Il rognone sul sofà sembra più il titolo di una commedia degli equivoci firmata da Billy Wilder che quello di una ricetta autarchica, non credete? Una trovata simpatica delle curatrici del manualetto intitolato Cucina in tempo di guerra, che contiene la preparazione di questa e altre 249 ricette adatte a quei tempi di magra.
Anzi, per essere più precisi, queste erano le meritorie intenzioni delle autrici:
Questo volumetto, che vede la luce in un momento tanto importante per la storia della nostra Patria, non ha la pretesa di essere un Re dei cuochi o di stare alla pari con altri ricettari famosi come quello dell’Artusi. La premessa è già nel suo titolo e vuol dire pressappoco così: come giovarsi, nel mangiare, di quei generi alimentari razionati economizzandoli fino al possibile perché i quantitativi fissati siano sufficienti per tutto il periodo d’assegnazione; e come adoperare nel modo migliore quelli che sono liberamente alla nostra portata e che spesso non si sanno cucinare che in poche e scipite maniere.
Il volumetto è ricco di raccomandazioni per sfruttare al meglio i razionamenti e i cascami di cucina. Nozioni e consigli dettati dal buonsenso, come quella di non sprecare nemmeno l’acqua di cottura delle verdure per farla diventare un’ottima base per una minestra saporita.
La lista delle ricette comprende primi piatti economici, secondi salutari dove spicca l’uso delle frattaglie, sformati e uova in mille maniere, piatti adatti alla cena, da fare in dieci o venti minuti, vivande di avanzi, torte di guerra e largo uso di erbe aromatiche. L’indispensabile.
Curiosa è anche la data di pubblicazione: 4 giugno 1941, due giorni dopo l’incontro di Hitler e Mussolini al Brennero e qualche settimana prima dell’inizio dell’Operazione Barbarossa che coinvolse un corpo di spedizione italiano di circa 60.000 uomini, con l’epilogo che ben conosciamo. E il peggio doveva ancora venire.
Era passato giusto un anno dall’entrata in guerra del nostro Paese, ma il problema della carenza di cibo e reperimento dei prodotti alimentari non era certo una novità. Il 6 maggio del 1940 fu promulgata la legge per il razionamento dei consumi e l’introduzione della carta annonaria.
A luglio scattò il divieto di vendita del caffè, quella della carne era permessa solo di lunedì e giovedì, la produzione del pane limitata a una sola tipologia, dolci di pasticceria fresca e gelati si potevano gustare solo di sabato, domenica e lunedì. Dal gennaio 1941, con la tessera annonaria si potevano avere solo due chili di pasta o riso al mese, a persona. Con il passare dei mesi e l’aggravarsi della situazione, scarseggiavano olio, burro, verdura, frumento, “assenti sul mercato anche nelle quantità previste dal fabbisogno annonario”. Mancavano polli e conigli, visto che il granturco dei loro mangimi veniva usato per l’alimentazione umana. A ottobre arrivò il tesseramento del pane: 200 grammi a testa, che scenderanno a 150 grammi per gli over 18, nel marzo del ’42. Si poteva tentare di comprare qualche prodotto al mercato nero, ma i prezzi schizzavano alle stelle.
Da questo spaccato si comprende bene la fame di imparare a cucinare con poco e niente delle massaie, e, da parte degli editori, l’urgenza di pubblicare manualetti didattici ed economici per aiutarle a farlo al meglio.
Cucina in tempo di guerra costava 5 lire, il valore di circa un chilo di pane, che oggi corrispondono più o meno a 3,5 Euro. Uno sfizio che non si potevano permettere in molte, vien da pensare.
La maggiori parte delle ricette sono di facile esecuzione, ma quella del Rognone sul sofà è per cuciniere più capaci, ha una marcia in più che parte dalla scelta bizzarra del nome e dai molteplici passaggi per prepararlo a dovere.
La versione originale prevede che, dopo aver rosolato nel burro il rognone sottilmente affettato, lo si amalgami a una salsa preparata con un po’ di vino rosso, farina, burro, aglio, odori, funghi (se ci sono), sale e pepe. Si ammannisce, a parte, una frittata con rosso d’uovo, farina, olio e un albume montato a neve. Nell’assemblaggio del piatto, la frittata funge da divano dove far accomodare il rognone, avviluppato nella sua salsa come fosse una calda coperta. Una bella immagine, ne converrete! La fantasia al potere, in tempi che più neri non si potevano nemmeno immaginare.
