Un capitolo lungo quasi cento anni si è chiuso in Irlanda. Fianna Fàil e Fine Gael, i due partiti più importanti del Parlamento di Dublino, hanno ottenuto la fiducia della camera bassa per formare un governo di coalizione che includa anche i Verdi. Un’alleanza che esclude il vincitore delle ultime elezioni a febbraio, i progressisti dello Sinn Fein guidati da Mary Lou McDonald, ed è una vera e propria novità per la politica irlandese, vista la storica contrapposizione tra i due partiti di centro. «Sarà un onore poter guidare quest’esecutivo», ha dichiarato Micháel Martin, leader del Fianna Fàil e nuovo taoiseach (“primo ministro” in gaelico).
Sarà un premier a tempo, visto che l’accordo di legislatura prevede un cambio di guida nel corso dei cinque anni: è stato già anticipato infatti che Leo Varadkar, attuale primo ministro e capo del Fine Gael, prenderà il posto di Martin come taoiseach tra due anni e mezzo.
L’azione del nuovo esecutivo si concentrerà soprattutto in materia ambientale, fiscale, agricola e sociale, oltre al contenimento del coronavirus. Allo studio del nuovo esecutivo ci sarebbero un pacchetto di incentivi all’occupazione, finanziamenti per i trasporti pubblici e le piste ciclabili, la riduzione delle emissioni di carbonio al 7% e lo stop all’esplorazione di gas off shore e all’importazione di gas frack.
Una piattaforma ambientalista molto vicina alle posizioni dei Verdi dalle quali è stato tenuto lontano lo Sinn Fein, escluso dalle trattative per via dei vecchi legami con l’Ira, l’organizzazione terroristica che lottò contro la permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito. «Il vecchio establishment si è unito in un matrimonio di convenienza per tenerci fuori e negare il cambiamento chiesto dagli elettori. Ma questo non ci fermerà», ha commentato la leader McDonald, capace di riportare il suo partito al 25% dei consensi dopo un secolo.
Un risultato storico, che ha permesso allo Sinn Fein di ottenere 37 seggi nella camera bassa del Parlamento irlandese, gli stessi del Fianna Fàil e due in più del Fine Gael, ma che lo costringerà a restare all’opposizione, come certificato dai 93 voti di fiducia e i 63 contrari ottenuti dalla coalizione di governo. «Credo che la politica di guerra civile sia finita da tempo nel nostro Paese e adesso anche nel nostro Parlamento», ha affermato Varadkar, futuro taoiseach a partire dal 15 dicembre 2022, appena una settimana dopo il centenario della Repubblica d’Irlanda.
Proprio al periodo di indipendenza del Paese dal Regno Unito, durante gli anni ’20 del ’900, risale la frattura tra i due maggiori partiti. Nel 1921 la stipula del trattato anglo-irlandese sancì una divisione all’interno del movimento indipendentista dello Sinn Fein tra coloro che erano favorevoli all’accordo, perché vedevano in esso un primo passo verso la completa indipendenza, e i contrari. Tra questi c’era Éamon de Valera, uno dei politici più importanti della storia nazionale, che nel 1926 uscì dallo Sinn Fein e fondò il partito del Fianna Fàil (in gaelico “Soldati del destino”).
Dall’altra parte i favorevoli all’accordo si riorganizzarono nel 1933, quando il Cumann na nGaedhael fondò il Fine Gael (“famiglia degli Irlandesi”) insieme ad alcuni partiti centristi e alla discussa Army Comrades Association, gruppo dalle discusse simpatie fasciste. Liberali i primi, cattolici i secondi: su questa frattura si sono articolati i governi di Dublino per i successivi 90 anni, in una democrazia dell’alternanza che ha visto i due partiti succedersi costantemente alla guida del Paese, con due sole eccezioni.
La prima negli anni ’80, durante una difficile fase di crisi economica che costrinse Fine Gael e Fianna Fàil a elaborare un piano d’azione comune, noto come “strategia di Tallaght”, che prevedeva l’appoggio del primo alle riforme economiche promosse dal governo del secondo. Il bis arrivò nel 2016, quando Fine Gael e i suoi alleati non ottennero abbastanza seggi per formare una maggioranza e chiesero l’aiuto dei liberali del Fianna Fàil per avere un sostegno esterno al loro governo.
Due circostanze del tutto eccezionali, visto che nella politica irlandese è quasi impossibile pensare a uno senza immaginare la contrapposizione con l’altro. Una rivalità ontologica quasi inspiegabile a chi non è dentro questa logica, come dimostra la risposta data dal parlamentare del Fianna Fàil, Jacky Healy Rae, a chi chiedeva di spiegare la differenza tra i due partiti: «Quelli che sanno non devono chiedere e quelli che chiedono non lo sapranno mai».
Una diversità culturale, geografica e antropologica quasi irriducibile. Da un lato il Fianna Fàil, un partito operaio con una forte base nel nord del Paese, vicino alle richieste popolari. Dall’altro il Fine Gael, un movimento preferito dalla classe media, ben radicato a Dublino e visto come il fedele guardiano della legge. Quelli più divertenti, con cui prenderesti una birra, e quelli invece precisi ma noiosi. Due fazioni diverse per scelta. Adesso insieme, non si sa per quanto.