Il flop grillinoIl reddito di cittadinanza si sdoppia: un assegno per i poveri e un altro (più basso) per chi cerca lavoro

Dopo il fallimento delle politiche attive legate al sussidio dei Cinque Stelle, nel governo si pensa a una riforma. Il Rdc così come lo conosciamo oggi dovrebbe essere destinato solo ai percettori non attivabili

(AP Photo/Gregorio Borgia)

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel suo “programma” in dieci punti per rilanciare l’Italia pubblicato sul Foglio, lo aveva ammesso: così come lo avevano pensato lui e i Cinque Stelle sulla spinta della “abolizione della povertà”, il reddito di cittadinanza non funziona. Le politiche attive del lavoro legate al sussidio collezionano fallimenti su fallimenti e ormai sono diventate terra di nessuno e di polemiche. Così, per tentare si salvarlo almeno in parte, i grillini starebbero pensando di dividere in due il sussidio, nato dal principio come animale a due teste: una contro la povertà, l’altra per trovare lavoro.

Le due cose insieme non funzionano. Prende così corpo l’ipotesi di continuare a destinare l’attuale assegno esclusivamente ai percettori che non sono in condizione di lavorare, ed erogare invece a colo che possono essere inseriti in un percorso lavorativo un sussidio su misura, con importi più bassi. E magari anche un altro nome.

Si torna quindi allo spirito del Rei varato dal governo Gentiloni, poi cancellato dai gialloverdi, agganciando magari le politiche attive del lavoro alla riforma degli ammortizzatori sociali sulla quale la ministra Catalfo ha aperto il tavolo di confronto.

Le proposte sul tavolo sono diverse. Non si sa ancora quale prevarrà, quel che è certo è che la misura deve essere essere modificata. Costato 10 miliardi finora, da un lato il reddito di cittadinanza si è rivelato uno strumento utile (ma non perfetto) per combattere la povertà (soprattutto nell’emergenza che il Paese sta vivendo), dall’altro sul fronte occupazionale è stato un flop ormai conclamato.

L’idea è quella di erogare un sussidio più basso a coloro che vengono definiti attivabili. E per un certo periodo, anche quando il beneficiario comincia a lavorare, come incentivo potrebbe continuare a ricevere comunque la metà del sussidio avuto in precedenza.

Per i 2.700 navigator, il cui contratto scadrà ad aprile, invece, sembra non esserci futuro. Nella legge di bilancio non ci sono i soldi per rinnovare i contratti. E l’ipotesi – scrive Il Messaggero – sembra anche quella di depotenziare il carrozzone dell’Anpal guidata dal professore del Mississippi Domenico Parisi, avviando una partnership tra pubblico e privato per affiancare i centri per l’impiego con le agenzie per il lavoro.

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