Cotture lenteMatteo Fronduti, chef burbero che ama la periferia e la abbraccia con una bottega vecchio stile

L’uomo alla guida di Manna ci racconta la sua avventure dentro e fuori il lockdown, la nascita del suo non-delivery, l'amore per il suo territorio e la voglia di dare conforto a clienti e amanti della buona cucina con le tradizioni più amate, come la cassoeula

Abbiamo immaginato #CopriFuoco sull’onda emotiva seguita alla chiusura alle 23 dei locali. L’abbiamo portato avanti a maggior ragione quando la chiusura è stata anticipata alle 18. Oggi, dopo tante puntate, ci rendiamo conto che ogni protagonista con la sua testimonianza mette un tassello in più per portare alla luce un disegno generale, che ci aiuta a capire meglio la ristorazione e i suoi problemi contingenti. Una riflessione doverosa, da condividere tra colleghi ma anche per rendere i clienti più consapevoli. Andiamo avanti, alle 18 di ogni sera, sul profilo Instagram di Linkiesta.
Potete rivedere tutte le puntate qui

Un milanese con grande attaccamento alla periferia della sua città, dove decide di aprire il suo locale. Un angolo inaspettato e piacevole, lontano dalle vie del centro meneghino, ospita il ristorante Manna di Matteo Fronduti. Un personaggio diretto e ironico, di forti opinioni. E che di fronte alla pestilenza (così definisce la pandemia), si sente filosoficamente bene e moralmente male. Non è abituato a non avere il controllo, ma in questo caso, non avendo strumenti risolutivi, deve farsi andare bene la situazione e adeguarsi. Nervosamente, ma adeguarsi. L’impatto economico delle chiusure è importante, i numeri non tornano. I ristori sono arrivati in tempo brevissimo e sono sicuramente un aiuto di cui ringraziare. Certo bisognerebbe comprendere la base su cui si fonda l’erogazione, ma è comunque una positiva risorsa su cui contare.

Già nel primo lockdown si era concretizzato il suo progetto di riproporre la bottega gastronomica, persa nel tempo. Una bottega di cibi cotti per permettere alle persone di gustare nelle loro case i suoi piatti, rigorosamente legati alla tradizione. Quelli che cucinava la nonna e che ora, per ragioni di tempo, di pigrizia non si fanno più. Quelli che ti permettono di riscoprire materie prime che la nonna reperiva e che ora sarebbe più difficile fare. Ecco, Matteo lo fa per noi.

Un lavoro che definisce divertente, differente dalla quotidianità e che anima giornate di chiusura che altrimenti sarebbero vuote. Fa lavorare le sue persone, nella sua cucina, mantenendo vivo lo spirito del Manna anche a saracinesche abbassate.

In questa nuova veste, può dunque spogliarsi dell’estetica che riserva ai piatti del ristorante, dei coraggiosi abbinamenti che presenta in sala ai suoi ospiti e che hanno bisogno di tutta l’esperienza per essere compresi. Nella Gastronomia di Periferia si trovano ricette di cibi a cottura lenta, lentissima, come la trippa in umido, il bollito, i sughi. Tutte preparazioni che non sono penalizzate dal trasporto, ma che anzi ne gioveranno in sapore! Questa la novità di un non-delivery, che arriva nelle case o con modalità di ritiro in sede (per salvaguardare il contatto umano) oppure consegnata direttamente da Matteo. Ci piace moltissimo l’idea dello chef che scorrazza per Milano per erogare le sue ghiotte creazioni culinarie!

La Gastronomia non può certo colmare il mancato incasso del ristorante, i prezzi proposti sono giusti prezzi per un cibo che viene consegnato in buste, sacchetti e che dunque non può avere costi rapportati con quelli di un piatto servito in sala. Ma ha un valore intrinseco enorme.

La periferia è socialmente immota, in questo periodo di pandemia, e risente molto meno del centro cittadino di tutte le dinamiche legate alla situazione contingente. Un impatto della pestilenza più moderato. E quando si tornerà alla normalità?

Nel domani non vede necessariamente una cucina che dovrà ristabilire i propri canoni verso scelte più comfort o tradizionali e meno coraggiose. Sarà un domani incerto, da costruire giorno per giorno con la spinta di continuare a crescere, da un punto di vista gastronomico, umano. Forse la voglia di rischiare in un ambiente sicuro, sarà ciò che animerà i clienti del futuro.

Il suo atteggiamento è burbero, ma nasconde gentilezza che si svela quando parla di come sia assolutamente inconsueto poter ora essere a casa tutte le sere per cena, con la sua compagna e il suo bimbo. Sicuramente un piacere, ma il disagio c’è, lo avverte, perché sente di non essere al suo posto. Lui che alle venti di sera è solitamente immerso tra le le linee della sua cucina e il servizio che deve cominciare. Da più di vent’anni.

Ci conforta molto pensare che potremo tornare al Manna ad assaporare piatti ben riconoscibili, non consueti e con quella nota trasgressiva come tratto distintivo, dove materie nobili e meno nobili coesistono in perfetto equilibrio. E magari andarcene a casa acquistando un gustoso piatto dalla bottega, da assaporare tra le mura domestiche senza rinunciare al tocco da chef.

Ma ora la grande attesa è per la cassoeula, tripudio di verze e costine, cotenne e musetto, verzini e testina. Piatto che la tradizione colloca a Sant’Ambrogio, ma che quest’anno Matteo ci regalerà già dalla prossima settimana. Perché in un periodo così fortemente privo di riferimenti, si è anche pronti a rimescolare qualche data di calendario, pur di godere di un sicuro conforto.

Rivedi l’intervista a Matteo Fronduti qui 

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