Nuove forme di crudeltàLa Roma dei sette colli incentiva monopattini, biciclette e altri «mezzi dolci» per la cronoscalata sul Gianicolo

Il progetto è encomiabile, l’intenzione è giusta, l’ecologia è importante. Ma la Capitale, come sanno anche i bambini, ha Sette Colli (anzi, molti di più) e tanti problemi da risolvere, oltre a quelli orografici

A Roma, ci sarà modo di ottenere incentivi per bici e monopattini, un bonus di cinquecento euro. L’obiettivo è «ridurre il traffico e l’uso di mezzi pubblici e affrontare con il piede giusto la Fase 2 e le successive», si specifica perentoriamente.

Anche il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli, conferma l’intento benefico. «Il bonus potrà essere utilizzato per acquistare bici, anche a pedalata assistita, segway, hoverboard, monopattini, monowheel e per l’utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale. Sì al bike sharing e scooter sharing, ma no car sharing. Tale bonus sarà valido per gli acquisti fatti dal 4 maggio al 31 dicembre 2020», leggo ancora.

Il collega dell’Ambiente, Sergio Costa, aggiunge che si tratta di una misura «contemporaneamente anche strumento di sviluppo e di occupazione: il bonus bici. Un sostegno a una filiera virtuosa della nostra industria. L’Italia è il secondo produttore di bici al mondo ed è un sostegno alla mobilità green che sarà la più grande alleata delle nostre città nella ripresa post covid per quanto riguarda la mobilità».

Ora che ci penso, sarebbe meraviglioso perfino immaginare la cronoscalata del Gianicolo, così almeno suggerisce l’amico Massimo Maiorino, scorgendo l’ideale Cima Coppi più o meno all’altezza dell’abitazione di Carlo Verdone, questi infatti potrebbe congratularsi con i ciclisti salutandoli dall’alto della propria terrazza, un modo di gratificare chi abbia scelto di affidarsi alle due ruote, quanto al monopattino la vedo un po’ più complicata.

La notizia non è nuova, infatti da settimane, qui nell’Urbe, anche la sindaca Virginia Raggi, suggerisce di «privilegiare il trasporto in bicicletta o mezzi dolci come il monopattino. Stiamo lavorando per realizzare delle ciclabili; nel rispetto delle norme ma in rapidità».

Fatto salvo l’apprezzamento per la cosiddetta pedalata assistita, si dimentica forse che Roma, come illustrano già i sussidiari delle elementari, è la città dei Sette Colli. Un luogo orograficamente problematico, escludendo le aree del centro storico.

Non vorrei adesso citare tutti i colli, compreso, volendo, perfino Monti Parioli, che tra i colli originari non è però contemplato, posso però personalmente aggiungere d’essere tra i residenti dell’arduo e ripido Gianicolo, anzi, “Giannìcolo”, come pretende la calata orgogliosamente romanesca.

Devo dire dunque che immaginarsi a Roma su due ruote è un’impresa crudele; ripeto: giusto gli abitanti del Centro o del rione Prati, già però l’abitante di Monti, cioè la Suburra, rione popolato da celebri ragazze “arubbacori”, come annuncia la canzone di Sora Menica, si ritrova ad arrancare già tra i Mercati di Traiano e l’imbocco di via Panisperna, per non immaginare chi dovesse vivere alla Balduina o Monte Mario, e nel dire così tornano alla memoria le pendici di questo, l’esclusiva via Platone, dove abitava Amintore Fanfani, e ancora Villa Miani, celebre per ospitare gli eventi del generone cittadino, compreso il varo della Costituente di destra tra Almirante e i monarchici di Covelli nel novembre 1975, poi, anni dopo, perfino la fantasmagorica serata di presentazione del libro di plastica di Roberto D’Agostino; insomma, già lì, dicevamo, il fiato manca.

Inutile aggiungere che, assodato il ricordo dei tempi di Roma “città aperta”, dove vigeva l’obbligo di aggiungere una terza rotella alla bici per evitare di incorrere nell’autorità dei tedeschi occupanti, la città non ha mai potuto primeggiare, che so, con Bologna, Parma o Ferrara, dove la bicicletta è parte del paesaggio consueto e insieme alle gambe femminili, e questo nonostante tra i suoi capolavori cinematografici brilli proprio “Ladri di biciclette”, con Lamberto Maggiorani, attacchino comunale domiciliato a Val Melaina: il conoscitore della viabilità cittadina potrebbe ora obiettare che da laggiù a via Francesco Crispi, dove avviene il furto del mezzo, è tutta discesa, vero, ma, ammesso che la bici non finisca rubata, il ritorno a casa mostra l’esatto contrario.

Come spiegano i versi di un poeta: «Dopo le fatiche dei monti, giungono le fatiche delle pianure».

Ciò non toglie che Roma vanti, fra l’altro, nella storica via del Pellegrino, dominio di Campo de’ Fiori, l’officina e la bottega della Ditta Collalti, «operante dal 1899», con Rinaldo, partigiano e antifascista, sopravvissuto alla prigionia nel campo di sterminio di Mauthausen, dove perse la vita suo figlio. Una targa posta dagli abitanti del rione Regola accanto al negozio ricorda ancora adesso il «compagno Luigi Collalti».

Lontano dai ricordi di guerra e resistenziali, ci segnalano intanto che nel frattempo a Roma «sono stati predisposti circa 150 chilometri di piste ciclabili temporanee, sulle maggiori arterie cittadine, per agevolare chi, in questa fase, sceglierà le due ruote».

Le piste andranno ad aggiungersi alle attuali esistenti, compresa, restando all’ambita cronoscalata del Gianicolo, la ciclabile di viale dei Quattro Venti.

Peccato che, come segnala un utente, «è un binario morto», tuttavia «basterebbe togliere un piccolo pezzetto di recinzione e si avrebbe lo sbocco naturale sulla Circonvallazione Gianicolense».

Gli fa eco un secondo ciclo-fruitore: «Perché non hai mai visto la ciclabile di via Andrea Doria perennemente intasata da bancarelle furgoni auto e grate. Oppure la ciclabile di Porta Portese in qualunque giorno, non solo la domenica».

Pone la pietra tombale l’ennesimo frustrato dallo stato delle cose, definendo la pista come «l’imbuto ciclabile», e aggiunge: «Inizia dal piazzale della stazione Quattro Venti, e lascerebbe pensare agli incauti ciclisti, che invece che percorrere la trafficata via dei Quattro Venti per giungere a Ponte Bianco, si potrebbe percorrere i 400-500 mt sul magnifico asfalto, nuovo di vernice rossa, con una corsia riservata ai pedoni e una riservata ai ciclisti. Errore! Alla fine ci si accorge amaramente che la pista finisce davanti ad una grata alta 3 metri, e si deve risalire alla stazione per uscire dal budello».

A Ponte Bianco, Pier Paolo Pasolini andava a fare il bagno con i ragazzi di Donna Olimpia, in bicicletta, peccato che allora l’ideale Cima Coppi del ritorno in via Giacinto Carini non incutesse ancora il terrore della fatica. Per non dire di ciò, i monopattini, che la sindaca chiama «mezzi dolci».

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