Milano Straberry e il caporalato delle fragole milanesi

Un’azienda milanese che produce e vende con apecar frutti prodotti vicino alla città è accusata di caporalato. La realtà bucolica e lo storytelling che la mettevano al centro della narrazione del cibo sano, pulito e giusto crolla rovinosamente

Foto di planet_fox da Pixabay

La notizia è di quelle che rompono un incantesimo.

Straberry, società agricola che, a partire dal 2014, ha inaugurato un modello di business innovativo, basato su sostenibilità e vendita in modalità street, è sotto inchiesta per “caporalato”.

L’idea, produrre fragole a pochi chilometri da Milano, nell’area del Parco Sud, nel comune di Cassina ’de Pecchi è di Guglielmo Stagno d’Alcontres che, conclusi gli studi di Economia alla Bocconi di Milano, mette a frutto gli insegnamenti ricevuti avviando un’attività agricola, producendo fragole in serra, nei terreni di famiglia.

Obiettivo dichiarato fornire un frutto a chilometro zero, coltivato con metodi sostenibili, vendendolo direttamente in strada ai milanesi, con l’ausilio di folkloristici Apecar personalizzati. Successo immediato, premi e riconoscimenti, sviluppo dell’attività allargando la produzione fino a fornire importanti catene distributive, con un assortimento di prodotti sempre più ampio e occasioni di lavoro per tanti, perlopiù giovani immigrati dei centri d’accoglienza dei dintorni.

Tipica storia italiana, un successo imprenditoriale, basato su lavoro, creatività e buoni sentimenti.

Le cronache di questi giorni, però, aggiungono un risvolto amaro: Straberry è accusata di caporalato, con l’accusa di aver sfruttato i propri lavoratori con orari eccessivi, stipendi inadeguati, sanzioni e comportamenti fiscali inappropriati.

Le indagini faranno il loro corso e solo alla fine sapremo se l’incantesimo si trasformerà in sogno infranto.

Sicuramente, per molti, il risveglio è di quelli brutti e rischia di colpire un intero comparto, mettendo a repentaglio il lavoro di chi opera con tutti i crismi, magari evitando di affidarsi a una narrazione bucolica.

Non è la prima volta e purtroppo non sarà l’ultima.

Un insegnamento possiamo trarlo anche noi consumatori che ci definiamo evoluti, rispettosi dell’ambiente e dei diritti, forse è il caso di essere più attenti.

Come ama dire Carlin Petrini, fondatore di Slow Food: “mangiare è un atto politico”.

Bene, esercitiamo questa nostra prerogativa e non facciamoci condizionare da una bella storia, da un’idea accattivante, ma cerchiamo di approfondire e guardare con obiettività cosa offre il mercato, magari andando a scoprire chi veramente, e senza proclami, pensa al bene comune.

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