Fake newsStoria del finto complotto sul perché la Romania non è entrata ancora in Schengen

Su Google ci sono almeno 393mila risultati che rimandando a una teoria secondo cui i Paesi Bassi non vorrebbero eliminare i controlli doganali alle frontiere per paura che il porto di Costanza possa superare per import ed export quello di Rotterdam. Ma i prodotti rumeni godono già di libera circolazione perché fatti da un Paese membro

Afp

Rotterdam+Costanza+Schengen. Una ricerca Google apparentemente casuale genera un sorprendente numero di risultati: 393,000 circa. Anche solo il numero di contenuti testimonia la popolarità di una teoria del complotto largamente diffusa che offre una spiegazione sul perché la Romania viene tenuta fuori dall’area di libera circolazione europea Schengen.

Che cos’ha un mega-porto olandese a che fare con il porto della Romania sul Mar Nero? E in che modo le due città sono rilevanti all’area di libera circolazione europea, della quale l’Olanda fa già parte e alla quale la Romania aspira ad unirsi?

A detta di molti in Romania, la risposta va ricercata nelle intricate ragioni che hanno fatto sì che il loro Paese rimanesse escluso da una delle più grandi zone senza obbligo di visto del mondo, nonostante il suo ingresso nell’Unione europea nel 2007.

In occasione del 35mo anniversario di creazione dell’area Schengen, caduto la settimana scorsa, BIRN ha esaminato la teoria che accusa i Paesi Bassi di ostacolare l’accesso della Romania all’area per proteggere i propri interessi del porto di Rotterdam.

È dato certo che i Paesi Bassi abbiano ripetutamente bloccato la strada verso Schengen di Romania e Bulgaria – e che abbiano messo in dubbio la loro capacità nel mettere in sicurezza i confini orientali dell’area Schengen.

In Romania però è opinione diffusa che questa spiegazione sia solo uno stratagemma e una copertura.

Si sostiene infatti che la vera spiegazione per il veto vada ricercata nel fatto che l’accesso della Romania all’area Schengen eliminerebbe i controlli doganali, permettendo così la libera circolazione nell’Ue di beni provenienti dalla Romania, il che garantirebbe un’immensa spinta alle capacità di import-export rumene, soprattutto a quelle del porto di Costanza.

Il porto rumeno attirerebbe quindi il traffico marino commerciale che si concentra ora a Rotterdam, minacciando la posizione quasi egemonica che occupa in Europa.

È pressoché impossibile trovare la presenza o l’assenza di secondi fini dietro la posizione olandese rispetto all’entrata della Romania nell’area Schengen. Ciò che possiamo valutare è invece l’ipotesi che Costanza avrebbe un’influenza o rappresenterebbe una minaccia per il ruolo centrale svolto da Rotterdam fra i porti europei.

Dorin Popescu, presidente della Black Sea House, istituto di analisi economica e geopolitica con sede a Costanza, dubita che l’operato e le prospettive di Rotterdam e Costanza siano particolarmente interconnesse.

«Sono fermamente convinto che per il porto di Rotterdam non ci sarebbero ricadute negative, né politiche né economiche, se la Romania entrasse nell’area Schengen», dichiara.

Durante un’intervista telefonica, il professore universitario ed ex diplomatico ha spiegato che i due porti «non sono in competizione diretta, non lavorano sulle stesse rotte commerciali e non si occupano dello stesso tipo di trasporti».

«Basta un’occhiata anche superficiale alle statistiche esistenti per fornire una risposta inconfutabile ad ogni dubbio, Costanza non può essere considerata come un potenziale competitore di Rotterdam» ha continuato.

Dabrowski sottolinea che i due porti non sono nemmeno nella stessa categoria. «Rotterdam è il più grande porto marittimo d’Europa con un servizio di trasporto merci due volte più grande rispetto al secondo porto più grande d’Europa, quello di Antwerp» ha detto, mentre «il porto di Costanza si colloca al di sotto dei 20 migliori porti marittimi dell’Unione europea, le sue attività per il trasporto marittimo sono di 10 volte inferiori a quelle di Rotterdam».

Ha poi sottolineato le differenti collocazioni geografiche dei due porti. Trovandosi sul Mar Nero, dice, il porto rumeno «è in una zona periferica per l’economia europea, essendo lontano dai principali centri d’affari dell’Unione».

Non ha «nessuna possibilità di competere con Rotterdam» ha aggiunto «e con il suo accesso diretto al Mare del Nord e alle rotte atlantiche, senza parlare della sua vicinanza ai principali centri economici dell’Unione Europea».

