Grand Hotel Di MarzioIl calciomercato è il luogo delle stravaganze più improbabili

Il giornalista di Sky, punto di riferimento per ogni trasferimento di un giocatore, ha pubblicato un libro in cui racconta storie, aneddoti e ricordi del mondo del pallone: trattative sfumate per visioni celestiali, scaramanzie assurde che fanno saltare accordi praticamente chiusi e giocatori che cambiano idea all’ultimo rovinando i piani dei club

MARCO BERTORELLO / AFP

L’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini, numero uno nerazzurro dal 1984 al 1995, aveva un’abitudine insolita al momento di chiudere le trattative di calciomercato. Invitava i giocatori per un pranzo informale a casa sua, per scambiare quattro chiacchiere prima della firma e dell’ufficialità. Alla fine dell’incontro faceva firmare loro un biglietto d’auguri per la figlia.

Un gesto così semplice che probabilmente nessuno ha mai rifiutato: non potevano sapere che quella firma sarebbe stata sottoposta a una prova grafologica, studiata e analizzata dalla moglie del presidente. E se la grafia non veniva ritenuta bella o accettabile da lei allora l’affare saltava. Poteva essere un’operazione costruita in mesi di trattative. Saltava ugualmente.

Questo aneddoto di un calcio ormai passato è stato raccontato a Linkiesta da Gianluca Di Marzio, volto del calciomercato in tutta Italia da diversi anni. Di Marzio ha descritto vicende come quella dell’ex patron nerazzurro nel suo “Grand Hotel Calciomercato”, libro appena pubblicato (Cairo Editore), in cui ha voluto raccontare i dei retroscena e le storie più interessanti del calciomercato.

Il libro esce proprio al tramonto di una delle sessioni di mercato più singolari degli ultimi anni – si chiude ufficialmente lunedì 5 ottobre -, che Linkiesta aveva raccontato non molto tempo fa: la compravendita dei calciatori segue l’economia reale, a crisi corrisponde crisi, e quest’anno solo un piccolissimo gruppo di club aveva liquidità da investire, tutti gli altri si sono arrangiati con prestiti, scambi e soluzioni alternative di ogni tipo.

Il calciomercato però ha sempre vissuto di colpi a sorpresa, di stravaganze, consuetudini assurde, un po’ come quella dell’ex patron dell’Inter. “Grand Hotel Calciomercato” è stato scritto «mettendo insieme testimonianze, ricordi, confidenze di personaggi del mondo del calcio che conosco e altri che magari non conoscevo e che ho rintracciato: a loro ho chiesto uno sforzo per ricordare le cose più particolari», dice Di Marzio.

Ci sono episodi singolari come quello del trasferimento di Berbatov in Italia, poi sfumato: doveva fare le visite mediche a Firenze, poi allo scalo di Monaco di Baviera invece sembrava dovesse finire alla Juventus, alla fine scelse di tornare in Inghilterra per giocare al Fulham.

«Alcune trattative sono saltate perché i giocatori la mattina dopo le visite mediche si sono svegliati e hanno chiamato i procuratori dicendo che avevano visto Dio in sogno e gli aveva detto di non andare in quella città, di non firmare per quella squadra. Insomma, non volevo scrivere un’enciclopedia: ho cercato l’originalità di storie, personaggi, luoghi», spiega l’autore.

Un altro caso limite sono le scaramanzie di Massimo Cellino, ex presidente del Cagliari, ora alla guida del Brescia, di cui si dice che non acquisti giocatori nati il giorno 17 del mese o che indossano qualcosa di viola il giorno delle trattative.

«Quel che sorprende – dice Di Marzio – è che personaggi e società che muovono milioni di euro e devono dar conto a milioni di tifosi possano permettersi di ragionare secondo criteri così arbitrari. Ci sono dinamiche assurde che dovevano essere raccontate».

Raccogliere voci, testimonianze e racconti è stato possibile anche grazie alle relazioni che il giornalista ha costruito con i diretti interessati in tanti anni di carriera, spesi a contatto con gli esponenti di tutta la piramide del calcio italiano, dalla base fino ai vertici. «La controprova di tutto questo – spiega – l’ho avuta il giorno della presentazione del libro, quando ho riunito dirigenti di Inter, Juventus, Verona, Spezia, Torino, Sassuolo, c’era mezza Serie A».

