A sinistraIl progetto di Zingaretti per trasformare il Pd nel primo partito italiano

Il segretario Dem: «Ripristinare il bipolarismo con sistema proporzionale e sbarramento al 5%: quella soglia spinge al voto utile, e noi possiamo diventare il perno di ogni possibile maggioranza anti-sovranisti»

Andreas SOLARO / AFP

«Resterò governatore fino al 2023». A dirlo è il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti in un colloquio con il Corriere della sera. Una lunga marcia per i prossimi anni, con un progetto: «Ripristinare il bipolarismo con sistema proporzionale e sbarramento al 5%: quella soglia spinge al voto utile, e noi possiamo diventare il primo partito italiano, il perno di ogni possibile maggioranza anti-sovranisti».

«Ho girato 140 piazze elettorali quando nessuno della maggioranza ci metteva la faccia», dice Zingaretti. «Con i nostri voti abbiamo fatto una trasfusione di sangue al governo. Adesso non vorrei che si approfittasse della ritrovata stabilità per prendersela comoda. Possibile che stiamo ancora a perdere tempo sul Mes? Voglio dirlo chiaro: l’obiettivo su cui si gioca quest’alleanza di governo non è più l’elezione del prossimo capo dello Stato, come si poteva ancora immaginare a gennaio, ma il Recovery plan e la ricostruzione del Paese».

Secondo Zingarettu, lo sbarramento al 5% starebbe bene anche a Matteo Renzi. E farebbe comodo anche al Pd. «Per me vincere le prossime elezioni politiche vuol dire tenere i sovranisti sotto il 50%. Il resto mi va bene tutto», dice.

C’è però in mezzo un turno elettorale importante a Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Il problema, soprattutto a Roma, è trovare un candidato Pd. Ma negli ultimi giorni c’è stato il fuggi fuggi di molti nomi. E per il momento, si va alle primarie dei «sette nani».

«Non è una mia battuta — dice Zingaretti — e anzi le convocherò e si faranno». C’è una certa apprensione per le mosse di Carlo Calenda. Si candiderebbe al Campidoglio fuori da un’alleanza di centrosinistra anche a rischio di favorire il passaggio al secondo turno della Raggi? «Di quello che fanno gli altri non mi impiccio», risponde Zingaretti. «Voglio dire però che su una cosa ho avuto di sicuro ragione: al Congresso avevo detto che i Cinquestelle non sono la stessa cosa della Lega. Sono nostri competitori, certo. Ma il governo che abbiamo fatto insieme ha ribaltato i rapporti dell’Italia con l’Europa. Ora siamo ascoltati, c’è fiducia in noi, anche per il modo in cui abbiamo fronteggiato l’epidemia. È un capitale decisivo per l’Italia. E l’abbiamo messo in banca noi».

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