Appesi agli Stati Generali del M5SCovid e Mes, verifica di governo dopo il 9 novembre

Goffredo Bettini al Corriere: «Ora un compromesso alto per fermare le imboscate». Il premier Conte cede alla richiesta di un confronto di maggioranza, arrivata prima da Renzi e poi sostenuta da Zingaretti. Circola di nuovo lo spettro del rimpasto

Francisco Seco / POOL / AFP

La verifica di governo ci sarà e riguarderà anche il Mes. Ma solo «dopo gli Stati generali del Movimento Cinque Stelle», cioè dopo il 9 novembre. Vale a dire in piena sessione di bilancio e con la seconda ondata da Covid-19 in corso. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla fine ha ceduto alla richiesta arrivata prima da Matteo Renzi e poi sostenuta anche da Nicola Zingaretti.

Lo scontento del segretario Dem dopo il «no» di Conte sul Mes nella conferenza stampa di domenica sera ha portato prima a una telefonata di chiarimento e poi alla convocazione di un’altro punto stampa. Ufficialmente per illustrare la manovra con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, esponente di primo piano del Pd. Ma in realtà per chiarire la posizione del premier sul Fondo Salva Stati.

«Credo che un tema come il Mes vada affrontato nelle sedi opportune e non con una battuta in conferenza stampa, perché questo porta uno strascico di polemiche che non è in sintonia con la volontà che abbiamo di dare punti fermi agli italiani», aveva detto Zingaretti. Le critiche erano arrivate da Renzi a Delrio. A Gualtieri è toccato smussare la posizione. «La linea di credito pandemica offre supporto senza condizioni, a parte il vincolo di usare le risorse in ambito sanitario», ha detto. «Per l’Italia significherebbe una finanziamento di 6 miliardi al mese per sei mesi a un tasso intorno allo zero, con un risparmio in termini di interessi stimato in 300 milioni l’anno in dieci anni». Ma non sono contributi a fondo perduto: è «un prestito immaginato per i Paesi che siano in difficoltà a reperire finanziamenti sui mercati». E pur ammettendo di essere «da sempre favorevole», Gualtieri ha comunque offerto una sponda al premier: «L’Italia non è in deficit di liquidità. Ci sarà un dibattito per capire se è utile disporre di 300 milioni in più in bilancio essendo l’unico Paese a chiederlo».

È un gioco di equilibrismi, che porta poi Conte a promettere un «patto di fine legislatura». Un appuntamento per «ridare linfa all’azione di governo». Ma non prima degli Stati generali del Movimento Cinque Stelle, previsti per il 7 e 8 novembre, che non sarà possibile tenere in presenza causa Covid. «È giusto offrire prima al M5S la possibilità di definire questo passaggio», dice Conte. A meno che i grillini, che puntano così a risolvere la loro crisi interna, non vogliano anticipare l’appuntamento. L’ipotesi non è esclusa.

Goffredo Bettini, consigliere di Zingaretti, sul Corriere della sera chiede una intesa trasparente fino al 2023, un «compromesso alto per fermare le imboscate».

Ma è bastato l’annuncio di una verifica di governo per vedere circolare con insistenza l’ipotesi di un rimpasto. Zingaretti vorrebbe fissare un programma in 10-20 punti per i prossimi tre anni. Alcuni temi uniscono Pd e Movimento Cinque Stelle, altri invece li dividono aspramente, dal Mes allo ius soli. E poi c’è da stilare i progetti sul Recovery Fund. Continuare così – è il ragionamento del segretario Dem – rischia di sfibrare la maggioranza. Ma nessuno parla apertamente di una ipotesi di rimpasto.

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