Quattrocentomila posti di lavoro andati in fumo tra marzo e aprile. I dati Istat per la prima volta ci restituiscono gli effetti disastrosi dell’emergenza Covid-19 sul mercato del lavoro italiano. Dopo i dati parziali di marzo, l’istituto solo ad aprile registra un calo di 274mila occupati (pari a -1,2%), nonostante il blocco dei licenziamenti. Una diminuzione mai vista negli ultimi decenni. E la forte riduzione delle persone disoccupate in cerca di lavoro (-3%) registrata dall’Istat corrisponde a una impennata senza precedenti del tasso di inattività: ad aprile coloro che non hanno un lavoro e hanno smesso di cercarlo, causa lockdown, sono 746mila in più.
Le categorie che hanno più subito gli effetti della pandemia sono tre: donne, giovani e lavoratori con contratti a termine.
A essere colpiti sono soprattutto i contratti a tempo determinato: solo nel mese di aprile se ne contano 129mila in meno, probabilmente a causa dei mancati rinnovi, prima della deroga al decreto dignità inserita nel decreto rilancio, che però è entrata in vigore solo il 19 maggio scorso e solo per i contratti attivi al 23 febbraio. I contratti a tempo indeterminato sono 76mila in meno, forse a causa delle deciisoni prese prima del blocco dei licenziamenti arrivato da metà marzo. Mentre tra gli autonomi, il calo è di 69mila unità, arrivando a quasi 200mila in meno in un anno.
Rispetto agli uomini, le donne sembrano aver subito di più gli effetti del lockdown. Tra le lavoratrici, diminuisce sia il tasso di occupazione (-0,7%) sia quello di disoccupazione (-2,6%) con una impennata del tasso di inattività (+2,3%). In un anno, si contano 286mila occupate in meno.
Disastroso il bilancio tra i giovani. Nella fascia fino a 34 anni, nel solo mese di aprile si contano 121mila occupati in meno e 327mila inattivi in più. Ma la fascia più colpita risulta quella di mezzo, tra i 35 e i 49 anni, dove in un mese si sono persi 119mila posti di lavoro a fronte di un aumento degli inattivi di 278mila unità. Meno colpiti gli over 50, tra i quali si registrano 34mila occupati in meno e il tasso di inattività cresce dell’1%, a fronte di una crescita di oltre il 2% tra gli under. Depurando dalla componente demografica, si coglie ancora di più il forte impatto sui giovani, con gli occupati che calano del 4,4% rispetto a uno 0,2% degli over 50. Solo nella fascia 15-24 anni, il tasso di inattività sale al 78,6 per cento.
I disoccupati, come già accaduto a marzo, diminuiscono di 484mila unità, andando a ingrossare il bacino degli inattivi, che in un mese crescono di 746mila unità, arrivando a 1,46 milioni in un anno. Il tasso di occupazione scende al 57,9%, quello di disoccupazione si riduce al 6,3%, tra i più bassi degli ultimi decenni, ma è una «illusione ottica» – come scrive il presidente della Fondazione Adapt Francesco Seghezzi – perché quello di inattività sale al 38,1%, ai livelli del 2011.
In un anno, i contratti stabili sui quali puntava il decreto dignità, sono cresciuti di 175mila unità, ma a fronte di un calo disastroso di 480mila contratti tra quelli a termine. Gli inattivi arrivano alla soglia di 14,6 milioni, il numero più alto degli ultimi tre anni.