L’uso delle uova e della parte acida (in questo caso del vino rosso e non del limone) può far pensare a una rivisitazione della classica fricassea. Praticamente, un’idea di cucina destrutturata ante litteram.
Per renderle giustizia, abbiamo testato una versione moderna della stessa, mantenendo fede al concetto originale del piatto. Si è divertito a prepararla lo chef Francesco Paulon del Collettivo Culinario Cuore Crudo, neonato gruppo di cucinieri ribelli di montagna (perfetti per testare la cucina di guerra) che hanno la loro sede nel meraviglioso rifugio Dolomieu al Dolada, nella conca dell’Alpago, in provincia di Belluno. Lo chef ha svecchiato la preparazione, usato tecniche moderne, alleggerito e rinfrescato il pesante gusto finale aggiungendo scaglie di zenzero in agrodolce. Il risultato è un piatto godibile, gustoso ed equilibrato, dal costo, tutto sommato, contenuto.
Francesco e il socio Mauro Oliva hanno dato vita a questo progetto di cucina itinerante durante il recente lockdown, creando un menu strettamente legato al territorio – molto apprezzato, pubblicizzato sui social e consegnato a domicilio – che cambiano di settimana in settimana.
Una ristrettissima filiera etica di produttori locali (l’Alpago è noto per l’allevamento della rinomata pecora alpagota) e una vera passione per l’uso delle frattaglie caratterizza la cucina di Paulon, ex musicista e giramondo. Il tam tam sui social ha decretato l’immediato successo di questa iniziativa, che continua, durante l’estate, anche al rifugio.
A riprova, se ce ne fosse bisogno, che i momenti difficili possono stimolare la creatività e la voglia di riscatto, a dispetto dei pronostici.
Una nota divertente: grazie all’intraprendenza di Mauro Oliva, il Dolada è una delle “chiese” italiane della religione pastafariana del Dio Spaghetto, e qui si è celebrato, nel 2014, il primo Pastrimonio, l’unione civile (e scherzosa) di due adepti pastafariani, e, non paghi, il rifugio fa parte del Cammino pastafariano che unisce tre rifugi (tra Veneto e Friuli) creati dal Prodigioso Spaghetto Volante.
Rognone sul sofà
Ingredienti per 4 persone
1 rognone di vitello da latte, 100 g burro noisette (partendo da 150 g di burro fresco), 6 tuorli, 4 uova, 300 g di panna fresca, 200 g di latte, sale, pepe, succo di limone q.b, 100 g zenzero, 200 g vino bianco, 200 g aceto di vino, 60 g zucchero, 200 g spugnole, spinacini freschi
Procedimento
Per il rognone: Pulire bene dal propio grasso il rognone di vitello, scaldare nella padella il burro nocciola (preparato precedentemente) e cuocere a fiamma media il rognone con aglio e timo, facendo attenzione a mantenere la cottura medio/sangue. Far riposare il rognone al caldo fino al momento di servirlo.
Per le spugnole: Saltare velocemente le spugnole in padella con il burro aggiungendo aglio in camicia e rosmarino. Portare a cottura e asciugare su carta assorbente.
Per lo zenzero in agrodolce: Far ridurre a fiamma bassissima vino, aceto e zucchero, fino ad ottenere una consistenza sciropposa. Una volta pronto aggiungere nella soluzione lo zenzero pulito e tagliato a brunoise finissima. Riservare.
Per le scrambled egg: Mettere sul fuoco la panna e il latte. Appena raggiungono il bollore togliere dal fuoco e versare tuorli e uova sbattendo energicamente con un frustino. Far riposare qualche minuto. Rimettere sul fuoco sbattendo continuamente con un frustino fino ad ottenere un composto spumoso aggiustando di sale, pepe e succo di limone per l’acidità. Servire subito.
Per la finitura
Mettere in una fondina le scrambled egg, adagiare il rognone scaloppato, le spugnole, dressare con la riduzione di zenzero e finire il piatto con foglie di spinacini crude, condite con sale e succo di limone.