Gentile Direttore,
ho letto la lettera che Striscialanotizia mi ha inviato tramite il Suo giornale. Uso lo stesso tramite per rispondere.
Mi sembra un po’ troppo serioso il commento della redazione di questa storica e vitale trasmissione satirica alla lettura di una piccola anticipazione di “Servirsi del popolo”, la mia ricerca sulle origini e i caratteri del populismo italiano, pubblicato da La Nave di Teseo in questi giorni.
Se qualcuno avrà la pazienza di leggere tutto il libro, vedrà che questo lavoro – che non fa alcuno sconto alle responsabilità della sinistra – è animato da una volontà di comprendere, e non di demonizzare, le ragioni per cui l’Italia è diventata uno dei paesi più populisti dell’Occidente. Non spetta a me, certamente, dire se ci sono riuscito.
Ho raccontato i fatti dell’ultimo trentennio, e i giudizi che molti studiosi hanno dato su di essi. Fra questi giudizi segnalo quello dello storico Miguel Gotor (“L’Italia del Novecento”, Einaudi 2019) che documenta come la tv e alcune trasmissioni in particolare abbiano contribuito a creare il sentimento anti-casta e antipolitico che è all’origine di ogni populismo.
Non solo conosco l’ironia e i detournements di Striscia, ma apprezzo alcuni dei suoi simpaticissimi conduttori. Quello che io racconto è che la tv, sia nelle sue forme satiriche che in quelle giornalistiche, ha per decenni lisciato il pelo al Popolo -come se fosse un’entità pura e assoluta – contro tutto ciò che si trova più in alto. Ha eccitato sentimenti di invidia sociale e di rancore verso le ingiustizie.
Non si tratta di un giudizio denigratorio, perché, come racconto, la responsabilità fondamentale del sentimento populista è della stessa politica, della sua incapacità ad aprirsi e a innovarsi, sempre più indifferente ai valori e ai fondamenti morali. Ma c’è anche una responsabilità della televisione, che ha assunto, a partire da chi l’ha concretamente fatta, come paradigma dominante l’antipolitica.
Quanto al fatto che non cito Michele Santoro, perché è di sinistra, voglio far osservare che cito quelli che oggi sono sulla scena – come Giovanni Floris o Corrado Formigli – che non mi sembra siano da considerare di destra. Il genere televisivo antipolitico è andato per la maggiore, da sinistra a destra, negli ultimi decenni, ha contribuito a lanciare nuovi leader, veri o presunti tali, e a coltivare umori profondi della pancia del Paese.
Confesso che non ho letto “Me tapiro” di Antonio Ricci. La capacità di «aizzare le curve» – come voi sostenete – mi sembra tuttavia largamente applicabile a tanti altri anchorman (e a qualche anchorwoman) della tv pubblica e di quella privata e anche, pur col sorriso beffardo, a molti servizi di Striscialanotizia.