Mangiare con gli occhiOtto indirizzi a Milano dove il design diventa una voce del menu

Dall’aperitivo alla cena stellata passando per la pizza, ecco come saziare la voglia di qualcosa di buono e di bello. Perché come diceva lo scrittore José Manuel Fajardo, «il più bel successo in cucina è riuscire a riempire lo stomaco con l’immaginazione»

Atmosfere da gustare, con il palato e con gli occhi. Ristoranti e bistrò che aggiungono alla carta un ingrediente, il design, capace di farci stare bene. Perché la luce giusta sul tavolo, la sedia che ci accoglie, il tendaggio che insonorizza i rumori in sala aggiungono punteggio, regalano un tocco di charme, accendono tutti i nostri sensi. Senza la pretesa di esaustività abbiamo selezionato otto indirizzi milanesi, tra fresche novità e piacevoli conferme.

Oldani docet – Tra i primi a capire il valore aggiunto che il design può dare all’esperienza gastronomica è stato Davide Oldani. Nel restyling del D’O, affidato all’architetto Piero Lissoni e concluso nel 2016, c’è molto di suo. «Il design è il contenitore che valorizza il contenuto», ama ripetere Oldani che ha studiato, disegnato, supervisionato ogni dettaglio. Pensare gli oggetti gli viene facile, lo aveva già fatto anni fa con la posata Passepartout per KnIndustrie e con la mandolina per il tartufo Xfetta, realizzata da Ambrogio Sanelli su suo disegno. E poi il bicchiere dal profilo storto che si adatta alla forma del naso. Per realizzare le sedie del nuovo D’O, lo studio è stato abbastanza lungo: l’altezza della seduta è a 50 cm da terra, più alta del normale, perché in questo modo la digestione risulta facilitata. Si sta seduti come su piccoli troni e lo stomaco ringrazia. Si chiamano Accomod’o, sono realizzate da Riva 1920 in legno di olmo (omaggio al luogo dove sorge il ristorante, San Pietro all’Olmo, frazione di Cornaredo, una manciata di chilometri da Milano) e dotate di un ripiano che accoglie cellulare e occhiali, in modo che il tavolo risulti sempre sgombro da oggetti. Dettagli, come le sale del ristorante che si chiamano Tinello, Soggiorno, Veranda, Libreria, Studio, Cantina, disseminate di richiami al design – Marrone, Flos, Driade, Kartell, Agnona/Zegna, Lualdi – ma dall’eco così domestico, in perfetto stile homey. Per provare l’esperienza di sentirsi a casa Oldani.

Relooking Celestino – Altro indirizzo milanese, in bilico tra cibo e design, è 28 Posti, ristorante bistrot sui Navigli, il cui nome indica il numero di coperti disponibili. Durante il Fuorisalone lo chef Marco Ambrosino apre la cucina alla creatività dei designer che ogni anno, a turno, si cimentano in piatti realizzati a quattro mani. Qui contaminazione e sperimentazione sono di casa e gli arredi non fanno eccezione, basti pensare che il 28Posti prima maniera era arredato con tavoli e sedie costruiti dai detenuti del carcere di Bollate e autoproduzioni provenienti dalla baraccopoli di Mathare e dal laboratorio del ferro di Jua Kali di Nairobi. A sei anni dall’apertura, il 28 Posti sfoggia un poetico relooking affidato alla designer Cristina Celestino che ha ridisegnato i confini di questo piccolo tempio della cucina mediterranea: soffitto blu, a parete intonaco in terra cruda di Matteo Brioni intervallato dalla boiserie in cotto Giulio Romano, collezione Gonzaga di Fornace Brioni, e arredi perfettamente inseriti nella trama. Ai tavoli su disegno sono abbinate le sedute Fratina di Billiani, mentre l’illuminazione è affidata a sospensioni in lamiera microforata dell’azienda spagnola Arturo Alvarez. «L’identità del ristorante – spiega Celestino – è ormai consolidata e il mio progetto vuole volutamente essere in continuità con l’immaginario che i milanesi associano a 28 Posti. Il lavoro gioca sui concetti di autenticità, comfort, semplicità, origini e crea un parallelo tra gli interni del ristorante e la cucina dello chef Marco Ambrosino».

Cracco rétro – Il ristorante di Carlo Cracco, in Galleria Vittorio Emanuele II è un tripudio di specchi, bronzi, mosaici, un tuffo nella Milano sfarzosa e ottocentesca. Lo studio Peregalli, che ha concluso il restauro nel 2018, ha restituito alla città un locale articolato in vari piani, ciascuno con una diversa vocazione: ristorante, caffè pasticceria, cantina e salone privato per eventi. Si inizia dal Café al piano terra con il grande bancone-bar della fine dell’Ottocento, pareti in stucco, dipinte a mano con un motivo a damasco che ricorda i disegni di Fortuny e si arriva al primo piano dove si viene accolti da uno spazio decorato a boiserie sui toni del grigio-azzurro e da una carta da parati a grandi corolle floreali. Il ristorante, due sale affacciate sulla Galleria, custodisce preziose ceramiche di Lucio Fontana alle pareti e l’elegante mise en place, con piatti personalizzati da Richard Ginori. Nello scenografico Fumoir, invece, un bancone in mogano e zinco accoglie gli ospiti in perfetto stile Art Déco, tra pareti rivestite in filato metallico verde muschio.

