Tra le inevitabili conversazioni con amici e conoscenti sulle mutazioni delle proprie abitudini e comportamenti, sarà facile trovare più di una persona professionalmente soddisfatta dei personali risultati del lavoro da casa.
Pur essendo ancora lontani dal vero e proprio smartworking – termine che qui in Italia utilizziamo impropriamente, trattandosi di un vero e proprio accordo tra datore di lavoro e lavoratore, in cui il primo rinuncia a una parte di controllo e ragiona in termine di obiettivi e il secondo dimostra una maggiore responsabilità e autonomia – per certe categorie del terziario avanzato la produttività spesso è cresciuta rispetto a quella del lavoro in ufficio.
Insomma, a prescindere dalla causa scatenante, tutti noi abbiamo scoperto che la casa può essere non solo il luogo degli affetti, della tranquillità e della privacy, ma anche quello dell’attività e della creatività. Molte multinazionali stanno in questi giorni seriamente rimettendo in discussione l’intera organizzazione del lavoro, limitando la presenza negli uffici e sfruttare questa nuova efficienza ed efficacia lavorativa dei propri dipendenti.
In questi mesi inoltre si è scoperta una rinascita anche da un punto di vista puramente creativo. Quel trend già in atto da alcuni anni che i ricercatori di Nextatlas chiamavano Homedulgence, ovvero la tendenza di restare a casa invece di uscire, si è ovviamente radicalizzata, trasformando la casa e l’ambito domestico in un nuovo laboratorio di svago e ideale per creare vari momenti su misura.
L’occasione ci viene data dalla nuova serie di cortometraggi ideata e prodotta da Lorenzo Mieli, ceo di The Apartment con Juan De Dios Larrain e Pablo Larrain di Fabula che hanno radunato insieme 17 registi ognuno dei quali ha raccontato il proprio confinamento domestico. La serie disponibile su Netflix si intitola didascalicamente “Homemade” e contiene alcune piccole perle, come ad esempio l’episodio ideato da Paolo Sorrentino (“Viaggio al termine della notte”) giocato con le action figure di Papa Francesco e la Regina d’Inghilterra in luoghi creati nel salotto di casa Sorrentino, oppure come Lady Lj che cita il suo film “I Miserabili” regalando immagini interessanti e con una bella storia al centro.
Meglio ancora però è accaduto nella musica. Se è vero che gran parte del young pop degli ultimi anni è nato da Youtube e dalle camerette, in questi mesi si è avuto l’occasione di far tornare quei protagonisti sul “luogo del delitto” per vedere come è cambiato il loro modo di intendere e realizzare musica. È il caso della troppo spesso sottovalutata Charli XCX che con “How I’m feeling now” ha realizzato un ottimo disco pop, trasformando la cameretta in uno studio di registrazione aperto a tutti, grazie ai suoi canali social e alle sessioni con i musicisti trasmesse in streaming.
Ma questo è successo anche alla musica più colta: Ludovico Einaudi ha inciso un disco “12 songs from home” registrato da casa con il suo iPhone, mentre Brad Mehldau ha realizzato “Suite: April 2020”, una raccolta di 12 nuovi e ispirati brani di solo piano composti e suonati nella sua casa nei Paesi Bassi dove vive. Per chi invece ama il classic rock, segnaliamo una delle migliori prove di registrazioni casalinghe, eseguite dagli Elbow: il loro #Elbowrooms, che era il nome della rubrica periodica trasmessa in rete, con cui i membri della band che rivisitavano le loro canzoni separati nelle loro stanze, è diventato un disco che testimonia una delle migliori scritture del pop-rock inglese, rilette in una versione essenziale.
Lo stare a casa può essere una forte limitazione, che però permette di sviluppare ancora di più la creatività. È successo anche in pubblicità, solitamente legata a produzioni ricchissime e fastose. Se togliamo tutti quegli spot legati all’estetica Zoom con lo split screen e salotti con brutte librerie, ci sono stati una serie di case che fanno ben sperare per uno sviluppo della creatività pubblicitaria verso nuove direzioni.
Il primo è il caso di Honda (agenzia Ogilvy Dubai), il cui spot che parte come un canonico spot automotive con l’auto che sfreccia sulle note di Strauss, per poi alla fine scoprire che si tratta di un modellino girato nel salotto del direttore marketing. L’altro esempio nasce dall’Italia, ma si espande in 7 paesi differenti nelle case di 9 registi che hanno girato coinvolgendo delle loro famiglia creando un coinvolgimento e una vera intimità che il tema richiedeva, pur con un’estetica cinematografica. È l’idea della agenzia torinese Phoenix ADV che è riuscita a creare un lavoro corale per Pic Solution (spot in onda in questi giorni): la campagna si intitola “Come ti senti?” e affronta il tema universale della bellezza del prendersi cura degli altri.
Tutto questo per dire che la limitazione del luogo (e del budget) da una parte, e il comfort di lavorare da casa dall’altra, possono generare nuove soluzioni creative e un diverso punto di vista che inevitabilmente porteranno a valutare l’approccio dell’Homemade anche per il futuro, al di là delle contingenze (e siamo giunti al termine dell’articolo riuscendo anche a non scrivere né covid né lockdown).