Ha fatto notare che Costanza è connessa al confine occidentale dell’Unione Europea con l’Ungheria da infrastrutture stradali scarse. Le connessioni che servono il trasporto stradale non sono migliori, ha infatti aggiunto. La città di Pitesti, situata nella parte meridionale della Romania, a 500 km dall’Ungheria, è la meta più lontana che i camion possono raggiungere in autostrada dal porto sul Mar Nero senza interruzioni.

Dabrowski ha inoltre fatto notare che unirsi a Schengen non avrebbe un grosso impatto sul commercio rumeno. La libera circolazione di beni, «soprattutto di container o di prodotti di massa (olio, carbone, etc) è già garantita alla Romania in quanto parte dell’Unione Europea e dalla sua unione doganale» ha aggiunto.

Unirsi a Schengen, ha concluso, «non comporterebbe un grosso cambiamento per la Romania, almeno dal punto di vista commerciale».

Una leggenda retaggio dell’epoca comunista  
Sorin Ionita, presidente del think tank rumeno “Expert Forum” specializzato in politiche pubbliche e riforme, ha dichiarato a BIRN che l’ossessione nazionale con il porto di Costanza è “infantile”. «Questa sul porto di Costanza è una delle fake news più infantili attualmente in circolazione in Romania» ci ha scritto per mail.

«Non è necessaria una massiccia opera di debunking su questo argomento. È sufficiente dare un’occhiata alla mappa d’Europa e ad alcuni dati pubblici sul flusso e sul volume del commercio, classificazione dei porti europei, etc», ha aggiunto.

Ionita si dichiara più interessata alla “patologia” che aveva originato la teoria piuttosto che al suo contenuto, cui si riferisce come ad “un’aberrazione”.

L’analista politico ed esperto sulla regione del Mar Nero Mihai Isac ci fa notare che questa “leggenda” è riemersa ripetutamente nei circoli politici rumeni, “grazie al sostegno di alcuni media, come Sputnik”.

Isac crede che si tratti di un “mito” concepito per giustificare il fallimento della Romania e la sua “incapacità” di sviluppare Costanza, nonché l’inabilità del governo di “fare progressi evidenti nel loro tentativo di ancorare la Romania all’area Schengen.”

Il presidente di Black Sea House Popescu fa notare che la percezione di Costanza come un rivale mortale per la sicurezza dei porti europei ha origine nell’epoca comunista, quando la retorica sciovinista promossa dal regime aveva messo in circolazione l’idea che il porto rumeno fosse fra i tre migliori del continente.

“Non dovremmo essere ostaggi di quell’ideologia” ha detto Popescu, che sconsiglia ai rumeni di essere vittima di quelli che chiama ‘teorici del complotto’ che influenzano l’immaginario collettivo e che incoraggiano la popolazione a trovare oscure motivazioni dietro ad ogni azione o decisione politica.

Un piccolo chiarimento

All’interno dell’Ue la libera circolazione delle merci è prevista del mercato unico e dall’unione doganale – di cui la Romania fa già parte – e non è collegata agli Accordi di Schengen, che regolano invece l’assenza di controlli alle persone ai confini degli stati che ne fanno parte. Anche per questo motivo, oltre a quelli ben delineati nell’articolo, la teoria sulla presunta volontà olandese di tutelare gli scambi commerciali che passano dal porto di Rotterdam è del tutto infondata.

Con l’accordo di Schengen, firmato il 14 giugno 1985, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso di eliminare progressivamente i controlli alle frontiere interne e di introdurre la libertà di circolazione per tutti i cittadini dei paesi firmatari, di altri paesi dell’Unione europea (UE) e di alcuni paesi terzi.

La convenzione di Schengen completa l’accordo e definisce le condizioni e le garanzie inerenti all’istituzione di uno spazio di libera circolazione. Firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque paesi, è entrata in vigore nel 1995. L’accordo e la convenzione, nonché gli accordi e le regole connessi, formano insieme l’«acquis di Schengen», che è stato integrato nel quadro dell’Unione europea nel 1999 ed è diventato legislazione dell’UE.

Lo spazio di Schengen comprende 22 dei 27 paesi dell’UE. Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania ne sono ancora esclusi. L’Irlanda ha aderito parzialmente. Altri quattro paesi (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) fanno parte dello spazio di Schengen.

Leggi gli altri articoli dell’Osservatorio Balcani Caucaso

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter