Winston Churchill nascosto. Re Leopoldo II del Belgio imbrattato. Statue e vie dedicate a personaggi europei legati alla storia coloniale sono oggetto di contestazione in tutta Europa. Una furia iconoclasta partita negli Stati Uniti, con l’uccisione di George Floyd, e che adesso sconvolge tutto il Continente. Da Amsterdam a Lisbona, da Amburgo a Barcellona, è sempre più lungo l’elenco di busti ricoperti di vernice e richieste di rimuovere ogni simbolo legato al passato razzista di alcuni Paesi europei.
Paesi Bassi
Nella notte tra l’11 e il 12 giugno il collettivo olandese Helden Van Nooit, che si definisce «dichiaratamente antirazzista e decoloniale», ha imbrattato alcune statue dedicate a celebri personaggi del ’600, definito il Secolo d’Oro, quando il Paese, divenuto indipendente, fondò il suo impero coloniale. Una di queste è la statua dell’ammiraglio Piet Hein a Rotterdam, ricoperta di vernice perché ritenuta responsabile dal collettivo «della colonizzazione olandese in Africa e Brasile e della schiavitù di moltissimi africani».
Non è il solo però. A farne le spese sono stati anche il museo Witte de With di Rotterdam, imbrattato di mani rosse «perché dedicato a un eroe del mare sbagliato, responsabile dell’assedio di Jakarta del 1618», e il ben più famoso TropenMuseum di Amsterdam, che racconta arte e cultura delle ex colonie.
Tra i simboli razzisti nel dibattito pubblico c’è finito pure un personaggio della tradizione natalizia belga e olandese come Zwarte Piet, aiutante di San Nicola dalla pelle scura che entra in scena durante la consegna dei doni tra il 5 e il 6 dicembre. Per il premier olandese Mark Rutte «se dà fastidio ad alcuni possiamo tranquillamente dirgli addio. Per me però rimane un innocente personaggio della nostra tradizione popolare».
Germania
Anche Berlino ha avuto un passato coloniale, certamente più ridotto di quello francese e inglese, che adesso ritorna a galla. La storia coloniale tedesca iniziò negli anni ’80 dell’800, quando furono conquistate le attuali Namibia (1884) e Ruanda (1885). Un processo che incontrò notevoli resistenze, in particolare quella degli Herero e dei Nama, due tribù namibiane vittime del genocidio tedesco tra il 1904 e il 1908, e dei Maji-Maji.
A questi episodi fanno riferimento le contestazioni ai danni di alcuni ufficiali prussiani, come Lothar von Trotha, Herrmann von Wissmann e Paul von Lettow-Vorbeck, a cui sono dedicati alcuni busti e vie ad Amburgo. Le proteste popolari hanno convinto il consiglio comunale cittadino a impegnarsi maggiormente nella spiegazione del passato coloniale tedesco, nonostante in passato fossero già state esposte delle targhe per contestualizzare le vicende storiche di cui erano stati protagonisti.
Francia
«Bisogna smontare la statua di Colbert davanti all’Assemblea Nazionale, per lui i neri non sono umani». La richiesta della Brigata contro la negrofobia, espressa durante la manifestazione davanti all’ambasciata americana del 6 giugno, riprende una polemica che va avanti già da alcuni anni. Al centro delle contestazioni c’è la statua di Jean-Baptiste Colbert, autore del famoso Code noir, una raccolta di articoli che disciplinava la vita degli schiavi neri nelle colonie francesi.
Già nel 2017 il Consiglio di rappresentanza delle associazioni nere di Francia aveva chiesto al presidente Emmanuel Macron di sostituirla, ritenendola divisiva. Come ha dichiarato Frédéric Régent, docente di storia all’Università di Parigi I, in un’intervista a Le Parisien «Colbert rappresenta la schiavitù a causa del suo Code Noir. Nessuno però se lo ricorda: tutti lo identificano ormai come un servitore dello Stato e quasi come un antenato dei repubblicani ante litteram. Per questo ha una statua di fronte all’Assemblea nazionale, e a lui sono state dedicati licei e strade».
Mentre l’Assemblea nazionale sta pensando di coprire la statua di Colbert per proteggerla, lo stesso non si potrà più fare con quelle di Victor Schœlcher, ricordato per aver combattuto contro lo schiavismo in Martinica, territorio francese d’oltremare. Eppure, il 23 maggio, giorno in cui si festeggia l’abolizione della schiavitù, due statue di Schœlcher sono state rimosse da alcuni isolani in quanto ritenuto «a favore della totale compensazione dei coloni per la perdita degli schiavi». Un atto che ha suscitato l’ira del presidente Macron.
Spagna
Negli Stati Uniti la furia iconoclasta ha colpito molte statue dedicate a esploratori o missionari spagnoli, vandalizzati e spesso decapitati. Una scena che ha impressionato l’opinione pubblica di Madrid, alimentando il dibattito pubblico sui simboli coloniali del Paese. La figura di molti conquistadores, come Hernan Cortes e Francisco Pizarro, è stata messa in discussione anche nei loro paesi di origine ma a suscitare lo scandalo maggiore è stato Cristoforo Colombo.
La sua statua, presente a Barcellona, è finita al centro del dibattito nel Parlamento catalano. «Sarebbe una buona cosa rimuoverla», ha dichiarato Jessica Albiach, leader del partito Catalunya En Comù Podem. «La schiavitù e il razzismo non sono solo un problema solo degli Stati Uniti ma anche della Spagna. La schiavitù è uno dei dolori maggiori che l’uomo può provocare al prossimo, perciò rimuovere la statua sarebbe un modo per chiedere scusa a tutti coloro che sono stati offesi da questo crimine».
Portogallo
Anche a Lisbona hanno dovuto fare i conti con la vernice: a essere imbrattata è stata la statua di un religioso gesuita, Antonio Vieira. Famoso per aver preso a cuore la situazione degli indigeni del Brasile, dove già nel ’500 il Portogallo aveva fondato una colonia, padre Vieira rimane però una figura controversa per alcuni, che gli imputano il non aver mai condannato la tratta di schiavi africani. Prontamente ripulito dalla municipalità di Lisbona, il caso della statua imbrattata è però finito in Parlamento, provocando una profonda frattura tra comunisti e centristi e alimentando un dibattito di cui è stato chiamato a rispondere anche il premier Antonio Costa.