Il cambio di amministrazione negli Stati Uniti è un’opportunità per la politica estera italiana nei rapporti con l’Iran, e sembra che il dossier stia riacquistando un certo interesse, come dimostrano due incontri rilevanti avvenuti questa settimana. L’8 dicembre l’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, ha incontrato il presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, mentre il 7 dicembre il segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, ha avuto un colloquio in videoconferenza con il viceministro degli Esteri iraniano, Sayed Abbas Araghchi.
Piccoli segnali che seguono la vittoria di Joe Biden: il nuovo presidente americano, che si insedierà a gennaio, ha spiegato più volte di voler rientrare nell’accordo sul nucleare iraniano e ritirare quindi le sanzioni economiche imposte a Teheran da Donald Trump.
Un buona notizia su un dossier che l’Italia ha “subìto” fin dal suo inizio. Nel 2003, con Silvio Berlusconi alla presidenza del Consiglio e Franco Frattini alla Farnesina, Roma scelse di non partecipare al gruppo che avrebbe poi negoziato con l’Iran per raggiungere un accordo sul suo nucleare civile, firmato infine nel 2015 dai cinque paesi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania. Una decisione, col senno di poi, giudicata «un errore» quasi all’unanimità dai diplomatici italiani.
L’Italia potrebbe partecipare ai negoziati nel caso questi si allargassero: gli iraniani hanno più volte fatto capire di non essere disposti a utilizzare il formato 5+1 per altri dossier, e in questo modo Roma potrebbe diventare un partner fondamentale per costruire un altro quadro.
La nostra diplomazia aveva già provato a sperimentare una strada del genere a partire dal gennaio 2018, quando si costituì il gruppo EU4 (Regno Unito, Germania, Francia e Italia) per discutere con l’Iran della guerra in Yemen e di altre questioni di equilibrio regionale. Una strada «assolutamente percorribile» nel prossimo futuro, spiega una fonte diplomatica a Linkiesta.
Non dipende soltanto dal governo italiano ovviamente, il dossier è intricato, vede l’ostilità di potenze regionali importanti come Israele e Arabia Saudita, ma l’EU4 potrebbe essere un punto di partenza. Per l’Italia le politiche di Donald Trump sono state un disastro dal punto di vista commerciale: nel 2018 l’Italia esportava beni in Iran per 1,6 miliardi, diventati 824 milioni nel 2019 e nei primi sei mesi del 2020 328, mentre importava beni dall’Iran per 2,9 miliardi nel 2018, diventati 152 milioni nel 2019 e 62 nei primi 6 mesi del 2020.
Se Roma è in questo momento distratta dalle varie crisi che rendono più instabile il suo estero vicino, cioè la Libia, il Sahel e il Mediterraneo orientale, e quindi considera l’Iran come un dossier meno essenziale per gli interessi nazionali, allo stesso tempo dovrebbe essere consapevole della rilevanza globale di un negoziato come quello sul nucleare.
Finora il dossier è rimasto «sospeso», ma adesso che non lo è più è possibile che si aprano occasioni di dialogo nuove dove Roma può ritagliarsi uno spazio. Anche perché, secondo quanto risulta a Linkiesta, è stata la parte iraniana a sollecitare gli incontri diplomatici, in particolare quello con il viceministro, previsto da tempo ma senza una data fino a pochi giorni fa. Segno di un interesse evidente per il ruolo italiano.
«Questo tipo di negoziati non sono importanti soltanto per l’interesse nazionale immediato, ma servono a ricordare agli altri Paesi che siamo un partner affidabile, con delle idee, capace di coltivare relazioni con tutte le controparti. Insomma, servono a fare politica estera», dice un diplomatico.
Il punto è capire se il livello politico, in particolare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sia interessato a investire tempo e attenzione in questo senso.
Dal 14 al 16 dicembre si riunirà lo European Iran business forum, un’iniziativa promossa tra gli altri dallo European House Ambrosetti di Milano, che fornirà all’evento anche la sua piattaforma per le conferenze online, per cercare di coltivare i legami tra imprenditori europei e iraniani. Un altro segnale che potrebbe essere colto dalla politica.
Il periodo che va dall’insediamento dell’Amministrazione Biden alle elezioni iraniane è giudicato come «fondamentale» dalla diplomazia italiana, e certamente anche dalle altre capitali coinvolte, per il futuro a medio termine dei rapporti tra Iran e resto del mondo. Ma il problema, ricorrente quando si tratta di politica estera, è che il governo sembra poco consapevole di queste opportunità.