Quando voglio farmi coraggio, cerco di ricordare più o meno a memoria ciò che disse Quentin Tarantino all’uscita del suo primo film Reservoir Dogs (Le iene). A chi sottolineava i limiti di un linguaggio eccessivo, barocco, condito da sparatorie e dialoghi logorroici, il regista americano rispondeva all’incirca così: «se non faccio quel che mi pare ora che il mio film lo guardano in pochi irriducibili fan, avrò tempo eventualmente dopo per adattarmi a qualche compromesso». In una sola parola: oso.
Stesso discorso si può applicare per certa editoria indipendente, augurandole lo stesso successo. Nessuna aspirazione a diventare best seller o conquistare l’interesse delle masse ancora sedotte dai passaggi televisivi e da argomenti di grosso taglio. Tanto vale sperimentare crocianamente unendo il livello dei contenuti alla qualità della forma, perché non ci potrà mai essere libro abbastanza buono che non sia sufficientemente bello.
Soprattutto quando si parla di arte – di cultura visiva in generale – chi ama il genere comincia a verificare la qualità del volume, porosità e grammatura della carta, impostazione grafica, chiarezza, leggibilità, resa delle immagini. Il resto verrà dopo, se il libro non passa questo esame difficile si cominci a leggerlo. Se poi l’argomento è il design, un’attenzione particolare alla cura diventa obbligatoria, in particolare quando l’ambito di ricerca supera il prodotto massificato per dedicarsi invece alla scoperta di nuove figure di innovatori creativi. Un bel libro in tal caso è davvero obbligatorio.
Nero Editions, specializzata nell’arte contemporanea e da alcuni anni attiva nella saggistica “alternativa” – va a riempire il vuoto lasciato da Derive Approdi e dal primo Castelvecchi, avendo tra l’altro pubblicato per prima in Italia i saggi di Mark Fisher – lancia il nuovo progetto sul giovane design d’autore, una pratica che confina e volutamente si confonde proprio con l’arte. L’idea nasce da Barbara Brondi e Marco Rainò, fondatori di BRH+, uno studio torinese che alterna la progettazione per così dire “classica” all’invasione di campo verso pratiche multidisciplinari: il design come teoria, immaginazione, creazione e infine editoria.
Oltre dieci anni fa Brondi e Rainò diedero vita al progetto In Residence che, tra il seminario e il laboratorio culturale, ha coinvolto ormai decine di giovani designer alcuni dei quali oggi vanno per la maggiore, ciascuno con soluzioni formali diverse eppure uniti da una precisa volontà sperimentale.
Si è spesso parlato di design come territorio ibrido (il che può essere un vantaggio e un limite, quante volte ci siamo trovati davanti nelle recenti edizioni del Salone del mobile a oggetti alquanto pretestuosi, al trionfo della fenomenologia da apericena), oggi suona ben più attuale la figura del designer recettore di stimoli e vera e propria spugna assorbente da ambiti di ricerca che talora confinano con la scienza, l’antropologia e l’etnologia. I primi due volumi della nuova collana di Nero, Encoded Symbols, sono dedicati ad altrettanti giovani autori – e questa per il mercato editoriale italiano è una novità. Il primo è Marcin Rusak, polacco classe 1987, discendente da una famiglia di floricoltori, il secondo si chiama Roberto Sironi, nato a Milano nel 1983, vincitore di diversi premi nonché della menzione d’onore al Compasso d’oro nel 2018. Il piano editoriale dei due curatori prevede l’uscita di due libri l’anno: testi, interviste, immagini permettono di farsi una prima idea sulle nuove linee di ricerca nel design internazionale.
Progetto pilota, esperimento coraggioso su numeri abbastanza bassi (500 copie la prima edizione) e prezzo davvero allettante, appena 16 euro per un volume illustrato di 128 pagine. D’altra parte, in questi tempi dovrebbero essere il coraggio e la novità a giustificare l’esistenza. Si aiuta la cultura supportando cose belle e non promettendo azioni generiche, premiando la qualità, quella che si sente già prendendo tra le mani un oggetto e assaporandone la fattura.