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A terraComparto aereo in crisi: le idee per ripartire nel nome della sostenibilità

La pandemia ha messo in crisi le compagnie aeree di tutto il mondo, con perdite che in parte il sostegno statale sta provando a tamponare. Con il virus, però, sono esplose problematiche che erano già note nel settore. E la riduzione dei viaggi per lavoro e affari non aiuterà il recupero

(Pixabay)

Il mercato del trasporto aereo è a terra. Quasi letteralmente. Non si vola più e il rischio è che quando l’emergenza Covid sarà sotto controllo non ci saranno più le compagnie aeree. Almeno non come ce le ricordavamo. «La situazione adesso è molto grave rispetto ai settori terrestri, dove c’è maggiore componente nazionale. Il rischio evidente è di ritornare a prezzi molto alti, perché in caso di mortalità di molte aziende, quelle che restano avranno un maggiore potere di mercato. Ed essendo in un contesto economico molto debole con scarse possibilità di inversione di rotta a breve, è difficile aspettarsi l’ingresso di operatori con dimensioni tali da mettere in discussione la posizione dei sopravvissuti», mette subito in chiaro Paolo Beria, professore di Economia e Pianificazione dei Trasporti al Politecnico di Milano.

A pesare è senza dubbio la riduzione del traffico che ha toccato punte del -90% nei mesi più duri della pandemia e, nonostante una ripresa estiva, punta a chiudere il 2020 con una riduzione del -66% dei passeggeri rispetto allo scorso anno. Un peso per la voce ricavi che, nei primi sei mesi dell’anno, ha chiuso al -80% mettendo in crisi le casse delle compagnie aeree. Queste ultime, per rimanere a galla, si sono appoggiate alle istituzioni da cui hanno già ricevuto 160 miliardi di dollari d’aiuti a fronte di un buco di circa 13 miliardi al mese. Basterà?

«Il tema economico è stato molto duro. Non sappiamo come ne usciremo. Il settore è da sempre molto sensibile alle crisi economiche», risponde Beria. In particolare, il comparto più colpito dalla pandemia sarà quello del trasporto a lunga percorrenza: «Se, al netto delle nostre capacità economiche, sono convinto che torneremo a volare per turismo, piacere e motivi personali, sarà più difficile farlo per affari. Questo non per la crisi economica in sé, ma perché abbiamo scoperto che si possono fare i meeting online. Insomma, siamo di fronte a una doppia sfida: sopravvivenza delle compagnie all’interno del mercato aereo e cambiamento dello stesso da qui in avanti», conclude Beria.

Di fatto, come riportato in un lungo articolo apparso sul The Guardian, la sfida era già cominciata da qualche anno e da sempre tiene insieme efficienza e sostenibilità. Dal modello di business hub&spoke (che prevede la divisione del viaggio in più tappe) al tipo di velivolo utilizzato; dall’altitudine di volo al costo del petrolio; dal sistema di ticketing (stravolto dall’avvento degli aggregatori online) alla dinamica dei prezzi (sconvolta dall’avvento delle low cost, ora obbligate dall’Antitrust a prevedere anche il rimborso e non solo il voucher in caso di mancata partenza causa Covid), alla fine, i nodi sono giunti al pettine.

E ora il settore rischia di perdere potenzialmente, considerato tutto l’indotto, quasi 46 milioni di occupati e mandare in fumo un valore di 1,8 trilioni di dollari. Per tutti, infatti, il ritorno a livelli pre-pandemici arriverà solo dopo il 2022-23. Una data in cui i velivoli con la livrea tricolore di Alitalia potrebbero viaggiare da compagnia di bandiera. Le fasi per una nuova versione dell’azienda sono ormai avanzate: c’è la newco (TAI, Trasporti Aerei Italiani), ci sono i dirigenti (Francesco Caio e Fabio Lazzerini) ma manca il piano industriale, che dovrebbe però prevedere una flotta di 90 aerei e 6.500 dipendenti.

Che possibilità, quindi, nel mercato che verrà? «Sfortunatamente nessuna. Se rischiano di non farcela le low cost e se compagnie ben più strutturate pre-Covid come Lufthansa, KLM, ecc. sono in difficoltà, che spazio potrebbe esserci per Alitalia? Nonostante i miliardi investiti dallo Stato, la compagnia manterrà una quota microscopica, senza una politica di alleanze stabile e con un mercato domestico azzoppato dalla crisi e già presidiato dalle low cost. Inoltre, assodato che molto del valore dell’indotto dipende dal numero di passeggeri piuttosto che dal nome della compagnia aerea, la domanda si rialloca sui player disponibili, sostenibili», puntualizza Beria.

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