Ogni piano ha la sua cucina ma tutte sono caratterizzate dal rivestimento d’autore: piastrelle “quattro volte curva” Progetto Triennale, disegnate nel 1960 da Gio Ponti e Alberto Rosselli per Marazzi. Sempre di Marazzi i rivestimenti dei bagni, in gres effetto marmo Allmarble, e dei locali tecnici, in gres effetto pietra Mystone Lavagna. Il secondo piano, cui si accede privatamente dal cortile affacciato su via Pellico, è riservato alle occasioni speciali: concepito come una scena teatrale, permette di creare ogni volta un ambiente su misura, grazie all’assenza di arredi fissi, fatta eccezione per il grande bancone del bar in marmo Levanto originale degli Anni Venti. Nel seminterrato la cantina, dalle pareti rosso lacca e la scaffalatura in legno d’abete, ospita oltre 2000 etichette e più di diecimila bottiglie. Ogni dettaglio è illuminato sapientemente: «Abbiamo utilizzato la luce in modo foto-grafico» spiega Davide Groppi, che da anni, con il progetto La luce nel piatto, indaga la complessa relazione che lega l’illuminazione alla ristorazione. Le luci di Groppi si ritrovano sui tavoli, sulle soglie, lungo i percorsi. I corpi illuminanti sono rarefatti, nascosti, remoti, salvo le lampade a batteria sui tavoli e i paralumi in seta alle pareti. Tutto è pensato con equilibrio, dosando le fonti dirette con quelle diffuse. «Quando progetto l’illuminazione di un ristorante, il mio modello di riferimento è Caravaggio. Nei suoi quadri la luce non è mai banale ed è sempre utilizzata in modo teatrale. È cinematografica, i personaggi sembrano che escano dal buio. Secondo la mia visione, il ristorante è teatro. Un’esperienza non solo enogastronomica, ma anche visiva, olfattiva, acustica».

Cortili da assaporare – Savona 18 Suites è un boutique hotel con bistrot aperto anche agli esterni per aperitivi e proposte à la carte sotto le stelle. Aldo Cibic racconta di aver voluto ricreare l’esperienza profondamente milanese di abitare in una casa di ringhiera: «Savona 18 è una grande casa, un posto intimo e accogliente nel centro di Milano. La lobby è un salotto raccolto, con tanti frutti diversi che stanno insieme; all’ingresso il bancone, che ricorda un mobile tibetano fuori scala, la panca gialla di piastrelle, insieme alla grafica delle pareti creano un effetto di caldo minimalismo». Gli arredi delle stanze e degli spazi comuni possono essere acquistati dagli ospiti. Il design degli interni, affidato a grandi firme del made in Italy – tra cui Bisazza, Roda, PaolaC e FontanaArte – diventa parte dell’esperienza, in un avvolgente mix tra galleria d’arte e salotto di casa.

Garden revolution – Altro cortile, altra esperienza di haute cuisine ad alto tasso artistico in pieno centro. Aperto nell’aprile 2018, Aimo e Nadia bistRo dallo scorso giugno sperimenta una nuova formula, “bistRo in cortile” nel cortile della Galleria Rossana Orlandi, meta obbligata degli appassionati di design non solo milanesi. La cucina è affidata al giovane e promettente chef Lorenzo Pesci, cresciuto nella brigata di Carlo Cracco. Il servizio, nell’inedita versione solo outdoor, è garantito a pranzo e a cena, da lunedì al sabato con ingresso da via Bandello 16, sempre in perfetta continuità con la vicina Galleria.

Oriente stellato – Progettato dall’architetto Maurizio Lai nel distretto di Porta Nuova con il contributo di Poliform Contract per arredi e materiali, Iyo Aalto regala un’immersione totale nell’alta cucina dell’estremo Oriente, unico ristorante giapponese in Italia premiato dalla guida Michelin con una stella. All’ingresso una bussola con lastre in vetro float e specchi fumé dilatano lo spazio e giocano con atmosfere rarefatte. Il dialogo tra forma e materia prosegue negli altri ambienti del ristorante: la grande cucina a vista racchiusa in una teca vetrata, vero cuore del ristorante, la cantina a parete e i due ambienti dedicati alle esperienze gastronomiche, il ristorante gastronomico e la saletta Sushi Banco, dove i piatti vengono preparati in tempo reale davanti ai clienti.

Apertivo con vista – Per un aperitivo con vista sulle torri delle archistar, Peck CityLife ha inaugurato da poco una raffinata area dehor firmata dallo studio Vudafieri-Saverino Partners: un etereo scrigno di vetro da cui ammirare il fermento di CityLife e la vista unica sui grattaceli della città. Il dehor, capace di farsi lanterna la sera e di aprirsi sulla piazza con la bella stagione, è arredato con tavoli Inox e poltrone Tribeca di Pedrali, proposti nelle tonalità del nero e del verde, in continuità con i colori iconici del ristorante. L’atmosfera casual e vivace si riflette nella nuova carta cocktail&food con tanti piatti da condividere, disponibili ogni giorno dalle 17 fino a tarda sera.

Sosta chic – Anche pizze e focacce hanno un indirizzo di design a Milano, in piazza XXV Aprile. Princi Café non è un ristorante, ma un locale poliedrico dove gustare prodotti da forno impeccabili, per una colazione o un aperitivo. Gli ambienti sono firmati dallo studio Antonio Citterio Patricia Viel Interiors. «La cucina a vista funziona quasi come una sala educativa che insegna la preparazione del cibo in modo stimolante» spiegano i progettisti. Il bancone viene ridisegnato come un immenso tavolo lungo 10 metri, integrato con vari tipi di tavoli che raggiungono le aree di seduta all’aperto e accompagnato da poltrone e sgabelli Feel Good di Flexform, rivestiti in pelle testa di moro. I materiali sono lasciati allo stato naturale senza alcuna finitura artificiale – pietre di basalto per le pareti, legno brunito per i pavimenti e superfici segate per i tavoli – mentre il progetto illuminotecnico di Metis Lighting lascia in penombra gli interni, un’esperienza gastronomica da fare quasi a occhi chiusi.

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