L’insediamento il 20 gennaio del democratico Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti è stato accolto con entusiasmo dall’Unione europea. Nelle ore che hanno preceduto la cerimonia, i presidenti di Commissione e Consiglio, Ursula von der Leyen e Charles Michel, hanno parlato dei futuri rapporti con gli Usa e del ruolo che entrambe le potenze dovranno ricoprire nello scenario globale.
«Il giuramento di Biden sarà un messaggio di speranza a un mondo che aspetta che gli Usa tornino nel circolo di Stati che condividono le stesse idee», ha affermato von der Leyen, sottolineando come l’Ue sia «pronta per un nuovo inizio con il nostro più vecchio e fidato alleato». Un augurio condiviso anche da Michel, che vede l’insediamento di Biden come l’opportunità per «rinnovare le nostre relazioni transatlantiche» e dal presidente del Parlamento, David Sassoli, che ha definito gli l’Usa e l’Unione «partner naturali».
D’altronde l’interesse dell’Ue a rinsaldare i rapporti con gli Usa all’interno dell’Alleanza atlantica era già emerso a dicembre con la pubblicazione della «nuova agenda transatlantica per il cambiamento globale» redatta dalla Commissione. L’obiettivo è quello di «costruire un mondo più forte, pacifico e prospero» sulla base di valori e interessi comuni. Il testo individua cinque grandi ambiti all’interno dei quali Usa e Ue dovrebbero collaborare: il rilancio del multilateralismo; la lotta contro il Covid-19; le sfide climatiche e ambientali; l’implementazione della transizione digitale; il rafforzamento della democrazia, del diritto internazionale e della pace. Tali sfide, secondo la presidente, devono essere affrontate insieme da Usa e Ue, a cui spetta il compito di creare e guidare una rete di Paesi che condividono valori e impegno.
Ma l’assalto a Capitol Hill ha reso ancora più impellente il bisogno di proteggere la democrazia interna dal pericolo rappresentato dai discorsi d’odio e dalle fake news diffusi senza controllo attraverso i social media. La presidente della Commissione ha quindi invitato gli Usa a collaborare con l’Ue anche in ambito digitale e tecnologico per normare il funzionamento dei social (come fatto di recente dai commissari Breton e Vestager) ed evitare che le grandi aziende continuino ad avere un ampio e incontrollato potere politico.n La questione, però, è particolarmente spinosa.
Un’Unione più forte?
L’insediamento di Biden è certamente una buona notizia per gli alleati degli Usa eppure, come ha affermato Michel, il mondo non è più quello di quattro anni fa. Per questo motivo l’Ue deve «prendere in mano il proprio destino» e assumere un «ruolo stabilizzante e costruttivo sulla scena globale in linea con il nostro peso nel mondo». Michel ha sottolineato l’importanza del ritorno a una più stretta collaborazione con gli Usa, ma ha anche affermato che l’Ue deve scegliere «la propria strada e non può aspettare di ricevere il permesso altrui per prendere le sue decisioni».
Per il presidente del Consiglio europeo, quindi, è indispensabile rafforzare il partenariato con gli Usa, ma è anche tempo che l’Ue assuma maggiori responsabilità in ambito internazionale. Le parole di Michel sono tra l’altro in linea con le ultime mosse della Commissione, che mira a rafforzare il peso dell’euro nel mercato internazionale per ridurne la dipendenza dalle altre monete – prime tra tutte il dollaro – e per «cementare la posizione dell’Ue», come affermato dal vicepresidente Valdis Dombrovskis. Così facendo, l’Unione potrebbe superare gli ostacoli rappresentati dalle sanzioni unilaterali americane che in passato hanno danneggiato le iniziative europee, come nel caso dell’accordo sul nucleare iraniano o della costruzione del Nord Stream 2.
Dombrovskis si aspetta anche che Biden elimini o almeno sospenda i dazi imposti da Trump su acciaio e alluminio e quelli relativi ai sussidi ad Airbus e Boeing, ma la risoluzione della questione non sarà semplice. Altro punto su cui il vicepresidente si è dimostrato particolarmente fermo riguarda la tassazione delle grandi compagnie del digitale su cui è chiamato a esprimersi l’Ocse. In caso di mancato accordo, ha detto Dombrovski, l’Ue procederà in autonomia, con o senza il consenso di Washington.
Nuovi rapporti
«Con Biden ci sarà un miglioramento del clima delle relazioni tra Ue e Usa perché il nuovo presidente è più incline alle relazioni multilaterali e lo dimostrerà subito ritornando negli Accordi di Parigi, nell’Oms e forse anche – seppur più lentamente – nell’accordo nucleare con l’Iran», spiega a Linkiesta Giampiero Gramaglia, esperto di relazioni transatlantiche dello Iai.
«Tuttavia l’Ue non è più al centro della politica estera americana dai tempi di Ronald Reagan e della fine della Guerra fredda. Gli Stati Uniti hanno sempre guardato all’Unione europea come a un alleato, ma si sono preoccupati maggiormente del Medio Oriente, dell’Asia e delle relazioni con Cina e Russia». Secondo Gramaglia, quindi, ci sarà un ritorno ai rapporti che l’Ue aveva con il presidente Barack Obama.
Per quanto riguarda la costruzione di un’Europa più forte, Gramaglia ricorda come già con l’insediamento di Trump si fosse parlato della necessità di rafforzare la Difesa comune per sopperire alla mancanza di affidabilità da parte degli Usa.
«Eppure già con l’elezione di Biden del 4 novembre si leggevano – soprattutto in Germania – dichiarazioni di segno opposto, per cui possiamo dire che il discorso di Michel è rivolto principalmente agli europei affinché non abbandonino i loro progetti. Tra l’altro anche Biden ricorderà all’Ue che deve spendere di più nella Difesa e partecipare maggiormente al burden sharing della Nato». Per quanto riguarda invece i rapporti con la Cina, Gramaglia si aspetta il ritorno di alcuni elementi di dialettica che ricorderanno l’America di Trump, dato che nemmeno Biden guarda con favore a un avvicinamento tra Pechino e Bruxelles. I toni, però, non saranno certamente quelli utilizzati dall’Amministrazione repubblicana.
L’Ue, quindi, sarà davvero più indipendente? Secondo Gramaglia ciò che possiamo auspicare è che il cambio di guardia alla Casa Bianca «non rallenti la pulsione europea ad acquisire maggiore indipendenza e autonomia nei settori di Sicurezza e Difesa. Ma non è certo che ciò avvenga». A pesare è principalmente la debolezza di Germania e Francia, i due maggiori interlocutori degli Usa in Europa, che si trovano in una fase di transizione. «Nessuno dei due è pronto a fare grandi concessioni, ma nemmeno a prendere grandi iniziative a causa delle scadenze elettorali del 2021 e del 2022».