7 Steps to Fix the Model for Independent Restaurants – Heated, 3 dicembre
In tutto il mondo la pandemia sta colpendo duramente il settore della ristorazione, e questo ce lo stiamo raccontando da qualche mese. Non che la ristorazione se la passasse benissimo anche prima, eh: questo articolo di Elizabeth G. Dunn parla ovviamente di Stati Uniti, ma di qua dall’oceano non è che le cose fossero tanto diverse, con costi cresciuti di molto e concorrenza spietata (tante le insegne attive), due fattori che hanno portato a una consistente flessione dei margini di guadagno ben prima del big bang del 2020. Aggiungiamoci il fatto che la ristorazione è uno dei settori con salari più bassi e forme di nero e sfruttamento diffusissime, e il gioco è fatto: la crisi e le chiusure inevitabili colpiscono tutto l’orizzonte, facendo malissimo in primis alla fascia più debole, quella dei lavoratori. Questo articolo propone alcune misure per re-immaginare la ristorazione una volta messa alle spalle questa dolorosa fase. Alcune sono molto specifiche del contesto a cui si riferiscono, e quindi difficilmente concepibili anche dalle nostre parti, altre suonano più universali. Tra queste, la necessità di ripensare tanti modelli di business, a partire da una distinzione meno netta tra sala e cucina, che potrebbe permettere di avere meno personale a carico, quella di rinforzare (o creare laddove ci fossero buchi in tal senso) un’associazione forte che possa rappresentare efficacemente la ristorazione indipendente ai tavoli che contano, o quella di aumentare i salari e regolarizzare il lavoro grigio e quello nero, intervenendo anche sulla fiscalità per aiutare i ristoratori a pagare di più. Tutte ottime idee. Resta il fatto che dovremmo partire dalla consapevolezza che il mondo del cibo oggi è probabilmente quello in cui si verificano i maggiori episodi di sfruttamento lavorativo, e su tutta la filiera: dai campi di pomodoro della Puglia alle cucine dei ristoranti di Milano, passando per i rider che fanno consegne a domicilio e ai dipendenti della GDO.
Survey Finds That Pandemic Has Exacerbated Sexual Harassment of Tipped Workers – Eater, 1 dicembre
Questo articolo di Jaya Saxena riprende un’indagine di One Fair Wage. Torniamo sul tema del lavoro nei ristoranti, per raccontare come la pandemia abbia peggiorato alcune cose, tra cui il trattamento riservato ai camerieri nei ristoranti delle città americane usate come campione di questo sondaggio. Pare infatti che siano cresciuti i maltrattamenti a sfondo sessuale da parte della clientela: vigendo negli Stati Uniti la pratica della mancia, che concorre a formare la maggior parte dei compensi dei camerieri, si sono moltiplicati i casi di clienti, perlopiù uomini bianchi, che chiedono a cameriere di sesso femminile di alzare la mascherina per valutare il loro aspetto esteriore e decidere così quanto denaro lasciare.
On Service, Part 2 – From the Desk of Alicia Kennedy, 30 novembre
Anche Alicia Kennedy ha dedicato spazio al tema del servizio nei ristoranti, sottolineando ancora una volta come siano i lavoratori la categoria più vulnerabile, esposta e maltrattata. Qui ha raccolto decine di testimonianze dirette, facendo venire a galla un po’ di tutto. Kennedy usa questo racconto per ribadire un concetto a lei caro: bisogna rivoltare la ristorazione (e la sua narrazione) come un calzino, mettendo in cima i temi della giustizia sociale negata a troppe persone che fanno parte di questo mondo.
Food delivery: il punto sulla battaglia dei rider, sempre più vicini all’assunzione – Dissapore, 2 dicembre
A proposito di anelli deboli della catena, continua a fare notizia in Italia la questione dello sfruttamento dei rider, coloro cioè che nelle grandi città stanno consegnando il cibo da asporto. Federico Di Vita qui fa il punto della situazione: decisivo, nel riconoscimento di diritti e nel percorso verso un migliore inquadramento contrattuale, l’opera delle forze sindacali, che soprattutto nei settori più nuovi e scoperti stanno ottenendo risultati considerevoli.
Singapore approves cell-cultured chicken bites – who will be the first to try them? – The Conversation, 3 dicembre
Di carne in provetta se ne parla da qualche anno, ma l’accelerazione impressa dalle ricerche delle varie aziende che vi si stanno dedicando è abbastanza recente. Qui c’è lo scatto finale, quello al fotofinish. E a varcare per prima la linea del traguardo sembra essere stata la compagnia statunitense Eat Just, con i suoi bocconcini di pollo. I primi a poterli assaggiare saranno i cittadini di Singapore, come scrive Chris Bryant in questo articolo. Finora gli ostacoli più grandi alla commercializzazione della carne in provetta erano stati quelli del sapore e del prezzo. Ora che la sostenibilità economica di questi sostituti-Frankenstein è a portata di mano dobbiamo prepararci a vederli arrivare un po’ ovunque. Ricordiamoci, però, che la carne in provetta bypassa il problema del maltrattamento e dell’uccisione degli animali cancellando del tutto gli animali, quindi qualche riflessione in merito dovremo comunque continuare a farla.
Become a Beefatarian: l’UE ha speso 3,6 milioni di euro per farci mangiare più carne – Dissapore, 2 dicembre
Nel frattempo scoppiava la polemica sulla campagna Become a Beefatarian finanziata dall’Unione Europea: ne scrive Dario De Marco, sottolineando come suoni un po’ stonata e fuori luogo, di questi tempi. Certo, ci sarebbe da dire che in un consumo moderato di carne, magari da allevamenti sostenibili, non c’è nulla di male. Ma la pubblicità al centro dello scandalo promuove un messaggio un po’ diverso, a voler essere moderati.
This is why thousands of farmers are protesting in India’s capital – The Takeout, 3 dicembre
In tutt’altra parte del mondo sono in corso poderose proteste da parte degli agricoltori. Ci troviamo in India, dove le leggi approvate dal governo di Narendra Modi finalizzate a liberalizzare il mercato dei prodotti agricoli, per cui prima sussisteva un meccanismo statale di prezzi minimi garantiti, hanno creato parecchio scompiglio. L’accusa, come riporta nell’articolo Lillian Stone, è di cedimento nei confronti delle grandi corporations, che così avranno maggiore potere sui prezzi contrattati individualmente.