Nerone imperatore, come mostrato dalle monete che custodiscono il suo augusto profilo, sesterzi, denari o auree, era identico a John Belushi. Ragione ulteriore per pretendere che sia risarcito da ogni ingiusta accusa. Imperdonabile se non assurdo che a Roma non esista una piazza, un ampio viale, una villa che gli renda omaggio, perfino il “Tuttocittà” da tutti i romani custodito a portata di mano nella plancia laterale sinistra dell’auto tace in proposito.
Un’inaccettabile rimozione. Inutile spiegare che la piazza destinata a onorarlo, dovrebbe trovarsi doverosamente in pieno centro storico, nella città più mirabile, e non certo, come è accaduto, metti, al poeta Pier Paolo Pasolini, nei pressi del carcere minorile di Casal del Marmo, zona Ottavia, trafficata dalle code del rientro.
Crudelmente, sinistramente, parlando del nostro si accenna unicamente a una coordinata davvero secondaria della toponomastica cittadina, la cosiddetta Tomba di Nerone; in verità, quel monumento sepolcrale, databile seconda metà del III secolo, è solo erroneamente ritenuto il suo sacello, così secondo una credenza popolare che risale al Medioevo.
In realtà, è il sarcofago di Publio Vibio Mariano, semplice proconsole, posto sulla via Cassia. Lasciando Roma alle nostre spalle, si fa avvistare poco prima di giungere in via Gradoli, un luogo assai sinistro che rimanda ora alla prigionia di Aldo Moro ostaggio delle Brigate Rosse ora alle tormentate vicende private di Piero Marrazzo.
Nerone al contrario, perfino a dispetto delle cose che sono state dette su di lui, compresa la caricatura che ne fa Alberto Sordi nel film “Mio figlio Nerone”, dicevamo, era uno specchiato aspirante socialdemocratico, non è casuale che gli storici, nel tempo, abbiano rivisto il giudizio sulla figura pubblica e la sua avventura imperiale. Mettendo da parte cetra e fiamme, hanno segnalato invece che il grande incendio di Roma dell’anno 64 d.C. non fu causato da lui, che anzi si prodigò prestando soccorso alla popolazione colpita dalla tragedia e che in seguito si occupò personalmente della ricostruzione, al contrario è credibile che a incendiare la città sia stata una setta di estremisti cristiani, con la complicità morale dell’aristocrazia senatoria.
Leggiamo che «per la sua politica assai favorevole al popolo, di cui conquistò i favori con elargizioni e giochi del circo, e il suo disprezzo per il Senato fu, come era già stato per lo zio Caligola, molto inviso alla classe aristocratica».
Detto in soldoni, diversamente dall’attuale Virginia Raggi, avrebbe concesso le olimpiadi ed eliminato le odiate strisce blu. Nerone mi è venuto in mente ieri mattina mentre, ospite di “Omnibus” su La7, si ragionava sulla qualità dell’odierno ceto politico, non solo di Di Maio e Di Battista, ma di questo nella sua totalità.
Quando il conduttore Andrea Pennacchioli ha chiesto ai presenti quanto valga la pena farsi un partito per conto proprio, esattamente allora ho ritrovato Ettore Petrolini, forse l’unico che abbia davvero omaggiato Nerone nella migliore maniera. Non la battuta proverbiale su Roma che «rinascerà più bella e più superba che pria», semmai il momento dei canti in doverosa lode dell’imperatore, quando Tigellino, rivolgendosi all’ ignobile plebaglia, invece di attenersi a pronunciare il previsto “perepè”, si concede un “perepò”, ed è a quel punto che il sovrano, giustamente, rivolgendosi al suddito, fa esattamente notare: “«A Tigellì, se voi fa’ ‘perepò’ fatte ‘n impero pe’ conto tuo».
Nell’odierna assenza totale sia di progettualità sia di ordinario minuto mantenimento, l’Urbe, proprio attraverso una piazza appositamente dedicata a Nerone renderebbe omaggio alla sua vocazione squisitamente popolare, cioè offrirebbe una risposta in grado di chiarire le qualità, la pasta dei singoli.
Triste, che ci si debba rivolgere al passato dei triclini e delle tuniche, per giunta offuscato da ingiuste ed errate narrazioni, tuttavia, senza citare Svetonio e Tacito, non possiamo non rilevare che perfino in momenti di pandemia la parola incoraggiante di Nerone sarebbe stata di notevole aiuto per il destino politico dell’intera nazione.
Si proceda dunque immediatamente ad allertare almeno la commissione per la toponomastica cittadina, insieme agli architetti che dovranno concepire un nuovo spazio urbano, risarcimento al bistrattato Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico; venuto a mancare il versatile Christo, ci si rivolga, che so, all’autore della “Nuvola” dell’Eur Massimiliano Fuksas o piuttosto l’estroso architetto Cesare Esposito, sua la scultura in acciaio orientata verso le Fosse Ardeatine e dedicata alla Resistenza che si trova alla Garbatella, il medesimo che tutti gli anni organizza ilo miracolo della nevicata di Ferragosto davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore.
Attendiamo i capitolati d’appalto, che il risarcimento abbia inizio. Ora e sempre Nerone, sosia di Belushi!