Avere un rapporto diretto con dirigenti di club, intermediari delle trattative, agenti dei calciatori, è il pane quotidiano per un giornalista specializzato nel calciomercato. In Italia sembra scontato, ma non è così ovunque. Nel mondo anglosassone c’è maggior distacco, dice Di Marzio: «In Inghilterra, ad esempio, i colleghi di Sky Sport Uk sono abituati a parlare di calciomercato quando il giocatore ha già superato le visite mediche e sta per firmare. Da noi sarebbe una notizia già vecchia, perché diamo un valore diverso all’indiscrezione, al momento in cui il giocatore arriva in aeroporto, alle visite mediche, alle strette di mano preliminari».

Su questo però Di Marzio non ha molti dubbi: è una distanza culturale che si sta riducendo poco alla volta, «e che può dipendere tanto dagli interessi del pubblico quanto dalla presenza qui in Italia di giornalisti “impallinati” come noi che già anni fa avevano voglia di passare le loro giornate a seguire i giocatori, i procuratori, i direttori sportivi. Anche a creare un rapporto di fiducia con i diretti interessati».

Ma non solo. In Italia il calciomercato è spettacolarizzato da molti anni, in qualche modo: a partire dalle previsioni del compianto Maurizio Mosca con il pendolino. Da qualche anno Sky ha costruito un modello televisivamente ancora più efficace, lo si legge nei risultati: oltre 160mila spettatori di media a puntata nelle prime settimane di questa 17esima edizione della trasmissione “Calciomercato – L’originale”.

«Penso che abbiamo creato un format leggero spiritoso, divertente, senza prenderci troppo sul serio. Che in un certo senso era una scelta obbligata perché anche Sky Sport 24 parla di mercato, e lo fa tutto il giorno. Allora noi dovevamo inventarci qualcosa di diverso, e non è facile trovare qualcosa di originale ogni anno: una sigla nuova o uno studio diverso per ogni sessione di mercato. Di recente parlando con un produttore televisivo mi ha detto che ci paragonava a un “Quelli della notte” sportivo», dice Di Marzio.

La capacità di rinnovarsi è quella che ha contribuito a costruire un mondo dietro le trattative, concluse o sfumate all’ultimo, del calciomercato. Un mondo che Di Marzio aveva imparato a conoscere anche prima di fare il giornalista: «Quando ho iniziato – racconta – accompagnavo Martina Maestri al Quark Hotel di via Lampedusa, ero un pivellino, ero lì per farle da supporto. Ma dopo due giorni mi disse “qui ti salutano tutti, hai i contatti, ti danno le notizie, dovresti farlo tu, parlerò con il direttore”. E da lì poi mi sono specializzato».

Prima di quel momento, infatti, c’erano già dei trascorsi nel mondo del calcio, seppur indiretti, grazie al padre: Gianni Di Marzio è stato allenatore ed è stato protagonista anche in Serie A sulle panchine di Catanzaro, Napoli e Catania. «Sono cresciuto a pane e calcio, ovviamente, ma quando lui era allenatore io ero piccolo. Nella seconda parte della carriera lui ha fatto il direttore sportivo per qualche anno, tra Cosenza e Venezia, e mi portava con sé negli alberghi quando faceva le trattative. Entravo nel box mentre parlava con i procuratori, con i giocatori. Lì ho iniziato a vedere queste dinamiche da vicino, e sono cose che non tutti possono conoscere».

Il ruolo di direttore sportivo era e rimane ancora oggi un sogno, per Gianluca Di Marzio: «Non tanto per testare la mia capacità dall’altro lato della barricata, ma per l’idea di poter interagire con allenatore, presidente, tifosi, giornalisti, gestire diverse relazioni interpersonali, capire come comportarmi a livello di comunicazione. Diciamo mi piacerebbe andare oltre le partite a Football Manager, che faccio spesso, ma anche stare veramente dall’altra parte».

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