Questo articolo è dedicato ai volenterosi complici dei populisti, quelli che da settimane ci spiegano senza che gli scappi da ridere che i barbari sono stati romanizzati, anzi europeizzati. A quelli che maramaldeggiano dopo aver contribuito a mutilare il Parlamento con una consultazione referendaria ispirata al lancio delle monetine su Bettino Craxi al Raphael, ultima tappa di un processo cominciato nel 1993 con l’abolizione delle guarentigie costituzionali dei deputati e dei senatori.
Questo articolo, insomma, è dedicato ai fellow traveller che con la faccia di chi la sa lunga, ma pur sempre di tolla, e con linguaggio forbito da ztl, mica da periferia, adesso prevedono una grande e bellissima stagione di riforme, proprio grazie al patibolo referendario.
Luigi Di Maio ha subito esplicitato il contenuto delle riforme prossime venture, svelto come è stato a sventolare lo scalpo dei politici e a rilanciare il vero obiettivo dell’intera esperienza cinquestellista che non è solo quello del taglio dei parlamentari, ma anche quello della riduzione dell’autonomia dei superstiti.
Ora, infine, è arrivato il decisivo contributo programmatico di Beppe Grillo, invitato dal presidente David Sassoli, uno che credevamo fosse una persona seria, assieme al ciarlatano dell’economia blu Gunter Pauli, a discutere di «idee per un nuovo mondo».
Eccole, le idee per il nuovo mondo. Eccole, le riforme proposte da Beppe Grillo ai baluba del Sì: «Non credo più assolutamente nella rappresentanza parlamentare ma credo nella democrazia diretta attraverso il referendum».
E, per essere ancora più chiaro, il comico ha tessuto l’elogio della piattaforma Rousseau, il grottesco software del webmaster Casaleggio, dove, ha detto Grillo estasiato, «un cittadino può votare, dire sì o no, ma può anche consigliare. Si può fare un referendum alla settimana».
Com’era facilmente prevedibile, la campagna eversiva dei grillini per superare la democrazia rappresentativa, cioè la democrazia senza aggettivi, ha acquisito un grande slancio col plebiscito punitivo nei confronti della politica e dei parlamentari. Lo sapevano quelli del No e lo sapevano i leader populisti che hanno fatto fessi i loro volenterosi complici.