Non c’è solo il consiglio dei ministri di oggi sulla cabina di regia del Recovery Plan a far traballare la maggioranza. Mercoledì in Parlamento è previsto il voto sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che in teoria dovrebbe dare al presidente del Consiglio un mandato forte per presentarsi il giorno dopo al Consiglio europeo. Una cinquantina di parlamentari Cinque Stelle sarebbero intenzionati a votare contro. E stavolta non arriverà in soccorso neanche Forza Italia.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in un’intervista a Repubblica, commenta: «Facendo mie le parole del ministro Gualtieri, ricordo a tutti che il Mes vale 300 milioni, non 37 miliardi. Se penso che stiamo discutendo da un anno per 300 milioni di euro, quando abbiamo speso 100 miliardi in 10 mesi, mi preoccupo». Secondo Di Maio, questo è un «momento storico» per l’Europa e «l’Italia c‘è, è al centro dell’Europa, che a sua volta grazie anche al grande sostegno della Bce ha saputo fornire strumenti importanti mentre nel mondo le altre grandi democrazie occidentali arrancavano. Con queste risorse e le nuove politiche della Bce, non capisco a cosa ci serva il Mes».
Nei giorni scorsi, il leader grillino ha parlato di «riforma peggiorativa» del Fondo Salva Stati, aprendo la strada ai Cinque Stelle che adesso minacciano di non votare la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del premier. «La riforma non piace nemmeno a me e infatti ritengo non sia necessario usare né il Mes pre-riforma, né quello post-riforma, né quello sanitario», dice Di Maio. «Stiamo costruendo una montagna sul nulla. Perché i numeri in Parlamento per accedere a questo strumento non ci sono mai stati. Dall’altra parte, mi faccia dire, vedo un pressing ingiustificato: io rispetto le opinioni di tutti, ma bisogna evitare di incendiare il dibattito politico».
Il riferimento è al Partito democratico che, con Graziano Delrio ha invitato i Cinque Stelle a essere coerenti con le scelte fatte e Nicola Zingaretti che continua a definire vantaggiosa la linea pandemica del Mes. «Questo Parlamento», avverte Di Maio, «è espressione del voto elettorale del 2018: il M5S è la prima forza politica, la sua voce non ha solo un peso, è determinante nell’architettura istituzionale. Le provocazioni lasciano il tempo che trovano e mi riferisco non solo a quelle interne al M5S, ma anche a quelle interne alla coalizione di governo. Il no al Mes è un fatto numerico, matematico, democratico. Perché alzare i toni? Perché complicare le cose? Perché nessuno comprende che gli interessi qui sono molto più grandi di quelli dei partiti? Riguardano il Paese, il nostro futuro».
E aggiunge: «Questa non è una spaccatura tra populisti ed europeisti, è un dibattito molto più profondo, non si può liquidare in questo modo. E ha radici nella tragica esperienza della crisi ellenica, nell’evidenza che nessun altro Paese Ue a oggi abbia chiesto il Mes, nella necessità di tutti gli Stati membri di individuare uno strumento più adatto come il Recovery Fund. Il 9 Conte verrà in aula, la maggioranza dovrà votare compatta e in modo responsabile». Il governo, dice, «deve dimostrare una certa forza, che si misura nella promozione dei progetti e delle prospettive condivise dalla maggioranza», augurandosi che l’incidente parlamentare mercoledì non si verificherà.
I contrari «non sono solo nel M5S», dice Di Maio. «Francamente credo che il punto sia soprattutto un altro: riconduco certi scontri alla mancanza di un dialogo fluido tra una parte della maggioranza e il governo e questo, senz’altro, deve essere migliorato». Quanto all’ipotesi avanzata da Vito Crimi sulla espulsione dal Movimento in caso di voto contrario alla risoluzione di maggioranza, risponde: «Non gli ho sentito fare dichiarazioni in questo senso, in ogni caso do il mio pieno sostegno a Vito Crimi».
Mentre sulla proposta del sottosegretario Alessio Villarosa di rimandare la decisione agli iscritti su Rousseau, commenta: «Mercoledì in aula si vota una risoluzione sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio, che sosteniamo pienamente e già sostenuto due volte dai nostri iscritti con votazioni plebiscitarie per questo governo. Vogliamo mettere al voto degli iscritti Giuseppe Conte a 24 ore dal vertice europeo più importante degli ultimi anni?», si chiede.
«Qui c’è in gioco il futuro dell’Italia», dice Di Maio. «È incomprensibile prestare il fianco ai nostri detrattori dopo tutto ciò che siamo riusciti a raggiungere fino a ora. Dobbiamo evitare che i 209 miliardi di euro che spettano all’Italia finiscano nelle mani sbagliate».
Intanto ieri Rousseau ha affidato un seminario sul Mes proprio al primo dei firmatari della lettera contraria alla riforma. Mentre è in corso una trattativa con i dissidenti affini alla linea di Alessandro Di Battista. Ma, scrive Repubblica, sarà difficile convincere gli “irriducibili”: tra di loro l’ex ministra Barbara Lezzi e il sottosegretario Villarosa.