«È illusorio parlare di un vaccino entro Natale, ci vorrà un anno per immunizzare tutti». A dirlo è Guido Rasi, direttore dell’Ema, l’agenzia europea dei medicinali, in un’intervista a Repubblica. «I politici che si lanciano in previsioni confondono l’opinione pubblica: più utile stilare un piano per farsi trovare pronti». Con ogni probabilità, spiega Rasi, il vaccino contro il Covid arriverà tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Ma per una vaccinazione diffusa e per vedere i primi effetti sulla pandemia bisognerà aspettare l’estate, mentre si potrà tornare a una vita normale a fine 2021.
Ma «se i governi non preparano subito piani per la vaccinazione rischiamo di rallentare il processo di 4-5 mesi e di pagare l’inazione, così come oggi scontiamo alcuni errori del recente passato», dice il direttore dell’Ema, l’agenzia che dovrà dare il via libera alla commercializzazione del farmaco in Europa.
Davanti all’ipotesi avanzata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte di un vaccino entro Natale, Rasi risponde: «Tecnicamente è ancora possibile, ma è estremamente difficile se non improbabile. Le case farmaceutiche non ci hanno ancora presentato i dati clinici delle sperimentazioni e praticamente siamo a novembre».
Se tutto andrà liscio, «potremo autorizzare i primi vaccini tra gennaio e febbraio. Ne abbiamo tre che hanno completato o stanno per completare la terza fase della sperimentazione: Moderna, AstraZeneca e Pfizer. Ora devono analizzare i dati e compattarli. Se entro fine novembre ci manderanno informazioni chiare e inequivocabili, potremo farcela appunto tra fine gennaio e inizio febbraio».
Le prime dosi potrebbero andare subito alle categorie a rischio. Ed «entro l’estate inizieremo ad avere abbastanza vaccinati per vedere gli effetti sulla pandemia». Ma per «vaccinare 400 milioni di persone servono 500-600 milioni di dosi e averle entro la fine del prossimo anno non sarà possibile». E la velocità dipenderà «dall’efficienza dei vaccini, dalla bontà dei piani vaccinali dei governi, da quelli per la comunicazione mirata a convincere le persone a vaccinarsi e dal monitoraggio per tarare le strategie vaccinali e aumentarne l’efficacia».
«Sono molto preoccupato», dice Rasi, «perché non vedo preparare i piani nazionali per la distribuzione. Capiremo solo a ridosso dell’autorizzazione l’efficienza percentuale di ciascun vaccino, centrale per tarare la strategia. Sapremo all’ultimo se saranno approvati vaccini che prevengono la trasmissione del virus o la malattia, e dunque se avremo o meno asintomatici che potranno ancora trasmettere il Covid. Così come sapremo solo dopo 4-6 mesi la durata reale dell’immunità. I piani nazionali servono proprio per rispondere rapidamente a queste variabili e perché siano efficaci vanno preparati subito». Per cui «autorizzare il vaccino 15 giorni prima non serve a nulla se poi perdi 4-5 mesi nella campagna di vaccinazione perché non l’hai allestita bene. I politici che si lanciano in previsioni confondono l’opinione pubblica: più utile stilare un piano per farsi trovare pronti. Inoltre bisogna lavorare sulla comunicazione per spiegare alle persone che il vaccino è sicuro, che non è una panacea ma l’inizio della fine della pandemia e dunque per diversi mesi dovremo continuare con distanziamento e mascherine».
Quando torneremo quindi a un’esistenza normale? «Sicuramente a fine 2021 avremo una vita molto più gestibile: potremmo arrivare a sconfiggere del tutto il Sars-Cov2 con un’immunità di massa oppure le sue mutazioni potrebbero renderlo simile alla normale influenza, con la necessità di preparare un vaccino all’anno».