Cibo tra le righeSe l’appetito vien mangiando, l’acquolina vien leggendo

Un viaggio nel cibo in letteratura, dalla Bibbia in avanti: cosa e come si mangia nei romanzi, come scrivono ricette i grandi scrittori, quali ristoranti propongono cene letterarie. Riassunto ragionato della gastronomia tra le pagine scritte

Nutrimento, rito sociale, piacere estetico, seduzione, memoria, manifestazione di potere. Il cibo ha assunto tante declinazioni quanti sono i casi delle umane vicende e non poteva che trovarsi anche nei libri che l’umanità raccontano. A partire dal piatto di lenticchie di Esaù nella Bibbia (o ancor prima dalla mela di Adamo ed Eva?) il cibo è penetrato nella letteratura. Per restarci.

“Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene se non si è mangiato bene” scriveva Virginia Woolf. Emily Dickinson si dilettava a fare il pane e la sua torta al cocco era apprezzatissima. Il nostro ingegner Gadda trasformava in racconto la preparazione del risotto alla milanese specificando anche quale casseruola utilizzare. Banana Yoshimoto ha intitolato un libro Kitchen e della cucina parla come del suo luogo preferito: “dove si fa da mangiare, io sto bene.” È il cuore caldo della casa, il nido a cui tornare, fucina di ricordi.

Ma quando esce dalla cucina il cibo sa farsi esibizione di potere. Si gozzoviglia a tavola con la famiglia Buddenbrook di Thomas Mann che dà un pranzo sontuoso per celebrare l’acquisto della nuova casa sulla più prestigiosa via di Lubecca. Per il Grande Gatsby la regola di un banchetto ben riuscito è stupire e tutti stupisce, anche se a una persona sola ogni sfarzo è destinato. Il principe del Gattopardo invece infrange senza remore ogni regola rifiutando di servire agli ospiti siciliani un forestiero potage, senz’altro chic ma di scarsa sostanza. Alla “brodaglia” preferisce un “torreggiante timballo di maccheroni” che suscita nei convitati tanta ammirazione quanto sollievo.

Di gusto mangia il commissario Maigret di Simenon, assiduo frequentatore della brasserie Dauphine dove ordina zuppa di cipolle e coq au vin. Non servono elaborati pranzi luculliani per raggiungere felicità del palato e appagamento estetico. Lo sa bene D’Annunzio che si lascia andare all’esaltazione di una modestissima frittata attribuendole l’aggettivo celeste. Al contrario deve rinunciare al piacere della gola la Natalia Ginzburg bambina di Lessico famigliare. Vietatissime caramelle e cioccolata “che rovinano i denti”, ammessi solo “gli smarren” introdotti da una cuoca tedesca, economici e non troppo golosi dunque regolarmente presenti in tavola.

Il cibo è infanzia e memoria sin dalla madeleine di Proust e abbonda in tutta la Recherche: Albertine va matta per il gelato, Odette per il cioccolato, un ruolo centrale ha la cuoca di zia Léonie, il ricevimento di Madame de Villeparisis e il pranzo della duchessa di Guermantes comportano un profluvio di dettagliatissime descrizioni. È memoria anche nelle Estasi culinarie di Muriel Barbery con il più celebre critico gastronomico del mondo che in punto di morte fruga tra i ricordi di una vita. Diverso effetto fa alla protagonista del romanzo di Aimée Bender, L’inconfondibile tristezza della torta al limone: mangiando assapora le emozioni di chi lo ha cucinato e ogni pietanza è spia di verità celate.

Rappresenta radici e identità per le sorelle persiane emigrate in Irlanda in Caffè Babilonia di Masha Mehran e per il giovane cuoco vietnamita nella Parigi degli anni 30 ne Il libro del sale di Monique Truong. È del tutto incapace di comunicare con le sue Mesdames (che sono Gertrude Stein e Alice B. Toklas) ma in grado di conquistare gli ospiti con le sue leccornie. La stessa Toklas sostiene che “i francesi mettono nel considerare l’importanza della buona cucina, lo stesso rispetto, impegno, intelligenza e interesse che riservano alle altre arti, alla pittura, alla letteratura e al teatro”. Lo scrive nel suo I biscotti di Baudeleire, in apparenza un libro di ricette, in realtà una raccolta di non meno gustosi aneddoti dal salotto di Gertrude Stein che riuniva intorno a sé scrittori e artisti della Parigi di inizio 900. Alice offre le sue opinioni su arte e cucina ma soprattutto ricorda i manicaretti preparati per gli amici, come il branzino di Picasso “con uova sode, tartufi ed erbe tritate” che strappa al pittore un’esclamazione di meraviglia. Picabia le passa la ricetta delle uova alla Francis, Cecil Beaton favorisce le mele glassate e Josephine Baker va pazza per la crema. E i biscotti di Baudelaire? Preparati con frutta, spezie e cannabis sativa. I suoi ospiti apprezzavano alquanto.

