 61mila e circa 53mila detenuti e di questa riduzione pochissimo merito o colpa spetta ai provvedimenti del Governo – a grandi linee per meno di un terzo – e grande parte invece alla continenza dei giudici nell’applicazione delle misure cautelari e alla saggezza della magistratura di sorveglianza nel riconoscimento dei benefici, sulla base di leggi precedenti.
Neppure il tempo di digerire lo scandalo dei carcerati/scarcerati ed è arrivato quello dei “clandestini”, cioè dei 600mila e rotti uomini e donne che vivono in Italia da invisibili e che per ragioni di necessità (i raccolti potrebbero marcire nei campi) il Governo ha provato a regolarizzare, strappando al veto del M5S una regolarizzazione a metà, con una normativa piena di tagliole che sembrano fatte apposta per farla fallire.
Ma anche questa regolarizzazione (la cosa più decente fatta dal Governo, da quando è in carica) è diventata l’occasione per una nuova campagna di disprezzo xenofobo in salsa legalitaria, non solo da destra.
Infine è arrivato il momento della Fiat, che la sinistra apprezzava quando era governativa per vocazione e attaccata a doppio filo al bilancio pubblico e ora è tornata a disprezzare, secondo un perfetto pregiudizio di classe, nel momento in cui la cura Marchionne l’ha trasformata in qualcosa di molto diverso da un dossier sul tavolo di Palazzo Chigi.
La sede legale e fiscale all’estero, prassi comune anche a società pubbliche e a loro controllate, e la successiva richiesta di una garanzia pubblica per un prestito bancario per l’attività di Fca Italy, sono diventati una miscela esplosiva, che ha portato pure i ministri del Governo che ha varato le norme del decreto liquidità a insorgere contro l’ingiustizia e a moraleggiare sui dividendi degli azionisti (come se i dividendi non finissero in altre attività economiche, ma fossero rinchiusi nelle casseforti di qualche vecchio avaro intento solo a contarli e lucidarli, come zio Paperone).
Eppure Fca Italy paga tutte le tasse in Italia, comprese, in teoria, quelle sugli utili che però in Italia non fa, per ragioni che non hanno niente a che fare con il luogo in cui sono tassati i dividendi degli azionisti.
Tutti questi scandali sono le ombre cinesi che la politica demo-populista proietta sulla parete della caverna in cui sono rintanati milioni di italiani; sono i mostri finti utili a nascondere l’approssimarsi (e in alcuni casi, già il dilagare) dei mostri veri dell’impoverimento, del crash economico e dell’odio civile come genuino sentimento popolare.
Queste presunte malattie politiche (l’Europa, i tedeschi, i carcerati, i poveracci, i ricchi…) servono a camuffare i sintomi sempre più evidenti di una vera sindrome autoimmune, di un lupus ideologico che auto-divora il corpo politico e economico di un paese, in preda a vere e proprie pulsioni di morte.
Gli scandali inventati servono a nascondere la realtà e allontanare la coscienza dello scandalo di una società diventata nemica di se stessa, che per non riconoscere i problemi moltiplica i nemici, scegliendoli a caso nel mazzo dell’odio di classe, del pregiudizio razziale, dell’intolleranza o dell’invidia sociale.
E anche su questo tra i demo-populisti e i nazional-sovranisti non c’è differenza di fondo, se non nella comune e comprensibile inclinazione di cercare i nemici idealmente più vicini al campo altrui. L’Italia sta scrivendo la sua Storia della colonna infame collettiva e lo sta facendo in modo tragicamente bipartisan.