Un futuro senza Stati Uniti?Le incomprensioni tra Francia e Germania sull’autonomia strategica europea

Nelle ultime settimane, il dibattito sulla sovranità dell’Europa ha subìto un’accelerazione a causa delle dichiarazioni, a prima vista molto distanti, di Emmanuel Macron e della ministra della Difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer. In realtà gli Stati membri sono molto più vicini di quanto sembri, anche se la posizione di Parigi viene percepita dalle altre capitali come un modo di provare ad allineare gli interessi europei con quelli francesi

Kenzo Tribouillard, Pool via AP

Mercoledì 25 novembre il ministro della Difesa polacco ha scritto una lettera a Politico.eu per riaffermare uno dei cardini della sua politica estera: «Non c’è alternativa all’alleanza tra Europa e Stati Uniti», malgrado «alcuni circoli politici occidentali abbiano raggiunto la conclusione che un’alleanza con gli americani non sia più necessaria».

Una presa di posizione dura, che si inserisce nel dibattito sull’autonomia strategica europea, da anni causa di incomprensione tra gli Stati membri dell’Unione e in particolare tra Francia e Germania. 

Il 2 novembre, la ministra della Difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK), sempre su Politico.eu, aveva definito «illusioni» le idee francesi sull’autonomia strategica europea ribadendo allo stesso tempo l’assoluta necessità dell’alleanza con gli Stati Uniti, e il 16 novembre Emmanuel Macron aveva risposto in una lunga intervista alla rivista Le Grand Continent, spiegando di essere «in profondo disaccordo» con AKK, e di considerare le sue posizioni come un «controsenso storico». 

Le critiche del ministro polacco e le incomprensioni tra Macron e AKK sembrano mostrare profonde divisioni sul futuro dell’Europa, ma in realtà gli Stati membri sono più vicini di quanto non dicano i termini di questo dibattito. 

Uno studio pubblicato dal Konrad Adenauer Stiftung e dall’International Centre for Defence and Security nell’ottobre 2019 sottolinea proprio come «la mancanza di chiarezza sullo scopo e sul significato dell’autonomia strategica europea ha permesso che ci fosse un grande spazio per l’interpretazione e il disaccordo su questioni come gli obiettivi strategici dell’Europa, le risorse necessarie a perseguirli, e le implicazioni e le conseguenze non previste nel ricercare maggiore autonomia».

Ulrike Franke, analista esperta di difesa europea allo European Council on Foreign relations, spiega a Linkiesta di essere sorpresa dalle divergenze espresse in pubblico da Francia e Germania, visto che i due Paesi hanno sì «una differente analisi della situazione», ma allo stesso tempo «un obiettivo molto simile. Emmanuel Macron è convinto che prima o poi non si potrà più contare sugli americani e la Nato sembra meno capace di svolgere il suo ruolo, e quindi spinge per un aumento della capacità continentale in materia militare, industriale, diplomatica. Annegret Kramp-Karrenbauer è egualmente preoccupata da un eventuale disimpegno americano, e quindi propone di aumentare la capacità europea per convincere gli Stati Uniti a rimanere presenti. Come si vede, il fine può essere diverso ma l’orizzonte è lo stesso».

Anche gli analisti francesi condividono questa interpretazione. Pierre Haroche, ricercatore all’Institut de Recherche Stratégique de l’École Militaire (Irsem), non vede una divergenza di fondo tra Parigi e Berlino, piuttosto «una battaglia semantica, come se francesi e tedeschi parlassero gli uni di un bicchiere mezzo pieno e gli altri di un bicchiere mezzo vuoto. Ma in realtà la visione è molto simile, in Europa sono tutti d’accordo sulla necessità di aumentare le proprie capacità nel settore della difesa, i tedeschi non vogliono però che questo crei l’illusione, come ha detto AKK, di poter fare a meno degli Stati Uniti. Ma questa non è la posizione di Parigi, che non ha mai detto di voler superare la cooperazione con gli americani né di voler sostituire la Nato o la deterrenza nucleare americana con una nuova alleanza esclusiva europea. Per Macron l’autonomia strategica europea è complementare all’alleanza con gli Stati Uniti», spiega Pierre Haroche.

Le dichiarazioni di Macron e AKK non devono soltanto essere lette come un modo di discutere pubblicamente tra due alleati che hanno molteplici occasioni di poterlo fare privatamente e al più alto livello – Francia e Germania tengono due Consigli dei ministri congiunti l’anno – ma come un modo di rivolgersi a terzi.