Il cibo è strumento di conoscenza di sé e relazione con gli altri per Maryline Desbiolles nel volumetto Qualcosa che non ho mai cucinato prima ma anche ne Il pranzo di Babette di Karen Blixen dov’è in grado di cancellare ogni discordia. La maga delle spezie di Chitra Divakaruni con il cibo cura corpo e anima mentre la giovane Ringo dal cuore in pezzi del romanzo Il ristorante dell’amore ritrovato di Ito Ogawa ripara le coppie nel suo ristorante con due soli coperti.

E come avrebbe potuto Joyce dar seguito all’interminabile flusso di coscienza di Leopold Bloom senza fornirgli adeguato nutrimento? La sua prima descrizione nell’Ulisse avviene mentre mangia. Entrano di diritto tra i pasti letterari leggendari la sostanziosa colazione del Giovane Holden quanto la frugale cena in osteria che Renzo offre a Tonio nei Promessi Sposi. Né meno iconica è la torta di mele con gelato in On The Road di Jack Kerouac, per il protagonista “praticamente l’unica cosa che mangiai per tutta la strada attraverso il Paese.” E come dimenticare lo strambo tè dal cappellaio matto in Alice nel Paese delle Meraviglie o gli spettacolari banchetti in Sala Grande a Hogwarts?

Ci si riunisce a tavola come rito sociale in Flaubert le cui pagine traboccano di zuppe, stufati e spumeggiante sidro. La sua Emma Bovary è golosa di vita come di cibo. Il pezzo forte è la torta nuziale, una pièce montèe che fa “gettare delle grida” per lo stupore guarnita com’è di statuette di stucco, stelle di carta dorata, mandorle, uva passa e spicchi d’arancia, pasta di savoiardi, laghi di marmellata, un amorino su un’altalena di cioccolata e rose fresche. Anche Herman Koch si serve del cibo come rito sociale per La cena. È intorno al tavolo di un ristorante di lusso che si consuma il dramma dell’ipocrisia borghese con due coppie impegnate a ciarlare di vacanze e film per aggirare l’argomento da affrontare, l’assenza di ogni morale nei propri figli. Il romanzo è scandito come un pasto, dall’Aperitivo al Digestivo, e si conclude con la Mancia.

Altri scrittori non si sono accontentati di descrivere il cibo in un romanzo. Come Alexandre Dumas, prodigioso mangiatore nonché autore di libri di ricette. Manuel Vázquez Montalbán, padre del detective Pepe Carvalho, non ha resistito alla tentazione di scrivere un trattato eno-gastronomico-sessuale con il titolo Ricette immorali. Un libro di ricette è anche Afrodita di Isabel Allende che unisce piacere culinario e piacere erotico e mette in tavola “racconti, ricette e altri afrodisiaci”. Cucinare e mangiare sono puro erotismo anche nei libri di Jorge Amado di cui la figlia Paloma riunì tutte le ricette nel volume La cucina di Bahia.

Di ricostruire celebri menu della letteratura si è occupato il fotografo Charles Roux nel libro Fictitious Feasts e nello stesso filone rientra Fictitious Dishes di Dinah Fried. Un gustoso racconto offre Menu letterari di Céline Girard tra stralci di romanzi e ricette da riprodurre, con un doppio esito: stuzzica la voglia di leggere al pari di quella di mangiare. Ripropone ricette letterarie il sito The Little Library Café, con un indice per ricetta e uno per libro. In Leggere a tavola è maleducazione si uniscono l’amore per la lettura e quello per la cucina partendo dagli autori che parlano di cibo, da Zola a Màrai, da Bellonci a Tolstoj, Coelho, Hesse. Con qualche chicca saporita come le note che Michelangelo lasciava alla sua cuoca con l’indicazione del vino da abbinare al pasto. Racconti gastronomici invece è un’antologia di 39 racconti a tema firmati tra gli altri da Roald Dahl, Piero Chiara, Guy de Maupassant e Katherine Mansfield.

Le ricette in letteratura sono talmente presenti che Il Leone Verde Edizioni ha ideato la collana Leggere è un Gusto. Ha in catalogo Piccole donne in cucina, i banchetti tutti intrighi di Shakespeare e le confessioni a tavola di Ippolito Nievo né mancano i più recenti ma non meno goduriosi appuntamenti con il Montalbano di Camilleri. Dalla collana è nata una serie di 10 cene letterarie in collaborazione con il bistrot Il Sorpasso di Genova. A Seregno si trova invece il bistrot Festina lente dove è possibile sia acquistare libri, non solo di cucina, che gustare un menu ispirato alla letteratura. Ci sono le Rose di Atacama in omaggio a Sepúlveda, le torte di Chocolat di Joanne Harris, gli Spaghetti alla fumo negli occhi ispirati a Carofiglio. Anche il ristorante Contrappunto a Collebeato, Brescia, organizza da ben 10 anni cene letterarie con il titolo Mangiarsi le parole.

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