Una settimana, dieci giorni al massimo. È il tempo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si sarebbe dato per decidere su una ulteriore stretta anti-Covid. Se entro una settimana non si vedranno gli effetti positivi dei provvedimenti già presi, il governo potrebbe vedersi costretto a imporre il coprifuoco in tutta Italia con un nuovo dpcm, o peggio consentire l’uscita soltanto per andare a scuola o al lavoro, limitando al massimo le «attività non essenziali».
L’incontro con le Regioni per concordare altre chiusure è fissato per oggi. A catena, nelle giunte regionali si studiano nuovi coprifuoco serali. Conte resta contrario a un lockdown nazionale, mentre il ministro della Salute Roberto Speranza continua a non escludere la possibilità di un «reset», magari solo di due settimane, per dare fiato alle corsie degli ospedali.
Bisognerà valutare la curva dei dati, e poi agire di conseguenza: questo è il ragionamento. Il primo bilancio sugli effetti dell’obbligo delle mascherine e delle misure imposte su bar e ristoranti è atteso entro la prima settimana di novembre. Ma già nei prossimi giorni dovrebbe arrivare un nuovo provvedimento ancora più restrittivo.
L’ipotesi, se (come si teme) la curva non dovesse appiattirsi, è di un semi-lockdown o un lockdown più morbido di quello di marzo, ristretto nel tempo, che tenga il più possibile le persone a casa. Tra le ipotesi sul tavolo c’è il coprifuoco in tutta Italia alle ore 21. Una misura estrema, che Conte aveva inizialmente respinto, anche perché comporterebbe la chiusura di bar e ristoranti.
Ma i numeri alti dei contagi in arrivo dagli altri Stati europei, tra Francia e Germania, spaventano perché lasciano intravedere quello che potrebbe succedere anche in Italia senza misure immediate più rigide.
Intanto, seppur ritardo, si cerca di rafforzare il sistema sanitario. Dopo tante resistenze, è quasi certo l’accordo che metterebbe i medici di base, «su adesione volontaria», in condizione di somministrare i test rapidi. E si lavora anche a un bando per selezionare duemila operatori che effettueranno test e tamponi e informeranno gli italiani sulle procedure.
Resta da capire come coordinare le diverse ordinanze approvate dalle regioni. In alcune regioni i centri commerciali sono aperti nel fine settimana, in altre devono restare chiusi. C’è chi obbliga al rientro a casa alle 23, chi alle 24, chi ha limiti di orario. E in questa Babele di regole, c’è il rischio che i cittadini varchino i confini regionali, tanto che non è escluso che già venerdì i governatori concordino limitazioni agli spostamenti.
Intanto, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese in un’intervista al Corriere dice che il Viminale è pronto a fornire ai sindaci un numero maggiore di agenti delle forze dell’ordine per far rispettare i divieti. E sul probabile lockdown dice: «Stiamo facendo e faremo di tutto per evitarlo. Divieti e chiusure limitate sono necessari proprio per prevenire situazioni e restrizioni peggiori, perciò i controlli devono essere rigorosi».