Da un lato Emmanuel Macron si rivolge agli Stati membri dell’Unione europea cercando di alimentare un dibattito e far avanzare le proprie idee. È una modalità utilizzata spesso, come dimostra il discorso alla Sorbona nel 2017 o quello per i 70 anni del Consiglio d’Europa nel 2019.

Dall’altro AKK scrive a Politico prima delle elezioni presidenziali per parlare al pubblico americano e rassicurarlo: utilizza l’espressione «illusione», riferendosi a un’autonomia che faccia a meno degli Stati Uniti, che sembra molto dura nei confronti del presidente francese, ma in realtà comunica a Washington che la Germania è pronta a impegnarsi di più per la Nato e non intende in alcun modo fare a meno della protezione garantita dagli Stati Uniti.

La ministra della Difesa ripete una posizione già espressa chiaramente dal presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier in occasione della commemorazione dei 65 della Bundeswehr, l’esercito federale: «Puntare soltanto sull’Unione europea significherebbe dividere l’Europa. Avremo ancora bisogno del più grande e importante partner dell’alleanza. Ma soltanto un’Europa che vuole e può difendersi da sola in maniera credibile aumenta la possibilità di mantenere gli Stati Uniti nell’alleanza». 

Secondo Ulrike Franke, quando AKK affronta il tema dell’autonomia strategica europea si rivolge anche ai suoi cittadini: «In Germania esiste un antiamericanismo di fondo che Donald Trump ha acuito, e il timore del governo federale è che i tedeschi comincino a essere sedotti dall’idea di “poter fare da soli”, sempre più presente in alcune parti dell’opinione pubblica. Il problema è che queste stesse persone non sono pronte ad assumere fino in fondo le conseguenze di quanto desiderano, che prevede enormi spese per la difesa e grande esposizione internazionale. L’analisi di AKK è che si rischia di avere il peggio dei due mondi: niente ombrello americano e una difesa europea poco credibile».

La politica estera non è fatta soltanto di razionalità ma anche di simbologia e reazioni sentimentali: la sola evocazione di una futura emancipazione innervosisce i Paesi membri più legati agli Stati Uniti, come quelli più prossimi alla frontiera con la Russia.

E si alimentano così le incomprensioni: «Macron parla troppo, la sua uscita contro la ministra della Difesa tedesca è sbagliata, perché la sua posizione è isolata e invece quella che raccoglie più consensi è quella di AKK, legata al rapporto tradizionale con gli Stati Uniti. Se si vuole far avanzare la difesa europea, e non spaventare polacchi e baltici che preferiranno sempre farsi difendere dall’America piuttosto che da Francia e Italia, il modo migliore è non parlarne», ha dichiarato l’ex ambasciatore francese a Washington, Gérard Araud, al Corriere della Sera.

A questo si aggiunge il fatto che nelle opinioni pubbliche europee non è forse sufficientemente chiara l’implicazione dell’autonomia strategica: non soltanto difensiva, ma offensiva. Essere autonomi non vuol dire soltanto sapersi difendere da soli, ma anche intervenire laddove gli interessi nazionali lo impongono.

Questo pone un ulteriore problema, perché le culture strategiche degli Stati europei divergono sensibilmente: la Francia è abituata a utilizzare il proprio esercito come strumento geopolitico; l’Italia è apprezzata nel mondo per le sue missioni di pace, ma non ha la cultura (né probabilmente la capacità) per condurre operazioni offensive come quelle messe in campo da Parigi nel Sahel; la Germania è molto restia a partecipare a missioni internazionali.

Anche queste sono contraddizioni che devono essere sciolte quando si discute di autonomia strategica. Inoltre, sottolinea Pierre Haroche, l’argomento è molto più ampio e non abbraccia soltanto la dimensione militare: «Macron ha molto insistito anche sulla necessità di costruire una maggiore indipendenza economica e industriale per tentare di recuperare sovranità in alcune filiere cruciali per l’autonomia degli Stati europei».

È probabile che le esternazioni di Macron urtino la sensibilità degli altri Paesi, come dimostra la presa di posizione polacca, perché gli Stati membri percepiscono la forte spinta verso l’autonomia continentale come un modo di allineare gli interessi europei con quelli francesi. Questo dibattito ha quindi probabilmente bisogno di una maggiore chiarezza e di affrontare la questione partendo dai dossier concreti piuttosto che da dichiarazioni astratte, causa di interpretazioni confliggenti ed equivoci che non aiutano a fare passi in avanti.

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