Nessuna rivoluzioneFukuyama: l’Europa non si aspetti svolte da Biden

Il politologo, in attesa dei risultati delle elezioni americane, dice: «Sono un po’ deluso, il cammino verso la riconciliazione nazionale si interrompe». E per il Vecchio Continente, «non si tornerà ai tempi di Obama, gli scenari sono mutati»

(AP Photo/Carolyn Kaster)

Francis Fukuyama è deluso, avrebbe voluto una vittoria a valanga di Joe Biden. Ma, quando il candidato democratico sembra a un passo dalla Casa Bianca, quello che viene fuori è che c’è comunque un’America molto trumpiana. «Trump è riuscito a tenere comunque compatti dalla sua parte i maschi bianchi della working class, sono coloro che temono la perdita di identità, che si sentono minacciati», spiega alla Stampa il politologo. «E poi Biden non è Obama, non genera nella base lo stesso entusiasmo. Inoltre molti americani ritengono che i democratici siano ostaggio dell’area liberal, progressista e l’avversione per quell’idea di società è più forte di tutto. E così votano Trump».

Ecco perché, secondo Fukuyama, diventa difficile il progetto di Biden di unire il Paese diviso. «E non solo perché nel Paese c’è uno zoccolo duro, ed esteso, di conservatori trumpiani, ma anche perché il Congresso è diviso. Biden avrebbe bisogno di sostegno, ma i repubblicani che controllano il Senato non lo daranno così facilmente e lui non potrà spostarsi su posizioni liberal».

Poche illusioni anche sul fronte internazionale. «Fossi negli europei», dice Fukuyama, «eviterei facili entusiasmi, soprattutto eviterei di fare affidamento sugli Stati Uniti. Meglio che l’Europa si attrezzi per essere il più possibile indipendente». Biden, spiega, «non può muoversi da solo, la destra e i repubblicani sono forti, nel 2022 potrebbero prendere il controllo della Camera e del Senato e condizionare alcune scelte. Non si tornerà ai tempi di Obama, gli scenari sono mutati».

Anche sulla Cina il politologo non si aspetta grossi cambiamenti. I temi di scontro restano intatti, dice. «Biden poi rispetto a Trump ha una sensibilità maggiore sul tema dei diritti umani, non farà concessioni a Pechino». Nessun reset in vista neanche con la Russia, «soprattutto per quanto riguarda l’Ucraina».

Maggiore attenzione, invece, potrebbe esserci sul Mediterraneo, e in particolare «sul dossier libico, ma soprattutto maggiori pressioni su Erdogan. La tensione con la Grecia e il braccio di ferro per le risorse energetiche entreranno nel mirino del neo presidente».

 

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